Precisiamo subito che questa ricetta genovese ottocentesca con lo storione non ha nulla a che fare. Da dove viene allora il suo nome? “Alla storiona” si cucinavano anche il tacchino e il cappone, con l’impiego, tra l’altro, di chiodi di garofano e noce moscata, che troviamo nella nostra ricetta. Può darsi che lo storione si preparasse in Europa (anche) con queste spezie. Oppure si potrebbe risalire alla Stiria, regione dell’Austria centrorientale: nella “Vera cuciniera” di Emanuele Rossi (prima edizione 1865) compaiono tacchino e cappone “alla stirianna” e anche qui sono presenti spezie orientali. Peraltro, nel ricettario del 1880 delle abbazie del Monte di Portofino (vedi “Dita di Nettuno”, a cura di Maria Carla Beretta, Edizioni Tiugullio), il lesso di dentice, con le sue spezie, è “alla storiona”.
Stiriana o storiona, il dentice speziato si cucinava lesso, avvolto in una salvietta e legato. Con i mezzi di oggi ci sembra più efficace e pratica una cottura al forno dentro un involucro di carta di alluminio.
Il dentice al cartoccio oggi di solito viene cotto, come altri pesci, con alcuni di questi ingredienti: patate, pomodorini, olive taggiasche, limone, cedro, basilico, capperi, scalogno, e altri. Le spezie sono scomparse, tranne il pepe, in alcuni casi. E allora perché questa ricetta? Proprio perché non è più praticata. Per conoscere un pezzettino di storia materiale del nostro territorio (relativo ai ceti abbienti, s’intende) e anche, chissà, per trovare qualche spunto nuovo.
Va fatta una premessa: il dentice, se campa abbastanza (arriva anche a una trentina d’anni) può raggiungere una lunghezza superiore al metro e oltre i 12 chili di peso. Nelle pescherie lo troviamo più spesso tra i 300 grammi e i due kg. Fino a 1-2 kg rende al meglio cotto sulla bistecchiera di ghisa o sulla griglia, o bollito, o in zuppa, oltre i due kg è più adatto alla cottura in forno, al cartoccio o al sale. È il nostro caso. Anche perché l’uso delle spezie richiede una buona pezzatura di questa polpa soda e gustosa, per profumarla senza prevaricare sul suo sapore.
Ingredienti: un dentice di due kg, 6 chiodi di garofano, un cucchiaino e mezzo di noce moscata grattugiata, un cucchiaino e mezzo di pepe bianco macinato, due cucchiaini di sale fino, olio extravergine d’oliva.
Procedimento. Eviscerate il pesce e squamatelo. C’è chi elimina la testa e sfiletta la polpa, a nostro avviso non è necessario, anzi: la testa, cuocendo dentro al cartoccio, aumenta il profumo all’interno. Si elimina dopo la cottura. Pestate i chiodi di garofano fino a polverizzarli, grattugiate la noce moscata, macinate il pepe e mescolate il tutto insieme al sale. Ungete con l’olio il dentice all’interno e all’esterno e poi conditelo all’interno e all’esterno con il mix di spezie e e sale. Avvolgetelo nel cartoccio di alluminio e mettetelo in forno quando la temperatura è sui 180-200 gradi. Per quanto riguarda il tempo, calcolate circa 25-30 minuti per chilo di peso. Per un dentice da 2 kg dovrebbe bastare un’ora, ma la variabilità è alta, dipende da molti fattori. Dopo una cinquantina di minuti aprite un pochino il cartoccio e, con i rebbi di una forchetta, provate a separare la polpa dalla spina centrale. Il pesce è cotto a puntino se la polpa è completamente bianca e non rosea, senza la minima traccia di sangue e si stacca facilmente dalla spina, pur rimanendo umida e tenera. Se così non è, richiudete il cartoccio e prolungate la cottura. Potete accompagnare il dentice con patate arrosto. E con un Riviera Ligure di Ponente Ormeasco Sciac-trà.
Placet experiri!
(Foto di apertura Di Etrusko25 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=35177655)