«L’attività manifatturiera e in genere la produzione devono iniziare subito, il 4 maggio è già troppo tardi, stiamo rischiando di compromettere seriamente il nostro tessuto produttivo, con gravi conseguenze non solo sul piano economico ma anche su quello sanitario». È il parere di Alessandro Giglio, presidente e amministratore delegato di Giglio Group, intervistato da Liguria Business Journal.
«Dobbiamo stabilire delle priorità – afferma Giglio – e, in base a esse, formulare una strategia. Mi sembra invece che l’orientamento di chi governa sia quello di andare avanti in maniera confusa, cercando di dare un po’ all’economia e un po’ alla alla salute. Allora io dico: devono ripartire tutte attività produttive, le fabbriche. I professionisti possono anche lavorare da remoto ma le fabbriche dove si devono cucire dei cappotti o montare dei bulloni hanno bisogno della presenza delle persone, tutte le filiere produttive, di fornitori eccetera devono essere attive: chi fa, chi produce o ripara per altri che a loro volta producono deve poter lavorare. Tutto ciò che è produzione, manifatturiero, Made in Italy da esportare nel mondo deve ripartire immediatamente, senza se e senza ma. Il 4 maggio è già troppo tardi. Con le dovute cautele ma senza ridicolaggini come le limitazioni di spostamento. E poi dall’altra parte bisogna tenere fermo o limitare tutto ciò che non è indispensabile alla ripresa economica del Paese».
Il costo della paralisi produttiva, secondo Giglio, può essere enorme non solo sul piano economico ma anche quello della stessa salute.
«Ci sono alcuni settori – precisa – che faccio fatica a immaginare possano avere una ripresa immediata ma il fatturiero deve ripartire immeditamente. Con le dovute precauzioni ma anche a costo di alcuni rischi. Quando avvengono le grandi depressioni economiche cresce in misura notevole il numero dei morti e dei malati perché la gente non ha più i soldi per curarsi, il sistema sanitario va in crisi, peggiorano le abitudini alimentari. Non è che se noi preserviamo la salute ora bloccando l’economia, abbiamo la certezza di avere fatto un buon lavoro in termini di vite umane risparmiate. Potrebbe essere che salviamo vite dal Covid e ne perdiamo altre per denutrizione o carenza di cure, avitaminosi, eccetera. È un equilibrio delicatissimo. I dati usciti dopo la grande crisi causata dalla Lehman Brothers e anche quelli relativi alla crisi italiana, dimostrano che la mortalità era aumentata. Il bilancio umano se paralizziamo ancora il nostro tessuto produttivo, sarebbe terribile. Senza dire liberi tutti, intanto devono ripartire immeditatamente, ora, le attività produttive».
Secondo l’imprenditore genovese il governo ha sbagliato nella gestione dell’emergenza e tuttora procede in modo confuso.
«La fase 2 la prevedo la molto confusa, come tutte le decisoni prese dal nostro governo. Abbiamo 470 esperti e ancora oggi si vive nell’incertezza. Io ho contatti con grandi aziende di moda che non solo hanno perso la stagione di primavera-estate ma vedono a repentaglio anche quella di autunno e inverno 2020-2021 perché non ci sono campionari. Non è stato possibile produrli. Purtroppo chi in questo momento ci deve guidare magari ha anche buone intenzioni, ma ha scarsa esperienza, non ha contatto con il mondo industriale, si è circondato di commissari su commissari, vorrei sapere come riusciranno a sentirne 470. Siamo pieni di esperti eppure condannati all’improvvisazione. Cito un solo un solo esempio: vi ricordate quando si inziava a parlare del Coronavirus? Si è deciso di bloccare gli aerei provenienti dalla Cina in modo tale che non abbiamo avuto più controllo sui passeggeri, che arrivavano lo stesso da quel Paese, ma passando per altri scali. In più ci siamo trovati con il problema che, non avendo più aerei dalla Cina, non avevamo neanche la capacità di trasporto di merci da quel Paese, fondamentale per i respiratori e le mascherine, Così ci siamo trovati con la barzelletta per cui il governo italiano per un mese cercava disperatamente repiratori e mascherine e non li trovava».
Altro errore iniziale sottolineato da Giglio: «Politici, virologi, esperti, professori, primari che dicevano: ‘non usate le mascherine, non servono a niente’. Se invece avessimo fatto come la Corea e la Cina che fin dal primo momento hanno adottato le mascherine, probabilmente si sarebbero salvate migliaia di persone».
Giglio non risparmia critiche a chi attualmente guida il Paese a tutti i livelli: «L’approssimazione e il dilettantismo di chi dovrebbe presidiare l’organizzazione del nostro Paese a tutti i livelli, politici, amministrativi, possono spiegare perché il nostro Paese rispetto alla Germania ha registrato un così alto numero di morti. Quando dicono che in l’Italia è stata presa a modello per l’emergenza bisogna dire che forse ci hanno preso a modello per le cose da non fare. Certo, anche gi altri hanno commesso degli errori, pensiamo al governo inglese, che dalla Brexit in poi secondo me ha dimostrato di avere una classe politica se possibile peggiore della nostra, e anche la Fancia non è stata brillante. E neppure Trump ha dato segni di grande efficienza. Ma il tema vero è che se tutti o molti sono stati colti di sorpresa e accomunati da errori nella fase iniziale, la nostra gestione è stata particolarmente fallimentare in quella successiva: siamo stati i primi a entrare nel lockdown e probabilmente gli ultimi a uscirne, coun un saldo di perdite umane terrificante e dopo avere azzerato per mesi il pil. L’Europa avrà una contrazione del pil del 2% e noi del 9, è evidente che abbiamo sbagliato più degli altri».
In sostanza, quali sono gli errori principali delle nostre autorità? «Intanto dovevano fin dall’inizio incentivare l’uso delle mascherine, e così avremmo posto un bel freno al contagio, quindi non avremmo dovuto interrompere l’attività delle aziende produttrici, specialmente di quelle che esportano nel mondo e ora rischiano di perdere quote di mercato con la ripresa, pensiamo a chi fornisce componenti all’industria tedesca e potrebbe essere sostituita da un’azienda di un altro Paese. Andavano prese le giuste precauzioni sanitarie senza chiudere le aziende. Poi c’è una lentezza nel prendere le decisioni che ha conseguenze gravi. Per esempio io ho fatto una proposta molto modesta che poi fortunatamente è stata accolta, quando avevamo i problemi su come importare i respiratori le mascherine, noi tra l’altro abbiamo procurato alla Regione 6 milioni di mascherine in 24 ore, ma non si trovavano mezzi di trasporto. La nave è troppo lenta, gli aerei non erano in grado di soddisfare la richieste, allora ho detto: ‘ma perché non usiamo gli aerei Alitalia che sono fermi e costano al contribuente milioni di euro al giorno? Mandiamoli avanti indietro con la Cina’. Poi, grazie al cielo, questo si è fatto ma con grave ritardo rispetto a quanto si porebbe fare. Tempi di risposta troppo lenti, se si fosse impiegata immediatamente l’Alitalia, respiratori e mascherine sarebbero arrivati due settimane prima».