Ridurre il rischio di recidiva, diminuire l’affollamento delle carceri e favorire lo svolgimento di lavori di pubblica utilità nei Comuni della Liguria da parte di detenuti e soggetti sotto un particolare regime. Con questi obiettivi è stato siglato questa mattina il protocollo d’intesa tra Regione Liguria, Anci Liguria, Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria della Liguria e tribunali di Genova, Imperia, La Spezia e Savona.
«In questo caso la competenza della Regione è molto tecnica – commenta Ilaria Cavo, assessore regionale alla Formazione e Pari opportunità – e riguarda l’attivazione dei finanziamenti per il sostegno dei progetti di pubblica utilità. Risorse che rientrano nell’ambito di inclusione sociale del Programma operativo europeo».
Il protocollo d’intesa rientra nell’assetto normativo vigente, che indirizza un allargamento delle opportunità di lavoro, anche non retribuite a favore della collettività. In particolare, i lavori di pubblica utilità sono previsti dall’articolo 21 della legge sull’Ordinamento penitenziario, che prevede che i detenuti possono essere assegnati a prestare la propria attività volontaria e gratuita all’esterno del carcere: progetti a favore della collettività presso lo Stato, enti locali oppure organizzazioni. In base inoltre a quanto definito dalle modifiche apportate al Codice della strada con la legge del 29 luglio 2010, la pena detentiva o pecuniaria per guida in stato di ebbrezza (o altra alterazione psico-fisica dovuta all’assunzione di sostanze psicotrope) può essere sostituita dal lavoro di pubblica utilità. Ma è con la legge del 28 aprile 2014 che si amplia notevolmente il numero (e la gamma) delle persone potenzialmente interessate al lavoro di pubblica utilità, per il quale si è resa necessaria l’intesa firmata oggi.
In sostanza, per poter decidere di estinguere il reato commesso (e di mantenere quindi la propria fedina penale pulita) in cambio di lavori di pubblica utilità, devono sussistere determinate condizioni, strettamente indispensabili: prima di tutto, il soggetto che sta per andare incontro al processo non deve aver mai avuto contatti con la giustizia penale. Inoltre, il rischio di pena deve essere inferiore o uguale ai 4 anni di reclusione (si tratta quindi di reati minori). I lavori di pubblica utilità, in base al protocollo, avranno una durata minima di 10 giorni. Starà all’Uepe, Ufficio di esecuzione penale, decidere se il soggetto è adatto a eseguire il lavoro e in quali modalità. «Si tratta di uno strumento più efficace dal punto di vista della cultura della legalità», commenta Marina Orsini di Uepe.
Nell’ultimo anno il numero di persone che hanno fatto richiesta di lavori di pubblica utilità nel territorio di Genova sono state 800 (circa il 30% sono giovani). Di queste, circa la metà è stata soddisfatta. Per questi motivi il supporto dei singoli Comuni,e di Anci risulta fondamentale per monitorare i fabbisogni specifici dei singoli territori: aumenta la domanda e, in proporzione, diminuiscono i luoghi in cui far svolgere i lavori di pubblica utilità. Il rischio è quello di non riuscire a soddisfare tutte le richieste, come sottolinea Cavo: «Un tipo di lavoro che non può essere fatto in emergenza: noi possiamo dare gli strumenti, ma deve esserci un’istruttoria occurata».
Raccolta di rifiuti urbani, pulizia di strade, parchi e siti archeologici, pulizie di coste e arenili, lavori per la cura dell’ambiente e della natura: sono queste le principali attività che possono offrire occasione di inclusione sociale e inserimento lavorativo nei Comuni. «Un gioco di squadra – dice Elena Fiorini, assessore alla Legalità e diritti del Comune di Genova – e un percorso non solo per la persona ma anche per la comunità».