L’adeguamento dei canoni per le concessioni demaniali marittime, con aumento previsto del +25,15% per 2023, andrà a colpire anche le imprese e le cooperative di pesca e acquacoltura che operano sul suolo demaniale.
A farsi portavoce delle istanze del settore sono i rappresentanti di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri, presidente, Bruno Rivarossa, delegato confederale, e Daniela Borriello, responsabile di Coldiretti Impresa Pesca Liguria che lamentano una situazione sempre più critica per le imprese: «Una batosta non di poco conto e che supera oltre il doppio dell’inflazione, ad oggi intorno al 12%. Senza contare che le imprese del comparto ittico, inoltre, non hanno nulla a che vedere con i fatturati e gli utili di altri comparti che godono delle concessioni demaniali marittime, primi tra tutti quelli del settore turistico ricreativo».
«Siamo sinceramente preoccupati – incalza Boeri – di come questi provvedimenti potranno ripercuotersi sulle imprese della produzione ittica e sui loro servizi. L’aumento Istat non si può cambiare, questo è evidente, ma aumenti come questi sono davvero ingiustificati. È necessaria una revisione dell’adeguamento per ridurre gli aumenti dei canoni. Le imprese ittiche liguri, colonne portanti della nostra economia regionale e nazionale, da ormai quasi un anno vivono quotidianamente i problemi legati alla crisi energetica e al conseguente aumento del costo dei carburanti. Anche in quest’ottica, una riduzione del canone si delinea chiaramente come provvedimento fondamentale e indispensabile».
La corsa agli aumenti, iniziata nel 2020 con il passaggio da un importo forfettario per le superficie minime di 361,89 euro alla ben più cospicua cifra di 2.500 euro (+355%), si sta delineando come «sempre più insostenibile per un settore come quello della pesca e dell’acquacoltura, fondamentale per l’economia della nostra regione», commenta Boriello. In questo scenario, secondo quanto riportato da Coldiretti Impresa Pesca, l’aumento del +25,15% è stato calcolato facendo la media sul paniere Istat tra i prezzi all’ingrosso e i prezzi al dettaglio dell’anno appena concluso (quindi tra +40% e +9%).