Con Simone Regazzoni Liguria Business Journal inizia una serie di interviste a personaggi impegnati nel rinnovamento della realtà genovese e ligure, in vari settori e a diversi livelli: parleranno politici, imprenditori, professionisti, studiosi. Persone che in comune hanno carica innovativa e anticonformismo e il fatto di essere conosciute ma non in misura proporzionale al contributo che sono in grado offrire.
Regazzoni, 40 anni, genovese, sposato con una figlia di quattro anni e mezzo, professore di Estetica a contratto all’Università di Pavia, autore di libri come “Stato di legittima difesa: Obama e la filosofia della guerra al terrorismo (Ponte alle Grazie, 2013) e “Abyss” (Longanesi, 2014) thriller filosofico e di azione, tradotto in questi giorni anche in Spagna, membro della Commissione di Garanzia del Pd ligure, per la verità è sul punto di uscire dallo spazio su cui abbiamo deciso di puntare i riflettori. Già conosciuto come portavoce di Raffaella Paita durante le primarie del centrosinistra e la campagna elettorale per le regionali, in questi giorni sta dando l’assalto a giornali e social media con la sua polemica nei confronti di una parte del Pd ligure. Rappresenta, insieme ad altri della sua generazione, come Victor Rasetto e Michele Malfatti, l’area detta dei nuovi renziani. Nella nostra intervista spiega le ragioni che di recente lo hanno contrapposto al segretario genovese del partito, Alessandro Terrile, sul tema della sicurezza. Ma le proposte dei nuovi renziani liguri riguardano un po’ tutti i principali temi in discussione anche a livello nazionale, ed è prevedibile che nei prossimi mesi vengano fuori, e producano altre scintille.
Ma chi sono i nuovi renziani? Non bastavano quelli di prima? «Il nome ce lo hanno dato i media – precisa Regazzoni – non lo abbiamo inventato noi. Ma va bene così, purché serva a prendere coscienza del fatto che il renzismo, in Liguria, è stato usato spesso per battaglie di posizionamento interno al partito. E infatti non ha portato dinamismo. Noi siamo in ottimi rapporti e in sintonia con gli altri renziani. Ma anche l’area renziana è stata spesso frenata dalla “logica dei caminetti”. Eppure in Liguria il Pd ha un grande bisogno di discussione e di rinnovamento. Rispetto al Pd nazionale, al dinamismo riformista di Renzi, qui il partito è fermo. Soprattutto Genova è un’enclave di conservazione e di chiusura, di rifiuto rispetto alle novità che il segretario del Pd e presidente del consiglio sta portando nel paese. L’altro giorno, all’incontro pubblico con Filippo Taddei, sono venuti fuori i duecento (quelli che avevano invitato a votare alle regionali “secondo coscienza”, cioè a non votare Paita, ndr). Ubaldo Benvenuti ha parlato di propaganda da parte di Renzi sui temi economici. Ed è significativo che un progetto come il BluePrint, con la sua forte carica propulsiva, sia stato accettato in città, sì, ma incontri la resistenza del vicesindaco Stefano Bernini, che è del Pd».
Per accendere il dibattito Regazzoni e gli altri nuovi renziani hanno scelto il tema della sicurezza. «È uno dei temi – spiega – su cui la sinistra spesso è più lontana dai cittadini. Sembra che dobbiamo vergognarci quando ne parliamo. Bisogna capire che la sicurezza è un bene primario, e se la sinistra è per i diritti deve preoccuparsi dell’agibilità di questi diritti. Non posso sentirmi ed essere libero se ho paura di uscire di casa. Garantire la sicurezza vuol dire rendere possibile la fruizione degli altri diritti. Ricordo che tempo fa una parte della sinistra, a Genova, era contraria alle telecamere, parlava di “Grande Fratello”. Ma bisogna prendere atto del fatto che il problema della privacy è totalmente cambiato, viviamo tutto il giorno esposti sui social media, le telecamere non limitano la nostra libertà, la favoriscono, aumentando la sicurezza. Servono più telecamere, e non solo, e meno convegni».