Le sette cavalle dell’Aveto nell’ottobre 2022 sono state catturate a 1000 metri di quota e non in prossimità di Perlezzi ed erano destinate a un allevamento equino di Imperia, non a verifiche sanitarie. Se la Regione intende davvero considerare la presenza dei cavalli selvaggi dell’Aveto non un problema ma una risorsa turistica può utilizzare l’esperienza e gli studi che sono alla base del progetto “Wildhorsewatching” anziché erigere muri. Così Evelina Isola, naturalista, responsabile e cofondatrice insieme a Paola Marinari del progetto “Wildhorsewatching”, che da anni si occupa di tutelare e valorizzare la presenza sul territorio dei cavalli selvaggi dell’Aveto commenta quanto dichiarato in consiglio regionale dal vicepresidente e assessore all’Agricoltura della Regione Liguria Alessandro Piana (vedi qui ).
Piana ha dichiarato che gli animali che si trovavano in prossimità dell’abitato di Perlezzi, sono stati dapprima radunati nell’area della Malga Perlezzi, poi trasferiti in un recinto a Bocca de Moà per le necessarie verifiche sanitarie dal personale competente della Asl4. Una volta identificati dall’autorità sanitaria con microchip la proprietà degli stessi è stata attribuita al Comune di Borzonasca, quindi sono stati rilasciati.
«Mi sembra una ricostruzione della vicenda quanto meno parziale. L’assessore forse non ricorda gli svariati articoli di giornale in cui lo stesso allevatore Enrico Spalla dichiarava di essere stato contattato da Regione e Comune di Borzonasca per portare i cavalli al suo allevamento di equini a Imperia dove avrebbe utilizzato le giumente come riproduttrici per la sua attività. Sarebbe interessante sapere da chi è arrivata l’autorizzazione alla cattura e chi aveva contattato l’allevatore per prendersi i cavalli. O forse passava di là per caso? Per ottenere la liberazione è dovuta intervenire l’onorevole Brambilla. Quindi la liberazione che lui racconta è stata la diretta conseguenza del clamore mediatico a seguito della nostra segnalazione. E sicuramente non quanto in programma fin dall’inizio. Ricordiamo inoltre che esiste una documentazione fotografica che attesta la cattura a più di 1000 m di quota e non in paese».
L’assessore ha ricordato che questa amministrazione è la prima ad aver stanziato dei fondi appositi per la sicurezza e la sanità animale e che è in corso uno studio per garantire il benessere animale e per tutelare la sicurezza degli abitanti e le colture agricole.
«Se è vero che questa amministrazione ha stanziato dei fondi regionali per la gestione dei cavalli, non è corretto dire che sia stata l’unica in generale. Infatti, grazie all’assessorato alla sanità della precedente Giunta, il Ministero della Salute aveva finanziato 105 mila euro per un progetto di monitoraggio coordinato dall’Istituto Zooprofilattico, in collaborazione con la Asl4 e il Dostav dell’Università di Genova. Io stessa, come incaricata dell’Università, ero coinvolta nei monitoraggi e nel tavolo tecnico allora istituito. In quell’occasione, avevamo proposto un progetto di contraccezione sulle femmine, che fu scritto dal professor Camillo dell’Università di Pisa, in collaborazione con Izs, Asl4 e il dipartimento di Bioetica dell’Università di Genova. Fu inviato al ministero dalla Regione, e il ministero chiese di fare richiesta di importazione del farmaco alla Regione Liguria, ma da allora non se ne è più saputo nulla. Pensavo che, finalmente dopo anni che proponevo questa soluzione, insieme al confinamento di diverse aree in zone strategiche, l’approccio della contraccezione potesse vedere la luce. Ma poi nulla. Va inoltre citato lo stanziamento diretto da parte della Regione Liguria nel 2009 di 70.000 euro per un protocollo d’intesa che prevedeva la cattura, le analisi e l’adozione dei cavalli. Durante le catture e il trasporto diversi cavalli persero la vita, cosa che portò all’intervento dell’allora ufficio tutela animale del Ministero della Salute. Dopo anni di censimenti, sei tesi dell’Università di Genova e una da Parma e tre pubblicazioni a congressi, gli unici dati su questi cavalli, sul loro territorio, sull’eco-etologia e le dinamiche di popolazione sono quelli raccolti da me e i miei studenti. Ho più volte dato la disponibilità alla Regione per la condivisione di quanto appreso in questi anni, ma non ho mai avuto nessun feedback. Sarebbe l’ora di aprirsi alla collaborazione anche con chi ha l’esperienza di anni di studio su questo caso, anziché erigere muri».
In ogni caso l’assessore ha dichiarato che l’intenzione della giunta è di considerare la presenza dei cavalli dell’Aveto non un problema ma una risorsa per il turismo.
«Finalmente! È quello che diciamo da dieci anni e che porto avanti con successo dal 2013 con il progetto “Wild Horsewatching – I Cavalli Selvaggi dell’Aveto”, che da allora è un marchio registrato. Forse l’assessore si è ispirato ai comunicati, articoli, servizi televisivi e documentari che in questi anni sono usciti sul nostro progetto? Perché di certo non è una sua idea! O quanto meno arriva molto tardi».