Nato nel 2009 alla Spezia per promuovere la ricerca, l’innovazione e la formazione, attraverso la sinergia tra enti di ricerca e imprese, ormai con numerosi progetti portati a termine, oggi il Distretto Ligure delle Tecnologie Marine è arrivato a perseguire la propria vocazione soprattutto in ambito internazionale. Grazie anche alla partecipazione all’ambizioso progetto europeo Leviatad che ha l’obiettivo di creare il primo cluster europeo d’eccellenza nel settore della difesa navale e aeronavale attraverso la cooperazione tra i sei partner del progetto provenienti da quattro paesi europei. Ce ne parla Davide Ritarossi, project manager del Dltm (nella foto di apertura).
– Come si è formata questa proiezione internazionale del Dltm?
«Il Distretto è nato con la mission di porsi come hub regionale per l’aggregazione, la condivisione, il trasferimento di know how e tecnologie all’interno dell’ecosistema territoriale ligure, operando ovviamente in ambiente marino e marittimo, per promuovere l’innovazione e lo sviluppo delle nostre imprese. Ha la sua forza nella capacità di fare rete, di aggregare competenze e opportunità degli associati. Da questa constatazione e dal fatto che il tessuto economico regionale, come del resto quello italiano, è composto principalmente da piccole e medie imprese, è risultato evidente che per supportare l’innovazione delle nostre realtà associate era necessaria una dimensione internazionale. Ci siamo resi conto che il nostro Paese offre tante opportunità di sviluppo imprenditoriale attraverso la collaborazione, ma essa è molto più efficace e fruttuosa se va oltre i confini nazionali. Quindi il Distretto è rimasto fedele alla sua missione di fare rete, attraverso sinergie e cooperazione e in più si è dato anche una vocazione extranazionale, principalmente attraverso la partecipazione, l’elaborazione e la gestione di progetti a livello europeo. In questo momento abbiamo attivi due progetti e ne abbiamo molti di più in fase di candidatura. L’attenzione del Distretto è rivolta a due ambiti: la transizione energetica dei porti e soprattutto la difesa navale, un settore strategico in cui l’Italia e l’Europa devono ancora fare passi avanti».
– Come avete avete intravisto una possibilità di sviluppo in questo settore?
«Conta anche la nostra vocazione territoriale: insomma, noi qua alla Spezia abbiamo l’Arsenale, abbiamo una tradizione di presenza della Marina Militare. E la Marina Militare sta rinnovando la sua flotta, ha un forte bisogno di innovazione. Quindi ci siamo posti l’obiettivo di sviluppare un progetto in grado di andare incontro a questa esigenza che non è solo italiana: puntiamo alla creazione del primo cluster europeo nell’ambito della difesa navale».
– Qual è questo progetto?
«Si chiama “Level 1 Accelerator for Defence Sector”, l’acronimo è Leviatad, e i partner provengono da Belgio, Croazia, Francia, Italia. Possono partecipare ai bandi anche imprese e organizzazioni registrate in Bulgaria, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria. Il bando è stato aperto dal 3 luglio 2023 al 4 settembre 2023. Si concluderà il 31 agosto 2024. Selezionerà fino a 50 progetti, almeno 40 provenienti da Paesi membri del consorzio Leviatad. Il budget totale disponibile è di 1.013.071,52 euro, con una sovvenzione massima di 20.000 euro per progetto».
– L’Ue fornisce le risorse per il bando?
«Di base sì. A parte una percentuale di cofinanziamento che ci mettono le imprese, noi in particolare, i cluster coinvolti. E chi partecipa al bando propone soluzioni alle problematiche che emergono in questo processo di innovazione».
– C’è un elemento comune in queste problematiche?
«Con lo sviluppo prominente e prorompente della digitalizzazione serve un upgrade dei sistemi digitali navali in qualsiasi ambito, che si tratti di puntamento, di navigazione, di manutenzione o di impatto ambientale e questo è uno degli obiettivi che vogliamo raggiungere».
