La Cia Savona cerca di fare chiarezza sulle rivendicazioni delle proteste e in particolare sulla reintroduzione dell’Irpef a carico delle imprese agricole, un tema “che ha preoccupato molti, ma in modo ingiustificato” si legge nella nota. L’attuale dibattito sull’Irpef non riguarda un’imposta sul volume di affari generato.
Viene ripercorsa la storia della manovra: “Con la legge di bilancio 2024, a dicembre scorso, il governo non prorogava la norma di temporaneo esonero dal pagamento dell’Irpef sui redditi dominicali e agrari introdotta dal governo Renzi nel 2016 quale risposta al settore agricolo che aveva subito calamità naturali, anche quell’anno purtroppo disastrose come nel 2023, e diverse crisi di settore con riduzione del numero degli agricoltori attivi”.
All’epoca era stato introdotto l’esonero dall’imposta sui redditi delle persone fisiche, che il settore agricolo pagava in modo semplificato e non analitico, ovvero sulla base delle rendite catastali, legate alla proprietà, e della rendita agraria, in relazione agli estimi del ministero delle Finanze-Agenzia Entrate riferiti alle colture in atto, moltiplicati per la superfice e per coefficienti di rivalutazione.
Tale sistema di pagamento dell’Irpef (tassazione catastale), fino a quando applicato prima del 2016, veniva neutralizzato in larga parte dal pagamento dei contributi Inps dei coltivatori attivi che sono oneri deducibili dal reddito nella dichiarazione fiscale con il modello unico. Di fatto i contributi previdenziali pagati nell’anno dal coltivatore/agricoltore erano superiori, nel 95% dei casi, al complessivo dei redditi dominicali e agrari rivalutati per questo alla fine l’Irpef dovuto era praticamente nulla.
Di fatto, la norma introdotta nel 2016, con l’esonero dal pagamento dell’Irpef per tutta la categoria agricola a prescindere dall’andamento dell’azienda, rimaneva comunque di portata effettiva irrilevante sulla situazione generale delle aziende agricole: l’imposta era neutralizzata dagli oneri contributivi Inps-Inail. E praticamente nessuno si accorse della questione.
“Una norma temporanea − rileva la Cia − che è stata poi prorogata fino a fine 2023, quando abbiamo fatto notare, come Cia, che la legge di Bilancio 2024 non la conteneva. Come non conteneva la proroga della riduzione contributiva per due anni ai giovani agricoltori che iniziano l’attività aziendale, anch’essa introdotta nel 2016 dal governo Renzi e sempre prorogata negli anni successivi. Il resto è storia recente che tutti leggiamo e seguiamo. Il governo sembra oggi disponibile a reintrodurre l’esonero Irpef in risposta alle proteste auto-organizzate da gruppi di agricoltori. Ben venga. Tuttavia non può essere presentata come una concessione di grande portata e di grande aiuto al settore agricolo in crisi”.
Ancor più importante per Cia far notare che l’argomento esonero Irpef, inserito tra le rivendicazioni della protesta dei trattori, ha generato molti equivoci: gli agricoltori hanno solidarizzato pensando che la fine dell’esonero volesse dire che l’agricoltura passava a tassazione Irpef sulla base del fatturato. E alcuni agricoltori hanno percepito questa come motivazione principale per protestare. “Niente di tutto questo era ed è all’orizzonte grazie anche all’azione silente e costante dei tecnici Cia nei confronti del ministero dell’Economia dove, anche la riforma fiscale allo studio, già avviata nel dicembre 2023, non contiene alcuna novità che possa far pensare a un cambio di sistema di tassazione agricola riferito al volume di affari e ai dati contabili. Si continuerà con la tassazione catastale quando cesserà eventualmente la proroga dell’esonero che il governo dovrebbe reintrodurre”.