Una delegazione nazionale dell’associazione Nessuno Tocchi Caino ha effettuato una visita nel carcere di Marassi per verificare le condizioni della struttura e dei servizi. Insieme a loro anche i consiglieri regionali Gianni Pastorino (Linea Condivisa), Pippo Rossetti (Partito Democratico), Selena Candia (Lista Sansa) e i consiglieri comunali di Genova Filippo Bruzzone e Francesca Ghio (lista Rosso Verde).
«Ho apprezzato la disponibilità al dialogo con la delegazione che ci ha accolto fornendoci informazioni sul carcere − dice Pastorino −. La struttura sembra ben organizzata al suo interno anche se permangono alcune criticità oggettive con spazi ristretti e sovraffollamento: su una capienza regolamentare di 550 detenuti il carcere ad oggi ospita 704 detenuti e non ci sono state date risposte circa l’applicazione della riforma Cartabia rispetto alle pene sostitutive e alle pene detentive brevi».
«Ho chiesto di vedere l’area sanitaria, tenuta in maniera ordinata e pulita − spiega il consigliere −. Si evidenza un impegno positivo da parte degli operatori sanitari ma è evidente una carenza di posti letto, una sottostima di personale medico, infermieristico e tecnico. In particolare è necessario implementare alcune specialità mediche che trovano una casistica più frequente all’interno della casa circondariale. Il carcere di Marassi resta comunque un punto di riferimento sanitario per l’intera regione e la situazione è senz’altro migliore rispetto ad altre realtà carcerarie».
«La visita conferma i problemi strutturali delle carceri italiane, che non risparmiano Genova − aggiunge Candia − Anche a Marassi mancano spazi per la detenzione e luoghi per le attività educative. Ma c’è anche una mancanza cronica di personale, soprattutto penitenziario. Grazie all’associazione Nessuno Tocchi Caino si riesce a tenere alta l’attenzione su questi temi, troppo spesso trascurati dalle istituzioni. In Regione dobbiamo favorire la formazione delle persone in carcere, per assicurare loro un futuro terminata la pena».
«È evidente che per far sì che la pena sia educativa e finalizzata al reinserimento dei detenuti nella società si debba aprire una più stretta sinergia tra Regione, Comune e la casa circondariale − conclude Rossetti − Bisogna sviluppare un progetto per sostenere la formazione professionale e aumentare la collaborazione con artigiani e imprese che operano nel carcere per dare occupazione ai detenuti. Farli lavorare fuori dal carcere permette loro di professionalizzarsi e relazionarsi con l’esterno per una pena che non sia solo punitiva, ma soprattutto riparativa. Questo richiede una task force territoriale con risorse adeguate e il coinvolgimento delle istituzioni e le associazioni del terzo settore. Si deve lavorare affinché carcere e città non siano due mondi estranei, ma si integrino tra di loro, per consentire ai detenuti di essere impegnati e svolgere attività con profili professionalizzanti creando benefici sociali e concreti all’interno della città».