La delocalizzazione come intervento prioritario di mitigazione del rischio. È la proposta lanciata da Legambiente Liguria, da Ance Giovani Genova, dall’Ordine dei geologi della Liguria e da quello degli architetti della provincia di Genova. In attesa delle opere che ridurrebbero la possibilità di trovarsi sott’acqua a causa delle piene dei torrenti viene proposto al Comune di Genova un tavolo di lavoro che possa affrontare questo tema delicato. «Non vogliamo far trasferire mezza Genova – dice il presidente di Legambiente Liguria Santo Grammatico – ma stimolare una riflessione che sta trovando l’accordo di tante realtà diverse, tenendo conto che anche la struttura di missione Italia Sicura ha previsto questa possibilità come vincolante per assegnare i fondi». «Perché – aggiunge Michele Torsello di Italia Sicura – è anche economicamente più conveniente rispetto agli interventi continui di riparazione e di inutili e fragili difese che aumentano i rischi. Delocalizzare annulla il pericolo, recupera aree per la laminazione, permette il recupero naturalistico e riduce i costi economici a lungo termine a fronte di una spesa iniziale che potrebbe anche essere maggiore».
In Liguria dal 1948 al 2011 si sono verificate 15 calamità che hanno provocato frane e alluvioni. Negli ultimi 10 anni la frequenza è aumentata. La quantità di pioggia in questi eventi corrisponde a un terzo o – a volte – alla metà delle precipitazioni medie annue della regione. L’evento del 2011 in Liguria (ottobre e novembre) ha registrato una quantità di pioggia di oltre il 65% della media annua (542 mm). Nell’ultimo triennio i fondi stanziati dalla Protezione Civile per la Liguria sono stati 140 milioni su una stima di danni molto superiore. Solo per i due eventi del 2011 la stima dei danni ammontava a 730 milioni, a fronte di 66,9 milioni di risorse stanziate da ordinanze della Protezione civile, di 18 milioni dal Fondo di solidarietà dell’Ue, di 30 milioni dal Programma operativo regionale e di 5 milioni del Cipe.
Con la struttura di missione Italia Sicura lo Stato italiano dovrebbe tornare a dedicare risorse alla prevenzione: negli ultimi 10 anni su 40 miliardi previsti, ne sono stati erogati solo 2 per tutta l’Italia. Per la Liguria il numero di lavori di primaria urgenza dal 1999 al 2011 è di 115, l’importo stanziato di 115 milioni (elaborazione Legambiente su banca dati RenDis).
A partire dal 2010 il ministero dell’Ambiente ha inoltre firmato degli accordi di programma con le varie Regioni per altri interventi: la Liguria (se si esclude il Trentino che figura a 0), ha un solo intervento previsto, quello sul Bisagno (35,7 milioni), anche se poi è stato modificato nel 2013 con altri interventi nello spezzino (3,1 milioni). Risorse che sembrano minime rispetto ai 224 milioni per la Lombardia, 220 per Campania e Calabria e i 210 per la Puglia. Lo stato di avanzamento dei lavori mette ancora più in evidenza la lentezza della macchina della prevenzione: la Liguria è una delle quattro regioni ad aver almeno aggiudicato i lavori (con i ritardi che sappiamo). In tutta Italia sono solo 12 i lavori ultimati su 1650, 47 quelli in esecuzione, 38 quelli aggiudicati.