In Liguria il consumo di suolo è aumentato dello 0,07%, pari a 31 ettari cioè 310 mila metri quadrati. Era l’8,27% nel 2015, l’8,28% nel 2016, un dato superiore alla media nazionale del 7,63%. 286 metri quadrati per abitante contro i 283 del 2015. Un’area di 449 km quadrati. Lo riporta il rapporto 2017 dell’Ispra.
L’incremento è comunque uno dei più bassi, se confrontato con altre Regioni: la Liguria è quart’ultima.
Tra il 2012 e il 2016 a livello nazionale, circa il 55% di cambiamenti sono avvenuti in un contesto a media o bassa densità di consumo di suolo e varie Regioni, tra cui la Liguria, hanno una percentuale di cambiamenti in questo contesto superiore al 70% (76,6%).
Per quanto riguarda il consumo nella fascia costiera, la Liguria è al primo posto in Italia, con il 47,8% entro i 300 metri dalla distanza dalla linea di costa, aumentato dello 0,02% rispetto al 2015. Quarto posto per consumo di suolo nella fascia tra i 300 e i 1.000 metri con 30,9% (incremento rispetto al 2015 +0,07%). L’incremento maggiore si è avuto nella fascia costiera tra 1 e 10 km: 9,2% (+0,10%).
La Liguria non si fa mancare percentuali superiori alla media nazionale anche per quanto riguarda il consumo di suolo nelle classi altimetriche e di pendenza: 19% tra 0 e 300 metri di quota (contro l’11,9% nazionale), un incremento dello 0,1% rispetto al 2015. È prima in Italia per la percentuale di consumato tra lo 0 e il 10% di pendenza (24,6%, in pratica a livello regionale ha superato oltre un quinto del territorio pianeggiante ormai perso), ma anche per percentuale di suolo consumato oltre il 10% di pendenza: 5,9%.
Piove sul bagnato, consentiteci il gioco di parole, per il livello di impermeabilizzazione entro i 150 metri dai corpi idrici: circa il 24% della superficie è coperta artificialmente, primato nazionale anche in questo caso. I danni provocati da questa situazione sono sotto gli occhi di tutti quando arrivano le grandi precipitazioni. Un ettaro (10.000 metri quadrati) è stato consumato in questa distanza tra il 2015 e il 2016, segno che è ancora possibile operare in una distanza così ridotta.
Per quanto riguarda il consumo nelle aree a pericolosità idraulica media, ancora prima la Liguria con un consumo di oltre il 29%, ben il 22,6% è in aree a pericolosità elevata. Meno scontato il secondo posto dietro all’Umbria, per la percentuale di consumo di suolo in area a pericolosità da frana P4 (molto elevata), ben il 5,5%, seguita da un 5,2% nelle aree P3 (pericolosità elevata), da un 5,2% nelle aree Pd (pericolosità media) e da un 10,5% nelle aree P1 (pericolosità moderata). L’incremento percentuale rispetto al 2015 è dello 0,1% nelle aree P3, P2 e P1.
Pur non essendo una delle principali regioni per pericolosità sismica, la Liguria ha il 4,8% di suolo consumato nelle aree in cui c’è un alto rischio.
Il “caso” Liguria. Questioni di scale
Il rapporto ospita un intervento e una riflessione da parte di Dino Biondi e Anna Bertonasco del dipartimento di pianificazione territoriale della Regione Liguria, che fanno capire meglio tutto quanto. Lo pubblichiamo integralmente:
Se è vero in senso generale che “la scala crea il fenomeno”, come osservava Alfred. N. Whitehead, l’affermazione risulta ancora più pertinente con riferimento allo studio dei fenomeni territoriali. È facile perdere il senso generale di un fenomeno se lo si guarda troppo da vicino, oppure non lo si riesce a mettere a fuoco se lo si guarda troppo da lontano.
Questo rapporto consente da questo punto di vista di confrontare letture effettuate a scale spaziali e temporali diverse e di mettere accenti più precisi sui fenomeni in atto.
Se guardiamo il territorio ligure da una giusta distanza emerge immediatamente una forte peculiarità: la Liguria è caratterizzata da una limitata estensione e da un tessuto insediativo distribuito su una sottile fascia costiera e su ancora più sottili piane di fondovalle. I dati del rapporto ci dicono che su una superficie totale di soli 5.400 kmq circa, 449 kmq (8,3%) è suolo “consumato”. La stessa percentuale di suolo consumato è desumibile anche dai dati
della carta di uso del suolo (2015) di Regione Liguria, (se si comprendono in tale voce anche quelle porzioni che la carta regionale classifica “territori sistemi colturali e particellari complessi”, caratterizzati cioè dalla compresenza di aree libere ed edificate, altrimenti la percentuale scende intorno al 6%). Se guardiamo da vicino questi dati vediamo che il suolo consumato è localizzato soprattutto nella fascia costiera (47,8 è la percentuale di
suolo consumato entro i 300 metri dalla costa) e nei fondivalle. In realtà, avvicinando ancora lo sguardo, vediamo anche che l’incremento percentuale nel periodo 2012-2015 (+0,3%) è minore rispetto alla media nazionale (+0,7%). Quello che gli occhi dell’urbanista possono vedere in questi numeri è che il fragile territorio di confine fra terra e mare è quello, storicamente, più soggetto all’azione dell’uomo e che il problema è la gestione del suolo già artificializzato e del patrimonio edilizio che in gran parte è stato realizzato negli anni ’60 e ’70 e oggi risulta obsoleto da un punto di vista energetico, strutturale e funzionale. La Regione Liguria sta portando avanti uno studio sulle trasformazioni recenti del territorio e, guardando con la lente di ingrandimento, analizza qualitativamente le trasformazioni del territorio oggi in atto: in gran parte trasformazioni minute che completano gli spazi residui o che si collocano ai margini delle aree urbane.
Questo rapporto ci offre anche la possibilità di allontanare lo sguardo: vista da lontano la Liguria è una macchia verde. La macroscopica trasformazione degli ultimi 15 anni, in termini di superficie di suolo modificato, è la crescita del bosco e non il consumo di suolo agricolo. I dati dell’uso del suolo ci dicono che nel 2000 il bosco ricopriva una superficie pari al 69% del territorio regionale, nel 2015 il bosco rappresenta il 78% del territorio
ligure. In Liguria è molto alto il valore della necromassa, la componente morta del bosco; questo è indizio di un bosco ormai vecchio e in gran parte non gestito da anni. I dati dell’uso del suolo ci dicono anche che il 31% del suolo che aveva un uso agricolo nel 2000 è oggi (dati 2015) bosco. I suoli a bassa densità di copertura artificiale, che possono essere paragonati alle aree agricole della carta dell’uso del suolo, in Liguria sono residuali; i dati dei censimenti Istat delle aree agricole evidenziano la costante diminuzione di queste aree. Aree agricole in diminuzione, bosco che spesso è sinonimo di abbandono: una prima valutazione qualitativa del suolo non consumato ci porta a mettere in primo piano i temi della manutenzione del territorio, dell’uso produttivo del bosco e del recupero delle aree agricole.
Quello che emerge dai dati del rapporto e guardando i fenomeni territoriali alle diverse scale è che oggi non basta imporre limiti quantitativi al consumo di suolo ma occorre definire dei nuovi standard qualitativi e prestazionali: passare da un approccio regolativo a uno progettuale.