Su oltre 11 mila nascite in Liguria nel 2012, sono stati raccolti 826 cordoni ombelicali da cui ricavare cellule staminali. Di questi cordoni solo 64 hanno superato i test di qualità e sono stati congelati per essere trapiantati a pazienti con patologie gravi come linfomi, mielomi multipli e leucemie.
Numeri bassi, nonostante tutti gli 11 ospedali liguri dotati del reparto nascite diano la possibilità di donare il cordone. Uno dei primi motivi è che la Banca ligure del cordone ombelicale (Liguria Cord Blood Bank) che si occupa di raccogliere al momento del parto il sangue contenuto nei cordoni, non è in grado di garantire il servizio 7 giorni su 7, 24 ore su 24, per carenza di personale specializzato. «Non è indispensabile che vengano raccolti tutti a ogni costo – dice Paolo Strada, direttore della Banca ligure – ma è importante che il maggior numero possibile di donne acconsentano alla donazione perché questo permette di scegliere i cordoni migliori: ciò che conta è mantenere le banche sempre aggiornate con nuovi cordoni». L’indisponibilità nei fine settimana e nei giorni feriali del personale addetto alla raccolta non è, però, l’unica spiegazione. «Di regola – spiega Strada – il cordone viene gettato via al momento del parto e per donarlo è necessario il consenso della madre che deve informarsi nei mesi precedenti. Inoltre il 90% dei cordoni raccolti non è idoneo al trapianto per vari motivi, tra cui le poche cellule staminali contenute, e viene scartato. Le unità di sangue cordonale giudicate non idonee, però, possono essere impiegate nella ricerca scientifica».
La qualità del sangue contenuto nel cordone ombelicale deve essere molto elevata affinché risponda ai requisiti ministeriali imposti alle 19 banche pubbliche che hanno sede in Italia. Le cellule staminali emopoietiche che se ne ricavano servono per curare pazienti con malattie molto gravi, in cui spesso il trapianto è l’unica scelta possibile. La Banca ligure, che ha sede all’interno dell’ospedale San Martino ed è stata formalmente riconosciuta dalla Regione Liguria nel 2007, a fine 2012 aveva a disposizione 385 unità di sangue cordonali (in Italia in totale erano bancati oltre 29 mila cordoni). «Devo essere sicuro al 100% che le cellule che congelo siano perfettamente sane, perché prima di effettuare il trapianto devo distruggere completamente il midollo del paziente in cura e non c’è nessun margine di rischio possibile».
Per anni l’unica fonte di staminali per curare leucemie e altre patologie gravi è stato il midollo osseo, che veniva ricercato principalmente tra i parenti più prossimi. Ancora oggi le prime ricerche di un donatore si concentrano nell’ambito familiare, generalmente tra fratelli e sorelle perché la probabilità di compatibilità è molto elevata, pari al 25%. Per identificare un donatore compatibile al di fuori della cerchia familiare negli anni Ottanta sono nati in tutto il mondo i registri nazionali di midollo osseo, banche dati collegate tra loro che contengono le informazioni genetiche dei potenziali donatori. Il registro italiano, detto Ibmdr, è nato nel 1989 e ha sede a Genova all’interno dell’ospedale Galliera: oltre all’elenco dei donatori di midollo, raccoglie tutte le informazioni sui cordoni conservati nelle banche italiane. «Il registro – spiega Nicoletta Sacchi, direttore Ibmdr – accoppia i dati dei pazienti che ricercano le staminali per il trapianto con le informazioni sui cordoni disponibili. Si tratta di una rete non solo nazionale ma internazionale di import-export: l’Ibmdr vede tutte le richieste attive e i cordoni in tutto il mondo e allo stesso modo operano anche gli altri registri nazionali».
