Nel registro regionale ligure sono presenti circa 3470 pazienti affetti da patologie rare per oltre 190 diverse malattie o gruppi di malattie rare. I pazienti residenti in Liguria sono circa il 70%: il 10% del territorio dell’Asl 1 imperiese, un altro 10%, nell’Asl 2 savonese, il 55% nell’Asl 3 genovese, il 10% nell’Asl 4 chiavarese e il 15% nell’Asl 5 spezzina; inoltre poco meno di mille pazienti residenti in altre regioni sono seguiti da presidi della Liguria. La definizione di malattia rara si basa su un criterio epidemiologico: prevalenza nella popolazione generale inferiore a 1 caso su 2 mila abitanti. L’apparente contraddizione dovuta all’alto numero di soggetti affetti (il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla tra le 7 mila e le 8 mila) e la bassa prevalenza delle malattie rare, la difficoltà diagnostico assistenziale, la gravità che contraddistingue molte di esse, la richiesta di un’assistenza specialistica e continuativa di dimensioni tali da non poter essere supportata senza un importante intervento pubblico, complicano l’azione del Servizio sanitario nazionale, che si deve confrontare con una materia tanto complessa, quanto poco conosciuta.
In Liguria le malattie rare certificate sono quelle elencate nel decreto della giunta regionale n. 1519 del 21 novembre 2008 e nelle successive modifiche (che riprende l’elenco ministeriale 279/2001). «Le malattie rare previste nel decreto del 2001 coprono circa 2000 malattie rare tra assimilate, vicine, alcune fanno parte di gruppi di malattie, altre sono singole – spiega Mirella Rossi dell’Agenzia sanitaria regionale Liguria (Ars) – in realtà, dal 2001 a oggi, ci sono stime dell’Oms che individuano il quadruplo di differenti malattie rare, che magari vedono un solo caso nella letteratura mondiale. Si definiscono entità nosologiche diverse. Ma basta un caso per essere una malattia rara. E quell’unico caso deve essere curato».
MALATI DI SERIE B?
Se non si è nell’elenco niente esenzioni: «Vi sono pazienti affetti da malattie rare appartenenti alle “109” rimaste nel limbo ormai da cinque anni – spiega Rossi – emiplegia alternante, linfedema, sclerodermia, solo per citarne alcune. Questi pazienti, anche se non possono rientrare ufficialmente nella rete regionale delle malattie rare e non possono usufruire di specifiche esenzioni, partecipano attivamente al gruppo di consultazione malattie rare e con l’Ars stanno elaborando un percorso e alcune iniziative, quali ad esempio l’ambulatorio per ulcere cutanee complesse per la sclerodermia, tese a fornire migliore assistenza e cura anche per le proprie patologie». Inoltre, sulle spalle della Regione, rimane il nodo critico dell’accesso ai farmaci, sia per le malattie rare esentate sia per quelle non riconosciute.
L’ambito di applicazione del decreto 279/2001 non riguarda l’assistenza farmaceutica. La Liguria, per garantire cure indispensabili ai suoi cittadini, ha autonomamente disposto l’erogazione gratuita dei farmaci di fascia C, impegnando risorse proprie e non quelle del Servizio sanitario nazionale. «I farmaci di fascia C non sono considerati nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, ossia le prestazioni finanziate dal attività, dei servizi e delle prestazioni che il Servizio sanitario nazionale eroga a tutti i cittadini gratuitamente o con il pagamento di un ticket – spiega Rossi – però per le malattie rare sono propriamente curativi. Addirittura, in alcuni casi, i pazienti necessitano di integratori, oppure di creme estetiche. In Liguria, per i residenti, siamo impegnati a fornirli gratis se dichiarati indispensabili e insostituibili per la cura della malattia».
Su proposta dell’assessore alla Salute Claudio Montaldo, la giunta regionale ha definito la collaborazione dell’Ars con il dipartimento regionale per la rete malattie rare, per ridisegnare l’articolazione organizzativa dell’assistenza (delibera n. 520 del 16 maggio 2008): «È un motivo d’orgoglio – dice Montaldo – il lavoro che è stato svolto per dare organizzazione e visibilità alle malattie rare. Proprio perché i numeri di queste patologie sono ridotti, modesta è in genere l’attenzione del sistema: l’esempio più eclatante è quello dell’industria farmaceutica, che non trova in queste patologie le dimensioni di scala per impegnare ingenti risorse nella ricerca». Per Montaldo è indice di civiltà occuparsi di questi “pochi malati” per ciascuna malattia con attenzione ancora maggiore di quella dedicata a quelle dei grandi numeri. Intanto la Liguria, già da alcuni anni, aveva individuato dei presidi di riferimento, ossia delle strutture specializzate dotate delle competenze necessarie per diagnosticare e curare le malattie rare. «Questi centri erano numerosi, individuati per singola malattia o gruppi di malattie del decreto, ma non riuscivano a coprire l’assistenza di tutte le malattie rare presenti in Liguria, come ci hanno segnalato le associazioni dei pazienti – spiega Rossi – inoltre, la vecchia delibera indicava nello specifico le singole unità operative, ma una malattia rara spesso è anche una patologia complessa: può interessare diversi organi o apparati e può manifestarsi in qualunque reparto; necessita di personale, servizi, tecnologie avanzate per la diagnosi e la terapia. Quindi deve essere l’intera struttura responsabile della presa in carico del malato».
