Il Pd ligure ha trovato il metodo giusto per ritrovare l’unità perduta, ora però le sue diverse aree e sensibilità devono mettersi d’accordo sui contenuti di questa unità. E qui il lavoro deve ancora iniziare. È questo il senso dell’assemblea dei delegati regionali che si è tenuta stamattina al Teatro Carlo Felice di Genova, indetta dal commissario David Ermini con il titolo beneaugurante #insiemenelpd.
Ermini, in sostanza ha portato a esempio l’azione riformatrice del governo Renzi, invitando i delegati a chiedersi «cosa possiamo fare noi in questo momento per aiutare il nostro governo e aiutarci tra di noi» e ha invitato i liguri a discutere meno sui giornali e più all’interno del partito, attraverso gli organi deputati. «Il Pd discute – ha precisato – non è diviso, ma si smetta di parlare attraverso i giornali, i nostri elettori non ci hanno votato forse perché ci hanno visto troppo divisi».
L’intervento di Ermini, che ha lavorato le settimane scorse ascoltando e mediando, sembra essere stato apprezzato da tutti i presenti (circa 125 delegati su 250 aventi diritto, con la partecipazione dei ministri liguri Andrea Orlando e Roberta Pinotti).
A sottolineare il fatto che il metodo indicato dal commissario, con la sua relazione, ma anche e forse soprattutto con il suo lavoro, è quello giusto per arrivare all’unità, ora però bisogna scegliere su cosa unirsi, sono stati soprattutto i paitiani-renziani
«L’ottimo Ermini – ha detto Raffaella Paita – ha saputo stemperare conflitti personali di cui ognuno portava la responsabilità, a partire dalla sottoscritta. Nel giro di poco tempo abbiamo recuperato non dico l’unità ma un clima di agibilità che è la premessa per l’unità, anche se ci sono ancora problemi, e abbiamo messo a punto un elemento metodologico non di sostanza. Ora bisogna andare avanti ma non possiamo esimerci da un’analisi di questo territorio, i nostri problemi sono di interlocuzione con il territorio. Un conto è dire che ci sono le premesse per costruire un clima di unità, un altro conto è avere trovato il bandolo della matassa per interpretare il territorio».
Quanto ai problemi del territorio, Paita ha ricordato come altri intervenuti, la necessità di impiegare al meglio le aree Ilva per non rinunciare alla presenza di Ansaldo Energia ma non ha fatto accenno, come del resto non lo hanno fatto gli altri delegati, a problemi ancora più spinosi, come quello del trasporto pubblico o delle società partecipate. «Sono i contenuti che fanno la strategia – ha sottolineato – le buone intenzioni non servono». E sulla questione delle primarie, che molti nel Pd vogliono cambiare, secondo Paita «non possiamo immaginare un partito che seleziona le candidature con i caminetti».
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, spezzino come Paita e spesso in forte disaccordo con la sua conterranea, ha espresso la necessità di «costruire alleanze larghe. Ci sono realtà in cui abbiamo buttato fuori la sinistra radicale dalle coalizioni. Bisogna costruire una una piattaforma mediante rapporti con soggetti sociali. Un conto è chiedere il rinnovamento del sindacato, un conto è interrompere le relazioni».
«In Liguria – ha precisato poi Paita parlando con i giornalisti – non esistono amministrazioni dove si siano cacciati gli alleati di sinistra, rotture o elementi di difficoltà sono avvenuti a causa della sinistra, vedi per esempio Savona deve oggi c’è qualche difficoltà».
Quanto ai caminetti, Orlando ha spiegato: «non ho nessuna nostalgia della stagione dei caminetti, credo che fosse un sistema chiuso e opaco di assunzione delle decisioni, un merito però lo avevano, non demandavano tutto alla scelta che si fa soltanto misurandosi sulla base dei rapporti di forza alle primarie, o nella conta delle tessere. Credo – ha aggiunto – che dobbiamo tornare a discutere e prenderci lo spazio per discutere, talvolta in un pubblico talvolta in modo più riservato, direttamente o indirettamente. Mi convince il fatto di trovare forme nuove per la politica, però sperimentiamole, se non funzionano è meglio non perseverare. Il fatto di avere caricato tutto sulle primarie nei mesi e negli anni scorsi ha fatto esplodere una serie di contraddizioni. Programma. Coalizione, profili ideale non possono essere semplicemente demandati alla scelta delle primarie, che sono un momento fondamentale, importantissimo, ma a mio avviso servono a individuare la persona migliore a rappresentare un progetto, non sostituiscono l’assunzione di responsabilità e l’elaborazione che devono essere proprie dei gruppi dirigenti».
Nel dibattito sono intervenuti anche neorenziani come Michele Malfatti e Simone Regazzoni «L’unità del partito – ha detto Malfatti – non è un processo concluso, è tutta da costruire, occorre da parte di tutti uno sforzo per ottenerla. Non possiamo fermarci a un confronto verbale, altrimenti resta solo l’idea dell’unità, che del resto è importante ma è un mezzo, non il fine ultimo».
Secondo Malfatti, «il partito locale deve sapere prendere spunto dal governo e dal partito nazionale, deve avere il coraggio di fare cose che a breve non portano consenso elettorale, fare ciò che serve e non ciò che gli serve».
Anche per Regazzoni, «l’unità non è un punto già ottenuto ma un punto a cui dobbiamo tendere, iniziamo ora un cammino complesso con il passo giusto». In Liguria «occorre discutere di più, siamo disposti tutti al confronto ma apriamo di più il partito al confronto». E, ha aggiunto poi Regazzoni, «se vi sono più spazi di discussione interna si esce meno sui giornali».
Un maggiore confronto è quello che chiede anche Claudio Montaldo, sulla sponda opposta rispetto ai paitiani- renziani. Durante la campagna elettorale, Montaldo era stato uno dei 200 che avevano invitato a votare il candidato alla presidenza della Regione “secondo coscienza”, cioè a non votare Paita. Montaldo ha lodato l’azione di Ermini e ha aggiunto: «abbiamo un defcit di discussione pazzesco su argomenti nazionali e locali». Per recuperare, però, non bastano le discussioni, «dobbiamo realizzare delle cose e dobbiamo realizzarle in questi giorni».
Alessandro Terrile, segretario provinciale genovese, l’unità del partito è riuscito ad avviarla ancora prima dell’arrivo di Ermini. Infatti, dopo le polemiche seguite alla sconfitta elettorale di maggio era stato confermato nell’incarico, senza andare a una conta, con l’incarico di guidare il partito verso il prossimo congresso in una logica unitaria. Terrile ha sottolineato la necessità di sostenere il sindaco di Genova Doria, che una parte del Pd spesso ha criticato, anche perché «non tutte le mancate scelte sono imputabili a Doria, la mancanza di alcune scelte è stata colpa nostra».
L’unità va bene ma «in un momento come questo non possiamo accontentarci di mettere a posto i rapporti tra noi, dobbiamo confrontarci anche con il resto del mondo». Il richiamo è dell’ex governatore Claudio Burlando, che da circa sei mesi, dal giorno della sconfitta elettorale di Raffaella Paita e del Pd, non era più intervenuto in pubblico, restando dalle parti di Torriglia, a giocare a scopone, fare passeggiate e cercare funghi. Secondo Burlando «a un certo punto ci siamo fermati. Adesso che c’è una speranza di ripartire – ha detto – dobbiamo fare parte di questo disegno di rilancio. Questa mattina ho capito che abbiamo prospettive. Me ne torno al mio paesello più contento». È stato applaudito.