Pensionati impoveriti, lavoratori costretti ad andare in pensione più tardi e giovani che non sanno nulla del “futuro” che attende loro al termine della carriera lavorativa. Serve una riforma della legge Fornero, un patto tra generazioni per smetterla con lo scontro tra i “nonni” privilegiati e i giovani che non hanno nessuna certezza.
Sono alcuni dei temi emersi dall’affollato convegno “Diamoci un futuro – il patto tra generazioni per garantire la pensione ai giovani“, organizzato dalla Cgil e Spi Liguria (il sindacato dei pensionati) e che ha fatto emergere un quadro giudicato sconsolante su cosa sanno i giovani sulle questioni previdenziali attraverso un un’indagine condotta dall’Università di Genova e spiegata dal professore Luca Sabatini, su 800 persone tra i 18 e i 35 anni.
Assenza dell’ultimo minuto per il segretario nazionale Susanna Camusso, presente il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano: «Anche io quando ero giovane ero poco informato – dice commentando i risultati della ricerca e aggiunge – la pensione sarà tanto più bassa se il lavoro arriva tardi ed è discontinuo». Secondo Damiano serve maggiore flessibilità in uscita: «È negativo che il governo non abbia previsto questa norma nella legge di stabilità, è una misura moderna, che può fare spazio ai giovani nelle aziende». La ricetta di Damiano per le pensioni parte dal favorire l’inserimento dei giovani sul mercato: puntare sull’alternanza scuola-lavoro, cominciare dall’apprendistato e anticipare il più possibile l’ingresso nel mondo del lavoro.
«Non si è fatto nulla per le nuove generazioni, dobbiamo ripartire da qui – dice il segretario generale della Cgil Liguria Federico Vesigna – ma non si può neanche stare sui ponteggi sino a 70 anni. Bisogna garantire a chi lavora oggi di poter avere la certezza di una pensione domani. Dare delle risposte. I meccanismi come il part-time non risolvono i problemi di chi è costretto a restare 7-8 anni in più sul posto di lavoro».
«Dobbiamo lavorare insieme per garantirla una pensione ai giovani – dichiara Ivan Pedretti, segretario nazionale Spi Cgil – questa è la priorità, bisogna modificare la legge Fornero per pensare davvero al futuro di questo Paese».
L’indagine presentata è stata condotta su un campione di studenti (36,3%), occupati (32,1%) e non occupati (31,6%). Il 33% ha avuto esperienze di lavoro in nero (la maggioranza per un periodo di un anno al massimo, il 63,1%, il 13,8% addirittura oltre due anni).
Il 25,1% non conosce l’ente a cui si versano i contributi. Il 44,7% non conosce i propri contributi versati, il 38,1% lo sa in modo approssimativo.
La stragrande maggioranza (l’89,7%) non aderisce a nessun fondo complementare e il 44,7% non sa se in futuro pensa di farlo, il 38,1% ha risposto “forse”.
Il 60,2% pensa che potrà andare in pensione tra i 65 e i 70 anni, il 20,7% non lo sa, il 14,6% pensa che dovrà attendere oltre i 70 anni.
La confusione raggiunge il suo apice alla domanda: “A quanto pensi che ammonterà la tua pensione?”: il 17,9% pensa che sarà uguale allo stipendio medio percepito, il 31,6% ritiene che sarà circa l’80% dello stipendio, il 20,9% circa il 20,9%. Solo il 13,4% afferma che sarà meno del 50% dello stipendio medio percepito. Il 42% pensa che dovrebbe essere garantita una pensione che ammonti tra l’80 e il 90% dell’ultimo stipendio.
Ben il 59,6% non ha mai fatto né pensato di fare il conto previdenziale, l’8,9% addirittura non è interessato, il 26,1% l’ha fatto una volta.
L’auspicio degli intervistati è di avere la garanzia di un importo pensionistico minimo (64,7%), segue l’introduzione di forme di flessibilità in uscita (18,9%) e il poter andare in pensione prima in caso di lavoro usurante (16,4%).
«I giovani hanno scarsissima conoscenza del sistema pensionistico – sottolinea Sabatini – è un problema di informazione e anche divulgativo. Il refrain che si sente sempre dire è che i giovani non avranno una pensione e quindi 7 su 10 non prendono neanche in considerazione l’argomento perché lo vedono come fumoso e una sorta di terno al lotto».
«Il tema delle pensioni – aggiunge Vesigna – per un giovane a cui si ricorda in continuazione che non avrà una pensione, non è facile da approcciare, anche per il sindacato stesso, ma bisogna guardare al futuro, a queste pensioni, per garantire la sostenibilità del sistema».