L’industria italiana della nautica è cresciuta del 20% nel 2022 per un valore di 7,33 miliardi di euro. Lo conferma il report “La nautica in cifre“, analisi di mercato realizzato da Confindustria Nautica e Fondazione Edison e presentato nel primo giorno di Salone Nautico di Genova.
«Ci aspettavamo una crescita a doppia cifra − spiega Stefano Pagani Isnardi, direttore dell’Ufficio studi di Confindustria Nautica − avevamo dato delle indicazioni di un range tra una crescita tra il 15 e il 20% e abbiamo raggiunto esattamente il 20%. Abbiamo il vento in poppa e i dati sembra che ci diano conforto anche per gli anni futuri. Siamo i primi al mondo».
Nella “torta” degli ordini dei superyacht le aziende italiane ne attirano la metà. «Inoltre siamo primi anche sui grandi Rhib, Rigid Hull Inflatable Boat − dice Pagani Isnardi − primi sull’accessoristica e la componentistica, visto che vendiamo metà della produzione ai cantieri italiani e metà ai competitor stranieri che hanno fiducia quindi nelle nostre aziende. Questo è un dato eccezionale, che si riverbera chiaramente anche sulla filiera, sull’occupazione che segna come addetti diretti quasi un 9% di crescita sull’anno precedente quindi totale fiducia degli imprenditori nel futuro».
È stata una crescita molto rapida dovuta anche al fatto che il post pandemia ha attirato tantissime persone che magari non andavano in barca da tempo o che non avevano mai pensato di andarci. Il Covid ha creato nuove dinamiche nelle persone che si avvicinano al settore: sono più giovani, più attente all’innovazione, più attente alla sostenibilità e questo è un bene per l’industria che si sta rinnovando.
«Adesso − aggiunge Pagani Isnardi − sarà compito delle aziende riuscire a mantenerle nel settore perché abbiamo un indotto importantissimo col turismo nautico in Italia. Abbiamo dei moltiplicatori che superano il nove per gli addetti e il sette virgola cinque per il reddito, per cui significa che un euro investito nella cantieristica ne genera altri sette e mezzo e un addetto nuovo nella cantieristica ne genera oltre nove nella filiera, quindi è un comparto che tira, che va avanti bene e adesso c’è la necessità di continuare nella fiducia, non soltanto per la nautica di lusso».
La nautica dei superyacht ha ordini che vanno a dai due ai quattro anni per cui oggi chi ordina un grande yacht deve aspettare parecchio.
«Vedremo − auspica Pagani Isnardi − se questi saloni autunnali daranno conforto anche alle aziende meno strutturate che si occupano di piccola nautica, quelle destinate alla classe media, che chiaramente dopo una crescita fortissima che c’è stata negli ultimi anni, riuscirà a mantenere la fiducia dei propri acquirenti della propria clientela».
Per questo settore le dinamiche di vendita sono totalmente diverse: ci sono i dealer che devono decidere ora gli stock per la prossima stagione. «Speriamo che ci sia una fiducia anche in questo settore e che ci permetta di avere eh una crescita forte ma ben coordinata anche per le prossime stagioni».
Un altro dato che per Confindustria Nautica è eccezionale è quello dell’export. «Il primo semestre dell’anno − anticipa Pagani Isnardi − sembra aver toccato nuovi record che arrivano a 3,7 miliardi di euro di unità da diporto prodotte in Italia ed esportate nel mondo. È un record storico che ci consolida come primo esportatore mondiale di unità da diporto, quindi barche e yacht».
Il 2022 è stato comunque un ritorno a livelli di crescita più normali del +30% del 2021. «Probabilmente il 2023 sarà ancora a doppia cifra − dice Pagani Isnardi − lo scopriremo a fine anno, ma più che una frenata è un adattamento a delle curve di crescita che comunque non erano sostenibili per lungo periodo, soprattutto per la catena della fornitura che è già ingolfata per ragioni esterne».
Un record dopo l’altro che Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, spiega così: «Il settore ha un successo quasi che si autoalimenta, nel senso che più l’industria italiana appare chiaramente la leadership assoluta di questo segmento di mercato della nautica da diporto in modo particolare nei superyacht e comunque nelle imbarcazioni di un certo rilievo dal punto di vista dell’investimento, del design e più il mercato mondiale poi vuole i marchi italiani, vuole avere la sicurezza che la propria imbarcazione, che è un investimento comunque importante, sia garantita da un’esperienza, da una tecnologia come quella dell’Italia.
La sfida è di mantenere questo standard ma il fatto che gli ordini di molti cantieri siano ormai prolungati al 2025 in alcuni casi addirittura fino al 2027 dimostra che il mercato di questo tipo di prodotti crede nell’Italia e punta sull’Italia, anche a costo di veder ritardate le consegne, perché le capacità produttive in questo momento sono saturate, cioè c’è più domanda di quanto noi riusciamo a rispondere, ma non di meno il mercato non si rivolge altrove, ma preferisce aspettare perché una barca italiana non vale più di qualunque altra barca in questo segmento di mercato.
Il numero simbolo è che ormai siamo vicini ai 4 miliardi di euro di esportazione nella nautica da diporto, i dati dell’Istat ci dicono che negli ultimi dodici mesi terminanti nel mese di giugno di quest’anno, quindi da luglio del 2022 a giugno del 2023 siamo arrivati a 3,6 miliardi di euro, che vuol dire che i quattro miliardi sono ormai alla nostra portata».