TUTTO COMINCIA NEL 2008
Nel 2008 a Mirella Rossi viene assegnato il compito di occuparsi delle malattie rare. «All’epoca partecipai a una riunione di alcune associazioni di parenti dei malati. Ricordo, come fosse ieri, che un padre di un bambino affetto da una patologia rara mi consegnò il libro bianco realizzato nel 2005 dal gruppo di auto-aiuto genovese “Echidna”, dal nome di un mammifero australiano, molto particolare e raro, noto perché punge e ha la lingua lunga, allo scopo di sensibilizzare le istituzioni. Mi disse: “Adesso voglio proprio vedere se lei lo leggerà”. L’ho fatto, accogliendo la sfida e cominciando a lavorare con i colleghi della Regione per rivedere l’intero discorso organizzativo di nostra competenza, prima di tutto confrontandoci con le realtà associative formate da familiari e pazienti». Con il decreto di giunta n. 321 del 28 marzo 2008 la Regione Liguria ha formalizzato l’adesione al Registro malattie rare della Regione Veneto per attivare una collaborazione interregionale. Oltre a Veneto e Liguria, il registro comprende la provincia autonoma di Bolzano e Trento, le regioni Friuli, Emilia Romagna, Puglia e Campania. «La dimensione interregionale o nazionale – sostiene Montaldo – è indispensabile per l’alta e l’altissima specialità e, in particolare, per la quasi totalità delle malattie rare che possono essere affrontate in modo adeguato solo con questa dimensione organizzativa». «In Liguria siamo soltanto 1 milione e 600 mila abitanti – sottolinea Rossi – i numeri sono limitati. Se davvero vogliamo parlare di malattie rare, fare ricerca, cercare dei protocolli terapeutici che curino tali patologie, è necessario mettere insieme dei numeri più significativi. E occorre un confronto anche con professionisti del settore di altre regioni».
Con il decreto di giunta n. 1519 del 21 novembre 2008 si è proceduto alla “Revisione dei presidi e centri di riferimento della rete regionale per la prevenzione, sorveglianza, diagnosi e terapia delle malattie rare”. «Sono state individuate le intere strutture ospedaliere di riferimento – specifica Rossi – per ognuna di esse sono indicati gruppi di malattie rare, affinché la copertura sia il più possibile completa. Per individuare le strutture ospedaliere regionali che presentavano le necessarie caratteristiche per la presa in carico delle malattie rare abbiamo utilizzato l’esperienza di altre regioni che, prima di noi, avevano aderito all’accordo con il Registro veneto: sono stati esaminati per ogni ospedale, per ogni reparto e per tre anni tutti i flussi ospedalieri, ogni singola scheda di dimissione ospedaliera è stata attentamente studiata alla ricerca di un episodio, di una diagnosi, oppure di un trattamento che potesse ricondurci a una malattia rara».
Attualmente i presidi sono nell’ambito dell’Asl 3 gli ospedali San Martino e Gaslini (riferimento per tutte le malattie rare), il Galliera per malattie rare ematologiche del metabolismo dei minerali e malformazioni congenite, il Gallino per malattie rare ematologiche della pelle e del tessuto sottocutaneo e malattie rare del tessuto connettivo; nell’ambito dell’Asl 4 l’ospedale di Lavagna per malattie rare dell’apparato visivo; nell’ambito dell’Asl 2 l’ospedale San Paolo di Savona per le malattie rare delle ghiandole endocrine, della pelle e del tessuto sottocutaneo e malformazioni congenite.
Oggi i centri sono in fase di revisione con l’obiettivo di inserire dei piani terapeutici condivisi, per gruppi di malattie rare o per singole malattie rare, insomma «Uguali per tutti, sia per il malato della Spezia sia per quello di Imperia – dice Rossi – a tale scopo individueremo le unità operative chiamate a certificare le malattie rare e quindi a prescrivere l’erogazione gratuita dei farmaci indispensabili sulla base di un’assunzione di responsabilità dei medici incaricati».
