Tre anni fa a Savona è mancato il novantenne Chiaffredo Ruà, un uomo d’altri tempi che ricopriva una professione d’altri tempi: era l’ultimo arrotino di Savona.
I salumieri della città temevano che il mestiere sarebbe definitivamente scomparso con lui, ma si sbagliavano: non avevano fatto i conti con l’allora venticinquenne Alberto Di Girolamo, in arte “Albert”, il cui sogno non era divenire programmatore, ingegnere o architetto, bensì fabbro.
Alberto ha così deciso di acquistare tutti i materiale e gli attrezzi accumulati negli anni da Chiaffredo, per riutilizzarli e aprire un’attività tutta sua. Oltre ad affilare coltelli, Alberto ha trasformato in un lavoro quella che prima era solo una passione: aggiustare e forgiare armi e armature medievali. In corso Ricci a Savona è così nata una vera e propria fornace, dove i metalli vengono portati a temperature di centinaia di gradi, per essere poi lavorati e trasformati nei prodotti finiti.
«Sono entrato per passione nel giro della scherma medievale – racconta Alberto Di Girolamo – già da anni prima dell’apertura ufficiale del mio negozio riparavo le armi che io e i miei amici utilizzavamo nei combattimenti e nelle rievocazioni storiche. I miei primi tentativi hanno avuto luogo in un capanno per gli attrezzi. Poi ho deciso di trasformare l’hobby in una vera professione».
Naturalmente gran parte del lavoro è costituito dall’affilare i coltelli, aggiustare le forbici, riparare ringhiere e cancelli, pentole di rame e di alluminio; ma è impressionante il giro che Alberto è riuscito a costruirsi attraverso i suoi contatti nel mondo della scherma medievale. Ogni settimana, in particolare attraverso i social network quali Facebook, piovono richieste di nuove armature, spade, scudi.
«Sono vice capitano della squadra ligure di combattimento medievale – spiega – oltre a partecipare agli incontro di livello italiano, i migliori si preparano per formare una squadra nazionale e combattere nella “Battle of the Nations”, un torneo internazionale a cui prendono parte centinaia di persone da ogni angolo del mondo».
Non si tratta di una rievocazione all’acqua di rose, ma di un vero e proprio torneo simile a quelli a cui si sarebbe potuto assistere vivendo nel Medioevo. Si combatte nel classico uno contro uno ma anche nelle cosiddette “mischie”: cinque contro cinque e, addirittura, ventuno contro ventuno. Le armi non sono affilate, ma le botte si danno e si ricevono sul serio. Alcune fanno perfino la fortuna di Alberto, che si ritrova di conseguenza a dover riparare armi e armature. «I rischi sono minimi grazie alle protezioni e alle regole molto stringenti – chiarisce Di Girolamo – ma, come i pugili, chi combatte questi duelli sa che salendo sul ring rischia di farsi male sul serio, perché per vincere bisogna in ogni caso sconfiggere l’avversario utilizzando tutte le proprie forze. Quelli che partecipano sono veri e propri atleti».