Negli ultimi dieci anni il numero delle unità di sangue cordonale raccolte e bancate in Italia è aumentato, così come il suo utilizzo. Nel 2012 le banche italiane hanno rilasciato 86 unità di sangue a riceventi italiani (28) e stranieri (58) – la Banca ligure ne ha rilasciato una – e dall’estero ne sono arrivate in Italia 64. Tuttavia il trapianto di staminali da cordone non è una strada miracolosa per curare tutte le patologie, né può sostituire il trapianto di midollo osseo. «Il problema principale del cordone – dice Strada – è che la quantità di cellule staminali che esso contiene è inferiore a quella del midollo osseo: nel caso in cui il paziente sia un bambino, le cellule contenute in un cordone sono sufficienti al trapianto, ma se il paziente è un adulto sarà necessario un doppio trapianto».
Le cellule prelevate da un cordone possono trattare un individuo fino ai 40 kg circa, oltre questo peso è necessario utilizzare due cordoni, diversi e i più simili possibili tra loro. D’altra parte il cordone ombelicale ha anche dei vantaggi: dalla tecnica di raccolta che è immediata e non invasiva alla rapidità con cui si può programmare il trapianto. «Individuata l’unità di sangue idonea – racconta Sacchi – è disponibile in pochissimo tempo. La Banca regionale impiega al massimo tre giorni per ripetere tutti i controlli di qualità: ottenuto l’ok il cordone ancora congelato parte e viene spedito in qualunque parte del mondo. Al contrario con il midollo i tempi si dilatano, ci vogliono circa 20 giorni per sottoporre il donatore a tutti gli esami prima di poter effettuare il trapianto».
Le banche private
La legge italiana non consente di conservare nelle banche pubbliche il cordone ombelicale per uso autologo, ossia a uso esclusivo del bambino stesso. Tuttavia ammette – e talvolta obbliga – la conservazione a uso dedicato in casi specifici, ad esempio se il neonato o un suo consanguineo presentano una patologia curabile con le staminali oppure se in famiglia c’è il rischio di una malattia geneticamente trasmissibile.
In tutti gli altri casi, se i genitori volessero congelare in via preventiva il cordone ombelicale per sé o per i propri figli l’unica strada percorribile sarebbe rivolgersi a una banca privata che lo esporterà all’estero. Le banche cordonali private che operano in Italia – le più vicine hanno sede a San Marino e in Svizzera – in media chiedono 3 mila euro all’anno per conservare il sangue. «Ma sono soldi scommessi – dice Strada – non una garanzia. Il discorso sulla conservazione autologa si fonda sul concetto errato che le staminali siano miracolose e servano a curare tutto». Le staminali emopoietiche contenute nel cordone hanno la capacità di rigenerare i globuli bianchi, quelli rossi e le piastrine. «Se esistono altri utilizzi possibili – racconta il direttore della Banca ligure – ad esempio per rigenerare organi o tessuti, essi sono ancora sconosciuti alla medicina. Inoltre la possibilità che le cellule prelevate dal cordone ombelicale siano utilizzate per lo stesso figlio è pari a zero, non esistono statistiche al riguardo. Di tutti i cordoni bancati privatamente mi risulta che ne siano stati utilizzati pochissimi e non per curare gli stessi bambini ma i loro fratelli».
Le banche private da parte loro sostengono che gli standard di conservazione del pubblico sono eccessivi. Le banche pubbliche scartano tra il 75% e il 90% dei cordoni raccolti perché in caso di trapianto tra non consanguinei bisogna infondere una dose elevata di cellule staminali. Al contrario i cordoni conservati per uso autologo o familiare possono avere una qualità inferiore di cellule ma essere comunque utilizzati. Un altro punto controverso è per quanto tempo il cordone possa essere conservato senza compromettere la qualità delle cellule in esso contenute, le banche private indicano un lasso di 20-25 anni. «Teoricamente – dice Strada – le staminali si possono conservare a -196 gradi centigradi in eterno. Ma in realtà dopo un tot di anni, anche se sono “vive” non sono nelle migliori condizioni possibili. Penso che nessun medico utilizzerebbe delle cellule staminali dopo 10 anni».