Le focaccette al formaggio sono un piatto tipico del levante genovese, consumato soprattutto in primavera e nelle festività pasquali. Conosciamo soprattutto quelle di Megli, frazione collinare di Recco, dove sono protagoniste di una sagra estiva, ma altre sagre delle focaccette si tengono a Sussisa di Sori, Capreno, Ruta di Camogli. Insomma, nell’entroterra del Levante ligure questo piatto è diffuso e sembra parente della celebre focaccia al formaggio di Recco.
E come alla focaccia di Recco, alle focaccette sono state attribuite origini antichissime: pare che siano state offerte in un banchetto imbandito il giorno della Pentecoste del 1189 all’Abbazia di Capodimonte (San Fruttuoso) per celebrare la partenza dei crociati per la Terrasanta. La focaccia di Recco deve accontentarsi di un’origine un po’ meno antica: risalirebbe al Cinquecento, quando gli abitanti della costa all’arrivo di un’incursione di saraceni si rifugiavano nell’interno e, per nutrirsi e consolarsi delle prevedibili devastazioni lasciate dai pirati, si cucinavano delle fragranti focacce al formaggio.
Sarà. Sta di fatto che le focaccette risultano diffuse a partire dagli anni Settanta del secolo scorso e la focaccia di Recco è stata resa famosa dalla Manuelina, che iniziò a proporla nella sua osteria ai primi del 900 e fu poi imitata da ristoratori e commercianti del posto. È probabile che la straordinaria affermazione della focaccia al formaggio di Recco (oggi prodotto Igp) sia dovuta, oltre che alla sua bontà, al benessere del secondo dopoguerra e al conseguente afflusso di turisti in Liguria. Forse a fare la sua fortuna sono state più che le incursioni dei saraceni quelle dei milanesi. Non sarebero questi gli unici casi di orgini inventate. Si vedano in proposito “La cucina italiana non esiste” di Alberto Grandi e Daniele Soffiati (Mondadori) e “Denominazione di Origine Inventata-Le bugie del marketing sui prodotti tipici italiani” di Alberto Grandi (Mondadori).
Sui piatti liguri sono ancora diffuse leggende come quella per cui l’origine della farinata di ceci risalirebbe al 1284, quando le navi genovesi, dopo la battaglia della Meloria, si trovarono in una tempesta che squassò le stive, rovesciando barili d’olio e sacchi di farina di ceci. Olio e ceci, mescolati all’acqua di mare, avrebbero fatto intuire ai marinai la ricetta della farinata. Altra leggenda che ci sembra improbabile, il preboggion sarebbe stato inventato dal cuoco di Goffredo di Buglione durante la Prima Crociata (1096-1099): il cuoco avrebbe raccolto erbe commestibili per preparare la minestra al comandante e ai soldati: erbe per Buglione diventate “pro-boggion”. Le tradizioni inventate sono ricorrenti in ogni civiltà, rispondono al bisogno di identificazione degli individui in una comunità, di cui con la loro antichità nobilitano e legittimano le usanze. Per lo meno in cucina non fanno danni.
In sostanza, quel che sappiamo è che nel levante genovese si producono focacce e focaccette ripiene di formaggio molli. Oggi ci occupiamo delle focaccette. Che oltre a essere buone sono facili da preparare, non richiedono neppure quel po’ di cura che occorre per la lievitazione, perché non hanno lievito, la loro pasta è quella della torta pasqualina.
La ricetta
Ingredienti: 400 grammi di farina 00, 200 grammi di acqua, 4 grammi di sale, un cucchiaio di olio extravergine d’oliva, 400 grammi di stracchino (oppure prescinseua o crescenza), olio extravergine d’oliva q.b. per la frittura. Queste sono le proporzioni tra gli ingredienti, poi, ovviamente, ognuno deciderà la quantità dell’insieme.
Procedimento. Mescolate farina, acqua, sale e olio nella planetaria o in una ciotola. Lavorate il composto, a macchina o con le mani, per qualche minuto fino a farlo diventare omogeneo, liscio, elastico. Lasciatelo riposare un’ora circa coperto da una salvietta. Poi ponetelo sul piano da lavoro e, con un mattarello, ricavatene una sfoglia molto sottile. Procedete come per i ravioli alla genovese, mettete il formaggio sulla sfoglia a mucchietti di 50 grammi, distanziati di quattro dita l’uno dall’altro, ripegatevi la metà della sfoglia rimasta libera, chiudete, premete bene i lembi e ritagliate dei rettangoli con la rotella per i ravioli. Ora non resta che far riscaldare l’olio a 160-170 gradi (quando una briciola gettata nel tegame provoca bollicine intorno a sé), e immergervi le focaccette, poche per volta altrimenti la temperatura dell’olio scende troppo. Qualche minuto e le focaccette saranno gonfie, segno che bisognerà scolarle, salarle e servirle caldissime.
Alcuni aggiungono al ripieno pezzetti di salumi, oppure impiegano altri formaggi molli (come il gorgonzola) oltre a quelli che abbiano elencato. Noi preferiamo la versione tradizionale, più o meno antica che sia. Purché non si dimentichi di portare in tavola un buon Golfo del Tigullio Bianco.
Placet experiri!