Il 25 luglio 1965, Bob Dylan, accompagnato da un gruppo formato per l’occasione e prelevato in parte dalla Paul Butterfield Blues Band, sale sul palco del Newport Folk Festival, il più importante raduno della scena folk americana e si presenta con chitarre elettriche e amplificatori. Dalla platea si levano fischi e applausi, una parte del pubblico se ne va e quell’esibizione segna una frattura tra un prima e un dopo, reinventando un genere e tutta la storia della musica. Che cosa era successo? Bob Dylan in quel concerto aveva adottato sonorità rock, creando una fusione con la musica folk, quando il folk era la musica impegnata, la musica della protesta sociale e del cambiamento, e il rock’n’roll era visto come un fenomeno commerciale senza rilevanza culturale. Il giovane cantante-poeta aveva rotto questo schema e aperto una nuova strada.

Una vicenda esemplare che Massimo Panìco, formatore e coach, ha ricordato in apertura di “Expandere 2025: il rischio del nuovo” l’evento organizzato ieri a Genova dalla CdO Liguria. «Questa storia – ha spiegato Panìco – dovrebbe aiutarci a capire come cogliere una grande opportunità nel momento in cui arriva una novità che potrebbe spazzarci via oppure potrebbe darci un grande futuro. La scienza ci insegna come trarre insegnamento da questa storia. Tutte le storie hanno qualcosa di positivo e di negativo, sta a noi capirle».
«La novità che aveva colto Dylan – ha proseguito Panìco – erano i Beatles che in breve tempo hanno cambiato il setttore. Dylan aveva sentito “I want to hold your hand” e aveva pensato: qui c’è qualcosa di nuovo!».
n effetti Dylan era andato più volte in Inghilterra e ha avuto incontri e scambi artistici con i protagonisti della scena musicale inglese di quel periodo, in particolare con i Beatles ed Eric Burdon, il cantante degli Animals. E aveva elaborato l’idea di abbandonare le sonorità acustiche del folk per rinnovare le sue composizioni.
«Era già famoso – ha precisato il coach – non era costretto a cambiare. Perché lo ha fatto? Perché non ha avuto paura del nuovo. Ha saputo liberare la rockitudine che era in lui. La rockitudine è l’energia che abbiamo dentro di noi. Non ha cancellato la storia ha voluto crescere. Ha capito e dimostrato che la dicotomia vecchio/nuovo non ha senso. Bisogna vivere il nuovo come un privilegio. Noi dobbiamo imparare dal suo esempio, affrontare il rischio del nuovo e portare il rock nella nostra azienda».
Come farlo Panìco lo ha spiegato a conclusione dell’evento, durante il quale il pubblico, o meglio, i partecipanti, si sono divisi in tre laboratori interattivi, con esercitazioni pratiche, simulazioni, demo e anteprime sui temi intelligenza artificiale e tecnologia, architettura del lavoro, sostenibilità e crescita.
Per capire in pieno il discorso sviluppato dal conduttore di Expandere 2025 dobbiamo tenere presente due elementi: che cosa è il rock e chi è Panìco.
L’essenza della musica rock risiede nella sua energia, ribellione e continua evoluzione. È un genere che si è formato dalla fusione di diversi stili, caratterizzato da un suono potente e ritmico, creato dall’uso di chitarre elettriche, basso e batteria e soprattutto, per quel che riguarda il nostro argomento, non è solo un genere musicale, una forma di espressione artistica che continua a evolversi, ma uno stile di vita, un’attitudine.
Laureato in economia e commmercio e specializzato in vendite e marketing, Massimo Panìco non ha mai smesso di studiare queste discipline ma si è appassionato anche alla musica – «Prima la classica e poi il rock, sono entrate nel mio Dna, ora mi nutro di rock, new wave e post punk, generi che suono in giro per il mondo» – e nel 2010 ha iniziato a dedicarsi alle neuroscienze, che studia e mette in pratica tutt’ora.
L’energia e la carica innovativa del rock e l’analisi scientifica del nostro comportamento sono i due poli tra i quali si è sviluppato l’intervento del conduttore.
«Scegliere tra il vecchio e il nuovo – ha detto – è il dilemma di sempre. Il fatto è che il cervello odia l’incertezza, è una macchina che consuma energia e vuole risparmiarla». Per uscire dall’incertezza e decidere possiamo rifarci all’esperienza e adottare pratiche o idee che si sono dimostrate affidabili. Sembra così di andare sul sicuro e in effetti è una scelta può dimostrarsi assennata. Ma non basta. Può condannarci all’immobilismo e a assere travolti dal nuovo che oggi corre veloce. «Bisogna avere coraggio – ha spiegato Panìco – per affrontare le novità, l’intelligenza artificiale come le altre. E ci sono ispirazioni fondamentali che devono guidarci in questo percorso».
– «Entrare nel merito delle cose con coraggio e pensiero critico. Noi siamo abituati a pensare e a comportarci come le persone che frequentiamo. Ma se frequentiamo solo le persone che pensano come noi rimaniamo prigionieri di schemi di pensiero abituali, poco flessibili e adattativi. Con questi schemi è difficile cogliere nuove opportunità. Dobbiamo invece circondarci di persone che vedono il mondo in modo differente da come lo vediamo noi. Dobbiamo allargare la cerchia delle nostre conoscenze e viaggiare, fisicamente e leggendo, ascoltando musica, ecc…»
– Mettere cura e passione in quello che si fa, fare attenzione fino all’ultimo dettaglio.
– Sapere immaginare, aprire la mente e dubitare, chi non è capace di dubitare non può immaginare. Dobbiamo dottare la mentalità del principiante,e costruirci la nostra strada. Di fronte al nuovo gli esperti sbagliano previsioni quando si basano solo su quello che hanno acquisito, e che può sembrare definitivo, il principiante immagina perché non conosce la strada. In realtà nulla è definitivo. Dobbiamo abbassare il nostro ego, per vincere la paura del fallimento. Abbiamo un ego ipertrofico, ci vediamo al centro dell”universo e questo frena l’immaginazione».
– Sapere interagire con le persone, saper stare insieme. Ascoltare non vuol dire dipendere dal giudizio altrui. Dobbiamo ascoltare gli altri e poi decidere secondo il nostro giudizio personale».
Questa quattordicesima edizione di Expandere ha avuto un notevole successo di publbico. Non solo per la partecipazione attiva ai laboratori ma per il numero dei partecipanti, circa 200. L’anno scorso erano stati 160-170.

«È stata di gran lunga l’edizione più partecipata – conferma Benedetto Lonato, presidente della CdO Liguria – e stiamo ancora cercando di capire perché c’è questo incremento anno su anno: forse perché stiamo costruendo piano piano un format che è davvero utile alle persone, è molto partecipativo, non è solo un cinema in cui chi entra fa da spettatore, le persone si sentono partecipi, si sentono protagonisti. Expandere è un momento in cui facciamo il punto su tutti gli argomenti che abbiamo trattato con i nostri imprenditori e i nostri operatori durante l’anno e cerchiamo di approfondirli. Quest’anno abbiamo parlato di persone, di sostenibilità, di tecnologia e delle modalità per crescere. Il filo conduttore è stato la capacità di rinnovare, la capacità di incontrare il nuovo rischiando, la capacità di autoeducarci ed educarci insieme partendo da una preparazione di base».