La settimana appena trascorsa è stata indubbiamente dominata e caratterizzata dalle risoluzioni della Bce riguardo agli annunciati stimoli monetari. Il governatore della Banca centrale europea ha saputo ancora una volta sorprendere positivamente gli “animal spirits” che animano i mercati finanziari.
Le azioni annunciate sono state, in primis, il taglio dei tassi d’interesse: i tassi di rifinanziamento principale e i tassi marginali di rifinanziamento sono stati tagliati di 5 bps, scendendo rispettivamente a 0,00% e a 0,25%. Il tasso di deposito marginale è stato tagliato di 10 bps, scendendo a -0,40%. La Bce lascia, a ogni modo, la porta aperta a ulteriori possibili tagli. Altra azione, l’aumento del ritmo degli acquisti del Qe da 60 a 80 miliardi al mese. I limiti agli emittenti e alle emissioni azionarie per gli enti sovranazionali sono aumentati dal 33% al 50%. Inoltre, l’estensione del programma di acquisti alle società non finanziarie investment-grade e ancora, una nuova serie di operazioni di rifinanziamento mirate a lungo termine (Tltro-2, Targeted long term rifinancing operation), tutte con una scadenza di quattro anni, a un tasso tra -0,40% e 0%. Per cui, le banche potranno prendere a prestito un ammontare totale pari a fino il 30% dei loro outstanding loans alle società non finanziarie e alle famiglie (escludendo i mutui per le abitazioni).
La natura degli interventi non è soltanto di tipo monetario, ma si presenta come forme concrete di sostegno al credito all’economia reale e agli investimenti, in particolare gli acquisti sul mercato di titoli non esclusivamente finanziari e, soprattutto, i Tltro 2.
Che queste ulteriori iniziative possano essere lette sotto la prospettiva suggerita dalle pagine del Sole24ore del 12 e 13 marzo 2016, dal vicepresidente della Bce Vitor Constancio (che difende l’operato della Bce nell’inerzia e impacci della politica europea sottolineando come la politica monetaria messa in atto sia la difesa più efficace da un concreto rischio deflattivo per l’area europea fintanto che la crescita economica non riesca a sostituirsi a questa) o da Alberto Quadrio Curzio (che ne enfatizza il ruolo di complementarietà con politiche di riforme della stessa struttura comunitaria e di rilancio degli investimenti), sta di fatto che gli interventi della Banca centrale europea hanno sicuramente il merito di aver contrastato la deflazione in Europa, di aver ancora una volta “comprato tempo” e fornito i presupposti monetari perché le auspicate azioni di riforma strutturale possano essere messe in atto. Secondo quanto sottolineano gli esperti, non va dimenticato che rimane tuttora irrisolta la maggior parte dei problemi che incombono da tempo sull’Unione europea (disoccupazione, output gap, Brexit, immigrazione rifugiati, solo per citarne alcuni).
Quali effetti ci aspettiamo e su quali asset class? La maggior beneficiaria potrebbe essere la componente corporate Ig (Investment grade) europea con un possibile trascinamento anche della parte Hy (High Yeld). Effetti benefici anche sulla parte governativa di maggior ampiezza sui periferici. Data la minor enfasi della spinta sui tassi negativi, l’Euro non dovrebbe ulteriormente indebolirsi rispetto al dollaro. Secondo gli esperti, la fiammata di entusiasmo sulla componente azionaria potrebbe essere influenzata dalle prossime riunioni della Bank of Japan (oggi, martedì 15 marzo) e Fed (domani, mercoledì 16 marzo) e potrebbe trovare il proprio sostegno su dati macroeconomici più strutturali, tra cui, per esempio, l’andamento del prezzo del petrolio che permanendo attorno ai 40 dollari al barile fornisce un supporto positivo. Le aspettative sono quindi di una volatilità permanente, pur in orientamento alla crescita dei valori di mercato coerentemente con l’ipotesi di correzione della sovra reazione pessimistica che si era vista da fine dicembre a metà febbraio.