Quanti modelli meteorologici avrebbero previsto il picco di precipitazioni nella sera del 9 ottobre scorso, quando su Genova si sono riversati fino a 140 millimetri di pioggia in una sola ora? Nessuno, secondo le simulazioni post evento realizzate dal progetto Drihm, Distributed research infrastructure for hidro-meteorology, e coordinato dalla fondazione Cima, Centro internazionale in monitoraggio ambientale.
La ricostruzione ex post realizzata da Drihm e presentata oggi al Festival della Scienza di Genova, dimostra che anche il modello a maggiore risoluzione avrebbe subito un livello di “stress” meteorologico tale da non riuscire a prevedere con precisione l’evento alluvionale: Meteo France, il modello serbo, così come quello spagnolo, anticipano il picco di precipitazioni, lo sottostimano, o lo collocano in un’area geografica scorretta. Ma soprattutto, non riescono a individuare con precisione la portata dell’evento, senza riuscire così a capire “quanta acqua cadrà” in una portata compresa tra i 40 e i 140 millimetri di pioggia. In sostanza, non solo l’intensificazione improvvisa della sera del 9 ottobre ha messo a dura prova i modelli previsionali utilizzati (quello nazionale o il più preciso del Cnr di Bologna), ma avrebbe dato del filo da torcere addirittura al miglior strumento tecnologico. Secondo Antonio Parodi, capo progetto fondazione Cima, «Lo studio vuole anche dimostrare che avere a disposizione numerosi modelli previsionali è di aiuto per migliorare l’approccio probabilistico del sistema meteorologico».
Non a caso sarà proprio questa la direzione che prenderanno le “previsioni meteo” del futuro: se, da un lato, il previsore deve essere bravo a interpretare i dati forniti dal proprio calcolatore sulla base della propria esperienza e di un certo numero di fattori, dall’altro si trova anche di fronte al cosiddetto “Ensemble forecasting”: «Prima di emettere le previsioni – afferma Carlo Cacciamani, direttore Arpa-Simc dell’Emilia Romagna – ci troviamo di fronte fino a 60 scenari meteorologici forniti da diversi modelli previsionali. Si tratta di scenari che possono differire moltissimo tra loro, con “spread” spazio-temporali in grado di variare da una situazione di lieve perturbazione fino a temporali intensi e con rischi alluvionali». Un’ulteriore conferma del fatto che la meteorologia non è una scienza esatta: sulla base dei dati elaborati dai vari modelli, il ruolo del “decisore meteorologico” non sarà più quello di fornire previsioni “certe”, ma piuttosto delle percentuali probabilistiche sulle condizioni meteo del giorno dopo. Starà poi al cittadino scegliere se uscire di casa con o senza ombrello, ma soprattutto a chi gestisce il sistema di Protezione civile, decidere le misure per evitare danni e vittime e – nel caso della Liguria – saper gestire in pochissimo tempo l’emergenza visto che i torrenti sono in grado di esondare nel giro di un’ora dall’evento meteorologico.
Cacciamani chiama i media a maggiore responsabilità: «Veniamo criticati se una nevicata ritarda rispetto a quanto annunciato e poi mettiamo alla gogna chi, come l’Arpal, aveva in realtà annunciato il pericolo attraverso il bollettino meteo. Non serve fare allarmismo, ma occorre più equilibrio».
(Ha collaborato Emanuela Mortari)