– Constatate delle esigenze e vi servite delle competenze degli associati?
«Siamo un soggetto aggregatore e abbiamo la fortuna di avere già all’interno della nostra organizzazione notevoli competenze in ambito navale, tanto per il management, quanto per le bioscienze. E quello che abbiamo cercato di fare attraverso questo progetto è allargare favorire la condivisione delle competenze esistenti e introdurne delle altre».
– Associati del Dltm come Fincantieri, Leonardo, Intermarine, Mbda e altri queste esigenze le conoscono bene…
«Certo, sono i driver della policy nazionale e hanno un respiro internazionale. Però anche le pmi esercitano una funzione di traino. Grazie a questa collaborazione le grandi imprese hanno la possibilità di implementare quelle che sono le idee e i processi sviluppati dalle piccole e medie imprese. Perché le grandi hanno processi decisionali notoriamente più lenti, farraginosi, che necessitano di confronti continui, le piccole e medie sono più agili nel decidere, nell’innovare. Il nostro ruolo è proprio quello di cercare di fare da ponte tra le piccole e medie imprese che offrono questa agilità e questa innovazione prorompente e di affiancarle alle grandi imprese per poi stabilire partnership, fruttuose sia per le piccole sia per le grandi. Le grandi si giovano dell’agilità delle piccole e d’altra parte possono supportarle nelle attività di internazionalizzazione».
– Che cosa intende per internazionalizzazione?
«Tutto quello che può riguardare la presenza dell’impresa in mercati stranieri europei, dell’Asia, dell’area del Pacifico, del Nord Africa, dell’America e permetterle di acquisire una conoscenza approfondita dei mercati target. Pensiamo ad attività di consulenza, allo scambio di merci, alla creazione di sedi distaccate in paesi lontani, alla partecipazione alle fiere specializzate. Di recente abbiamo stilato una lista delle fiere, degli eventi e delle conferenze più importanti nella difesa navale, ma anche nel dual use navale. Sono ovunque, ovunque, in qualsiasi continente e nella maggior parte dei paesi».
– La collaborazione può offrire alle pmi vantaggi anche in campo finanziario?
«Per quanto riguarda i nostri compiti, stiamo cercando di favorire il flusso di finanziamenti, prestiti o garanzie da un ente garante come può essere Sace verso le piccole e medie imprese. Poi è chiaro che se Sace vede che un gruppo di imprese si presenta insieme, per esempio, a Leonardo, ne terrà conto».
– Ci sono altri progetti che avete in corso?
«Rimanendo in ambito Leviatad, l’idea è quella di creare il primo Aero Cluster nella difesa. La fine del progetto in realtà sarà l’inizio della sfida, perché da quel momento si sarà formalizzata una partnership tra i partecipanti al progetto e le attività verranno sviluppate in maniera congiunta. Cerchiamo di sfruttare quelli che sono i risultati raggiunti per un’implementazione futura e sostenibile del progetto. Questo in ambito Leviatad, ma abbiamo già in corso altri progetti: stiamo lavorando con un partenariato tutto mediterraneo e del Mar Nero, anche con la Georgia, per sviluppare un percorso di training e certificazione delle competenze del personale che opera all’interno delle aree portuali. Abbiamo appena concluso da qualche mese svariati progetti nell’ambito del monitoraggio dell’ambiente marino, del supporto alle imprese che lavorano nell’acquacoltura, più ancora in passato ci sono stati progetti di formazione del personale, sempre delle piccole e medie imprese e degli enti di ricerca».
– E per il futuro?
«Abbiamo candidato per il momento tre progetti a due programmi europei diversi, uno è un programma di cooperazione regionale che coprirà tutta l’area che va da Grosseto fino alla Costa Azzurra, l’altro è un progetto per la valorizzazione delle waste water, degli scarti di acque derivanti da processi industriali. Valorizzazione nel senso di creare tecnologia ai fini della creazione di biofuel, idrogeno».