Solo il 50% delle Pmi ha fatto ricorso al credito dal 2012 a oggi, numero dei dipendenti invariato nel 72% dei casi, ma si conosce ancora poco sulle novità in materia di politiche del lavoro. Questo quanto emerge dall’indagine condotta da Cescot, ente di formazione di Confesercenti, su un campione di 333 piccole e medie imprese liguri, intervistate tra gennaio e marzo di quest’anno. La presentazione del rapporto ha introdotto anche il primo incontro tra i candidati alla presidenza della Regione Liguria: presenti Raffaella Paita, Luca Pastorino e Alice Salvatore. Mancava all’appello il candidato di centro-destra Giovanni Toti.
Credito e patrimonio, lavoro e fabbisogni formativi, burocrazia e corruzione. Queste le macro aree su cui si è soffermato l’interesse degli analisti di Confesercenti, che hanno scandagliato i comportamenti delle imprese negli ultimi tre anni. Il credito bancario, tasto dolente per il mondo della piccola e media impresa, è stato richiesto solo dalla metà delle attività intervistate. Di queste, il 41% ne aveva bisogno per effettuare nuovi investimenti, mentre la maggior parte per esigenze di liquidità. Pochi imprenditori si sono recati in banca accompagnati da un consulente (appena il 23%), e addirittura solo il 25% delle imprese si è dotata di un business plan: «Al problema del credito – afferma Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti Liguria – non è legata solo una difficoltà di accesso, ma anche una questione di mancanza di formazione adeguata: molte imprese si recano in banca non solo senza un piano, ma senza nemmeno rendersi conto di quanto sia necessario. Per non parlare delle imprese giovanili, per le quali il problema diventa ancora più grande». Tra le rimanenti attività che non hanno fatto ricorso al credito, il 45% non ne ha semplicemente avuto bisogno. Solo nel 23% dei casi è stato loro negato dalla banca, mentre il 18% ha investito denaro proprio e il 14% ha risolto i problemi pagando i propri debiti in ritardo.
La fotografia dell’occupazione ritrae una situazione di sostanziale stabilità. Negli ultimi tre anni nel 72% dei casi il numero di dipendenti è rimasto invariato, mentre è diminuito nel 19% delle imprese e aumentato nel 9%. Sentore di stabilità che si avverte anche quando si parla di futuro: nel prossimo biennio l’85% degli imprenditori pensa di mantenere inalterato il numero dei dipendenti. Le pmi liguri si confermano un “porto sicuro” per i propri dipendenti: il 74% è assunto con un contratto a tempo indeterminato, il 25% con un contratto a termine, il 21% con l’apprendistato e il 16% con contratto a chiamata. «Piccole e medie imprese sono il patrimonio della Liguria – dice Alice Salvatore, candidata M5S alle regionali – e dobbiamo puntare su di loro per dare lavoro ai giovani e salvaguardare il territorio. I centri commerciali non sono adatti al nostro territorio e portano a una desertificazione imprenditoriale nelle aree circostanti: vogliamo invece vedere le strade delle nostre città vive e ricche attività commerciali e produttive».
Materia del lavoro, questa sconosciuta: dati meno incoraggianti emergono proprio dalla conoscenza di novità come Job Act (lo conoscono soltanto il 36% degli intervistati) e Garanzia Giovani, progetto ignoto addirittura all’84% delle imprese. La formazione sembra essere un’esigenza solo per la minoranza delle imprese intervistate (il 41%), e, in generale, le attività di aggiornamento nei prossimi due anni verranno fatte soprattutto per le materie di igiene e sicurezza, mentre tutte le altre priorità, tra cui informatica, credito, contabilità e marketing, passano in secondo piano. «Insomma, più che un’opportunità di crescita, la formazione è vista come un obbligo da adempiere», precisa De Luise.
E non meno complicato della formazione è il rapporto tra impresa e burocrazia: il 28% degli intervistati dichiara di dedicare tra il 26% e il 40% del proprio lavoro a questo genere di adempimenti, ma c’è addirittura una buona fetta, il 10%, che trascorre oltre il 40% del proprio tempo sulle scartoffie burocratiche. «La lentezza della burocrazia è un problema su cui è necessario insistere – interviene il candidato Luca Pastorino – serve un approccio più immediato, in modo che l’imprenditore o il commerciante non sia costretto a perdere intere giornate di lavoro per sbrigare faccende burocratiche». Dopo il peso delle tasse e il costo del lavoro, proprio la burocrazia, considerata eccessiva dal 41% delle imprese, è tra i fattori che più rallentano la ripresa economica. E tra i maggiori freni c’è anche la corruzione, fenomeno comunque difficilmente quantificabile. Ma non è trascurabile il fatto che il 23% degli intervistati dichiara di aver subito negli ultimi tre anni tentativi di estorsione da parte di pubblici ufficiali o di funzionari.
E il futuro? Il 41% lo vede ancora nero, ma c’è un fiducioso 29% che vede luce in fondo al tunnel. «I dati presentati oggi – afferma Raffaella Paita, candidata Pd alle regionali – non sono del tutto negativi, ma ci danno anche qualche segno di incoraggiamento: export e Pil, per esempio, segnano una crescita, a dimostrazione che stiamo andato verso la direzione giusta. In questi anni abbiamo raggiunto positivi risultati per le imprese e il territorio: penso ai Patti d’area di Chiavari, Prè e via XX Settembre, e a un progetto sulle infrastrutture».