LE ASSOCIAZIONI
Nell’autunno 2008 si è costituito il gruppo di consultazione per le malattie rare, formato dalle associazioni, dai familiari e dai pazienti, che collabora attivamente con l’Ars, avendo voce in capitolo per quanto riguarda le scelte sanitarie e di assistenza. «Il malato non ha solo bisogni di farmaci per curare la sua malattia rara – ricorda Rossi – nel caso dei bambini, ad esempio, è terapeutico anche l’inserimento con altri coetanei e c’è bisogno di un percorso che permetta loro il proseguimento di una vita normale durante tutte le fasi della crescita». Si tratta di patologie a volte completamente diverse una dall’altra, con sintomi e manifestazioni, che spesso, però, hanno in comune dei bisogni e delle esigenze, quali la socializzazione, l’integrazione, la visibilità, eccetera. «Ci sono genitori che mi hanno parlato di vere e proprie discriminazioni a danno dei loro figli, magari a causa della paura infondata di un possibile contagio – dichiara Rossi – ecco perché è necessario diffondere una corretta informazione a tutti i cittadini».
Per dare risposta a queste esigenze, il gruppo consultazione malattie rare organizza l’annuale Giornata delle malattie rare, un appuntamento nato nel febbraio 2008 con l’obiettivo di sensibilizzare i media, l’opinione pubblica e le istituzioni e promuovere la ricerca. In pochi anni si è diffusa in numerosi Paesi, creando una rete di solidarietà e comunicazione ogni volta più estesa. «Siamo partiti il 29 febbraio 2008, era un anno bisestile, quindi un giorno raro – dice Rossi – e da allora, ogni anno, l’ultimo giorno di febbraio il gruppo di consultazione promuove un evento informativo». L’anno successivo, invece, è stata la volta dello Sportello regionale dedicato alle malattie rare, in funzione dal 9 novembre 2009 all’Ospedale pediatrico Gaslini, per offrire in maniera strutturata a pazienti, famiglie e associazioni i punti di riferimento della rete. «È stato uno dei primi lavori realizzati congiuntamente con le realtà associative che hanno proposto l’apertura dello sportello sviluppandone le linee d’azione – spiega Rossi – il gruppo di consultazione ha cominciato a parlare con la scuola, con i servizi sociali, con il mondo del lavoro. Ha organizzato alcuni corsi di formazione per ragazzi affetti da malattie rare attraverso i canali tradizionali, facilitando l’inserimento lavorativo di queste persone».
Senza dimenticare la partecipazione al Festival della Scienza, le mostre fotografiche, i convegni, gli incontri con medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, l’apertura del Centro di coordinamento aziendale del San Martino e così via. L’ultima iniziativa il corso per caregiver (familiari, infermieri domiciliari e badanti) di persone con malattie complesse, organizzato dalla scuola delle Scienze mediche e farmaceutiche dell’Università di Genova (ex facoltà di Medicina e chirurgia), in collaborazione con il gruppo di consultazione per le malattie rare. F.M. papà di un bambino affetto da malattia rara genetica, così racconta la sua esperienza: «Sono entrato nel gruppo di consultazione quando è nato mio figlio. Prima, delle disabilità e delle malattie rare, sapevo ben poco. La scoperta della malattia genetica di mio figlio è avvenuta per caso. Come peraltro succede sovente. Dopo è iniziato il nostro difficile percorso. Le persone affette da queste malattie, hanno bisogno di un continuo supporto terapeutico che dovrebbe essere fornito gratuitamente o comunque in maniera facilitata. Invece, spesso non è così. Fortunatamente, Genova, sotto questo punto di vista, è un’isola felice: ci sono gli ospedali Gaslini e Galliera; il Cepim, che nasce come centro down di terapia, ma dove vengono trattati anche alcuni gruppi di malattie rare; inoltre, esistono altri centri specializzati, ad esempio Villa Lanza per la sindrome di X Fragile. Tutti progetti che nascono dai familiari dei pazienti. Oltre all’assistenza sanitaria, però, se parliamo di bambini, è necessario affiancarli nell’inserimento all’asilo e poi a scuola, operazioni che ricadono esclusivamente sulle spalle delle famiglie. Senza dimenticare gli ostacoli successivi riguardo l’ingresso di queste persone nel mondo del lavoro. Il problema più grave è legato al “dopo di noi”, ovvero quando noi genitori non ci saremo più: chi aiuterà i nostri figli? Chi li assisterà? Per me la Giornata delle malattie rare neppure dovrebbe esistere. Quello deve essere il nostro punto d’arrivo e dobbiamo lavorare affinché i cittadini e le istituzioni prendano piena coscienza dell’esistenza delle malattie rare».