Tutti gli indicatori ospedalieri della Liguria sono rientrati sotto i limiti di guardia nella settimana 2-8 marzo 2022. Lo rileva la Fondazione Gimbe: i posti letto in area medica occupati da pazienti Covid sono il 14,9%, il 7,3% delle terapie intensive. In calo ancora i casi attualmente positivi per 100 mila abitanti (834) e la variazione percentuale di nuovi casi: -2,7%.
La Liguria risulta un po’ in controtendenza: «Dopo cinque settimane – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – in Italia si arresta la discesa dei nuovi casi settimanali, nonostante un calo del numero dei tamponi dell’8,8% rispetto alla settimana precedente».
Nessuna delle province liguri entra in quelle in cui l’incidenza è superiore a 500 casi per 100.000 abitanti (sono 48).
Per quanto riguarda i vaccini la Liguria è a metà classifica sul totale di popolazione vaccinata con l’84% ad aver completato il ciclo.
Andando a vedere la copertura della fascia 5-11 anni la regione resta nelle retrovie con il quint’ultimo posto, pari al 24,9% ad aver completato il ciclo e il 4,2% in attesa di seconda dose.
Sulla terza dose la Liguria risale leggermente al quint’ultimo posto con l’80,8% di copertura vaccinale, segno che comunque chi si è vaccinato lo fa sino in fondo. Molti inoltre hanno fatto il Covid prima dell’appuntamento, anche per questo la percentuale non è più alta.
Vaccini: quarta dose. Al 9 marzo (aggiornamento ore 06.17) sono state somministrate 18.973 quarte dosi in Italia, attualmente indicate per le persone immunocompromesse che hanno completato il ciclo primario con tre dosi. In base alla platea ufficiale (n. 804.603), aggiornata al 1° marzo, il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 2,4% con nette differenze regionali: dallo 0% di Provincia Autonoma di Bolzano e Basilicata al 14,9% del Piemonte.
Sull’efficacia i dati dell’Istituto Superiore di Sanità dimostrano la riduzione dell’efficacia vaccinale a partire da 3 mesi dal completamento del ciclo primario e la sua risalita dopo la somministrazione del richiamo. In particolare: l’efficacia sulla diagnosi scende progressivamente dal 63% per i vaccinati con due dosi entro 90 giorni al 43,6% per i vaccinati da più di 120 giorni, per poi risalire al 62,5% dopo il richiamo;
l’efficacia sulla malattia severa scende progressivamente dall’85,1% per i vaccinati con due dosi entro 90 giorni all’82,1% per i vaccinati da più di 120 giorni, per poi risalire al 92,2% dopo il richiamo.
Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo (più eventuale dose di richiamo), rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce l’incidenza di diagnosi (del 58,2-76,2%), ma soprattutto di malattia grave (del 73,6-88,3% per ricoveri ordinari; del 78,1-91,7% per le terapie intensive) e decesso (del 78,7-90,4%).
«Il recente incremento dei nuovi casi – dice il presidente Nino Cartabellotta – consegue verosimilmente all’interazione di vari fattori: rilassamento della popolazione, diffusione della più contagiosa variante Omicron BA.2, persistenza di basse temperature che costringono ad attività al chiuso, verosimile calo della protezione vaccinale nei confronti dell’infezione dopo qualche mese dalla dose booster. In ogni caso, al di là delle motivazioni, i dati dimostrano che la circolazione del virus è ancora molto elevata: quasi 40 mila nuovi casi al giorno, oltre 1 milione di positivi e un tasso di positività dei tamponi all’11,4%. Serviranno 7-10 giorni per capire se la risalita della curva coincide con l’inizio di una nuova ondata, con successivo impatto sugli ospedali, o si tratta semplicemente un semplice rimbalzo. Nel frattempo, indipendentemente dalla scadenza dello stato di emergenza, è pura follia pensare di abbandonare l’utilizzo delle mascherine al chiuso, fondamentali per contenere il più possibile la trasmissione del contagio, vista anche la limitata efficacia del vaccino nel ridurre il rischio di infezione. Sul fronte delle vaccinazioni, considerato che un’ampia fetta della popolazione è suscettibile al contagio, rimane prioritaria la somministrazione del ciclo primario a 4,67 milioni di persone e del booster a 2,8 milioni, in particolare agli over 50 a rischio elevato di malattia grave».