Impennata dei prezzi dell’energia e delle materie prime e difficoltà di reperimento di figure professionali specializzate sono i due principali ostacoli che nel secondo semestre 2021 hanno messo un freno al ritmo di crescita dell’economia genovese. Una fase di espansione non lineare, secondo quanto emerge dai dati diffusi oggi dal Centro studi di Confindustria Genova, e che anche nel 2022 potrebbe subire alti e bassi, con l’inflazione prevista in ulteriore aumento. Tutto dipenderà dal raffreddamento del prezzo dell’energia e dall’evoluzione delle tensioni geopolitiche in Europa. Per ora il clima di fiducia delle imprese segue una tendenza in calo e anche i nuovi investimenti, per il momento, sono considerati a rischio.
Umberto Risso, presidente degli industriali genovesi, guarda però il bicchiere mezzo pieno: «Sono dati realistici, ma non vorrei si configurassero necessariamente come elementi negativi – spiega – La prospettiva è ancora positiva e la messa a terra degli investimenti del Pnrr, che si configurerebbero come nuovi bandi e appalti, potrebbe contribuire a spingere ulteriormente questa ripresa, che – ricordo – è ancora in atto, anche se con qualche ostacolo. L’aumento dei costi dell’energia ha molte cause, soprattutto geopolitiche: se si dovessero attenuare, ne deriverebbero una cessazione degli aumenti e un graduale ridimensionamento dei prezzi».
Ripresa meno intensa
A Genova industria e servizi sono cresciuti più lentamente nel secondo semestre 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020 (fatturato Italia +7,5%, estero +3,8%), frenati dai rincari «che hanno fatto sì che la bolletta energetica delle imprese schizzasse dagli 8 miliardi del 2019 ai 20 miliardi», sottolinea il responsabile del Centro Studi di Confidustria Genova, Giacomo Franceschini. Gli ordini in Italia aumentano dell’3,8%, quelli all’estero del 6,1%. Traina l’industria manifatturiera, +6,6% la produzione, +8,9% il fatturato Italia e +5,2% il fatturato estero, «con alcuni settori che fanno più fatica, come carta, plastica e chimica, che accusano maggiormente i rincari delle materie prime», precisa Franceschini. Il costo delle commodity e dei semi-lavorati segna un aumento dell’8,4%. Aumenti di fatturato anche nei servizi: logistica (+5,7% Italia e +3% estero) e turismo (+35,2% fatturato Italia, +12,5% estero), ma secondo Confindustria entrambi i settori devono ancora scontare le ripercussioni dei fattori di rallentamento economico, tuttora in corso.
Una ripresa che rischia quindi di non consolidarsi completamente nel corso del 2022, a Genova così come nell’intero Paese. Nonostante questo, le previsioni per il 2022 del Centro Studi di Confindustria sono di una crescita, seppur decisamente inferiore rispetto a quella del 2021: +4,1% del Pil nazionale, +3,5% l’aumento dei consumi, +9,6% gli investimenti, +7,7% l’export, +3,5% l’occupazione. A Genova le prospettive per il primo semestre dell’anno sono del +2,1% per il fatturato e di un lieve +0,6% degli occupati in organico. Negative le stime sugli ordini (-1,5%) e sulle esportazioni (-2,5%).
Nel 2021 le imprese genovesi hanno rinunciato a 8.700 assunzioni
Gli ostacoli alla ripresa, sottolineano gli industriali, non riguardano solo l’aumento dei costi dell’energia e delle commodity: «Sembra paradossale – osserva Risso – ma le imprese hanno una forte difficoltà a trovare figure professionali specializzate: esiste un gap tra domanda e offerta di lavoro che non si riesce a colmare».
Dagli operai specializzati, ai conduttori di impianti, professionisti dell’it, sono circa 8.700 le persone che nel 2021 le imprese del territorio genovese avrebbero voluto assumere, ma senza riuscirci (dati Anpal-Bollettino Excelsior). «Non è necessariamente detto che siano figure mancanti nel mercato del lavoro: possono esserci anche altre motivazioni alla persistenza di questo gap – osserva Guido Conforti, direttore generale di Confindustria Genova – Resta il fatto che c’è una forte differenza tra il numero di persone che le imprese hanno intenzione di assumere e quello degli ingressi effettivi nel mondo del lavoro». Nel dettaglio, mancano 3.360 persone nelle professioni tecniche, 2.040 operai specializzati e artigiani, 1.740 conduttori di impianti e operai, 1.600 figure professionali nel settore delle professioni intellettuali, scientifiche e a elevata specializzazione. «Tra le figure più richieste e più difficili da trovare – aggiunge Conforti – i tecnici nel settore della salute e i tecnici in campo ingegneristico».
Una più stretta collaborazione tra formazione e imprese potrebbe sopperire a questa mancanza. In particolare, in Liguria sono già in atto diverse collaborazioni tra alcuni dei sei its della regione e grandi aziende manifatturiere: è il caso dell’its della Spezia, che ha stretto un accordo con Acciaierie d’Italia, con una garanzia occupazionale del 60%. «Questi istituti in Italia formano 5 mila giovani all’anno – ricorda Guido Torrielli, presidente di Its Italy – Il Pnrr destina 1,5 miliardi al sistema its, destinando le risorse a corsi, laboratori, orientamento e formazione. L’obiettivo è di formare 25 mila giovani all’anno entro il 2026. In questo momento il principale problema è attrarre i giovani negli its, che garantiscono un tasso di occupazione compreso tra l’80 e il 90%».