Martedì scorso il consiglio regionale ha approvato all’unanimità la riforma della legge regionale sulle comunità energetiche. Un passo fondamentale verso la condivisione da parte di cittadini e realtà diverse di fonti rinnovabili, tuttavia a livello nazionale mancano ancora i decreti attuativi del modello europeo recepito dall’Italia.
Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha assicurato circa 15 giorni fa che il decreto è pronto per essere condiviso con gli stakeholder, tra cui Legambiente che aveva elencato tutte le problematiche burocratiche che ostacolano il decollo di questa formula.
Sulla questione si era di recente espressa anche Confindustria Genova nel suo “position paper” dedicato alle energie rinnovabili, mettendo a disposizione di chi vuole intraprendere questa strada tutte le professionalità degli associati.
Le comunità energetiche rinnovabili sono un’associazione tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali e piccole/medie imprese che decidono di unire le proprie forze con l’obiettivo di produrre, scambiare e consumare energia da fonti rinnovabili su scala locale.
Il Pnrr prevede che siano destinati 2,2 miliardi di euro per la creazione di comunità energetiche in Comuni sotto i 5 mila abitanti, con bandi che dovrebbero partire entro la fine di quest’anno. La Liguria ha 185 comuni sotto quella soglia, ma spesso mancano le persone interne ai Comuni stessi che possono stare dietro a questo tipo di bandi.
Il modello di organizzazione era previsto dalla normativa europea già alcuni anni fa (direttiva europea Red II (2018/2001/UE) e ora è stato pienamente recepito anche in Italia (coversione in legge del decreto Milleproroghe 162/2019).
Intanto però, la Regione Liguria ha modificato la normativa con una collaborazione bipartisan proprio per preparare il terreno ed essere già pronta.
L’assessore allo sviluppo economico Andrea Benveduti ha commentato: «Le comunità sono solo uno degli strumenti da mettere in campo in quanto richiedono importanti capacità organizzative e di progettazione e anche le incognite legate alla leggi di mercato. Occorre capire se il mercato manterrà le aspettative per supportare le comunità energetiche, verificando la bontà dei progetti, altrimenti dovrebbe essere la Regione a subentrare per supportare le realtà dell’entroterra. Benveduti ha, comunque, ribadito la massima disponibilità della giunta».
Il capogruppo in consiglio regionale di Pd-Articolo Uno, Luca Garibaldi, era stato promotore della riforma già nel 2020: «Assieme a Selena Candia, della Lista Sansa, abbiamo presentato alcuni emendamenti che sono stati recepiti in aula. La prima cosa che abbiamo chiesto e ottenuto è ribadire lo spirito mutualistico delle comunità: sembra teorico, ma significa nei fatti che sono soggetti senza scopo di lucro e che tra gli obiettivi che si pone vi sia quella di investire i risparmi generati per contrastare, ad esempio la povertà energetica di tante famiglie. Abbiamo previsto poi di definire specifiche premialità per le comunità energetiche solidali, cioè quelle che generano “impatto sociale”, o perchè collocate nelle aree interne o perché sono promosse da soggetti del terzo settore o da Comuni che hanno promosso piani ambientali o sociali per far sì che il risparmio il prodotto sia riversato su misure ambientali, sociali o di comunità».
Verrà istituito un osservatorio regionale e ridisegnato il tavolo tecnico per agevolare la parte burocratica e amministrativa. «In più − afferma Garibaldi − abbiamo previsto un’opera di mappatura delle aree che possono essere appetibili per la costituzione delle comunità energetiche; una mappatura dei tetti e delle aree pubbliche per far sì che i Comuni possano avere uno strumento operativo per capire dove si possono attivare gli impianti fotovoltaici».
Assieme a queste modifiche normative, sono stati approvati diversi ordini del giorno sul tema. Il primo riguarda le risorse: le comunità energetiche potranno essere essere finanziate con gli oltre 150 milioni di euro della Programmazione europea Fesr 2021-2027. La seconda riguarda lo sviluppo delle professioni collegate. Tecnici, gestori, energy manager, operatori di software, gestori dati: le comunità energetiche aprono spazi di occupazione di qualità e Garibaldi aveva commentato quanto sia necessario che la Regione cominci a prevedere corsi di formazione dedicati per queste nuove figure.
Approvato anche l’ordine del giorno per l’incentivo a utilizzare i grandi parcheggi come potenziali impianti, con l’istallazione di pensiline fotovoltaiche, per produrre energia, creare zone d’ombra e contrastare le isole di calore (una proposta che, ricorda Garibaldi, in Francia è già diventata un obbligo per tutte le aree sosta con più di 80 posti auto).
«Infine − ricorda il consigliere Pd − sono state approvate alcune misure specifiche per quanto riguarda la gestione digitale delle comunità energetiche e il loro monitoraggio e un ultima proposta per lo sviluppo del cosidetto agrivoltaico, cioè la possibilità di istallare pannelli fotovoltaici speciali in aree agricole, per combinare la produzione agricola con la produzione di energia, un tema che in Liguria può avere forti potenzialità per quanto riguarda, ad esempio, il tema delle serre fotovoltaiche».
Non è un caso che anche alla Genova Smart Week, appena conclusa, ci sia stato un panel proprio dedicato alle comunità energetiche, con varie esperienze portate dal P.A. e aziende del settore. Secondo Michele Prandi, direttore della Direzione ambiente del Comune di Genova, la P.A. deve riscoprire il proprio ruolo di facilitatrice, anche a causa della grande complessità normativa che ostacola le comunità energetiche: «Mancano decreti attuativi − ha spiegato Prandi − per questo abbiamo iniziato l’iter per le prime cinque comunità energetiche sul Comune di Genova, perché ci interessa sviluppare un modello che funzioni da traino per chi è interessato a seguire questa strada».
Tra i partner coinvolti dal Comune c’è Agn Energia. «La comunità energetica rinnovabile offre un’opportunità formidabili in ambito urbano, quella dell’autoconsumo. Parlando prevalentemente di ambito fotovoltaico, una comunità può al proprio interno godere sia della remunerazione dell’energia immessa in rete, sia degli incentivi per il consumo collettivo di quanto si produce − evidenzia il direttore Power&Gas ed Efficientamento Alessandro Sugo − un esempio concreto: un condominio da otto appartamenti, 20kw di potenza sul tetto nel Nord italia, con lo scenario attuale restituirebbe 11mila euro l’anno e l’incentivo al momento vale 20 anni. In ambito urbano, con l’attuale quadro normativo, è quindi più facile lavorare sull’autoconsumo condominiale che sulla comunità energetica vera e propria».
Gianluca Pomo, business development manager di Axpo Energy Solutions Italia, la Esco (Energy service company) di Axpo, ha spiegato come tra risparmio energetico ed efficienza energetica ci sia una bella differenza: «Per risparmio intendiamo tutti i comportamenti e le attitudini che provocano minori consumi, mentre l’efficienza si basa sulla creazione di soluzioni a parità di prodotto che ci consentono di consumare meno. L’autoconsumo conviene perché genera energia rinnovabile senza prelevarla dalla rete, è favorito dall’incentivo statale e, nel caso di moltissime utenze in luoghi diversi, si crea un effetto batteria che bilancia i momenti di scarsità da una parte con l’abbondanza dall’altro. Non ultimo, l’energia non autoconsumata viene reimmessa sul mercato e quindi venduta».
Ci sono diversi tipi di autoconsumo: collettivo (utenze dentro lo stesso edificio), esteso (più siti con la stessa ragione sociale), mentre l’evoluzione è proprio la comunità energetica che connette varie utenze sottese alla stessa cabina primaria.