In Liguria si concentra circa il 50% della produzione italiana dei grandi yacht. Stefano Pagani Isnardi, responsabile dell’ufficio studi di Confindustria, sottolinea l’importanza del polo produttivo ligure a margine della presentazione del volume “La nautica in cifre” al 62esimo Salone Nautico.
Come già annunciato dal presidente Saverio Cecchi il valore della produzione è arrivato a 6,110 miliardi (+31,1%), 26.350 mila gli addetti diretti, aumentati del 9,7% e la filiera conta in tutto 190 mila occupati. Una produzione nazionale per export che vale 3,98 miliardi (+33,7%), 1,96 nel mercato italiano (+25,8%). Il contributo al pil nazionale è di 5,14 miliardi (+31,4%) e il peso rispetto al pil nazionale sale al 2,89% (+0,52%).
Si tratta del terzo risultato migliore dal 2000 (2007 e 2008 erano andati leggermente meglio) e del settimo anno consecutivo con crescita a doppia cifra.
Nel fatturato le nuove unità da diporto pesano il 61,1%, seguono gli accessori con il 25,8%, i motori con il 7,3% e il refit/riparazione e rimessaggio con il 5,8%.
La filiera della nautica è molto lunga e Pagani Isnardi rivela che un addetto della cantieristica ne genera altri 9 negli altri settori. «Un moltiplicatore di 9,2 che raramente si trova in altri settori»
In un mercato così in espansione è difficile trovare ulteriore manodopera specializzata: «È ciò che fa la differenza rispetto ad altri produttori – spiega Pagani Isnardi – trovare personale in questo momento di crescita e arricchire ancora la capacità aziendale è complicato. Per questo Confindustria Nautica è andata incontro alle nostre imprese creando il portale-bacheca jobsearch per far incontrare domanda e offerta.
In un momento così positivo la carenza di materie prime può rallentare qualche consegna, ma siccome la produzione è su base annuale per la piccola nautica e pluriennale sui grandi yacht, è possibile per i cantieri fare una programmazione adeguata. «I costi energetici sono impattanti − dice Pagani Isnardi − è ovvio che non siamo un’industria così energivora, ma se andiamo sul settore del turismo nautico l’impatto c’è eccome. Vero è che le barche sono una passione e a volte si cerca di bilanciare passione e contingenza». Il 2022 sarà sicuramente positivo «Non arriverà al +30% del 2021, ma sarà ancora importante e per gli anni successivi questi order book avanzati nel tempo riusciranno a dare ancora una crescita a cui poi seguirà una stabilizzazione».
Il polo produttivo dell’alto Mediterraneo
Per quanto riguarda il polo produttivo dell’alto Mediterraneo l’export complessivo, pari a 2,2 miliardi di euro nel 2021, si è diretto per l’86,9% verso i mercati extra Ue (1,9 miliardi) e per il rimanente 13,1% verso i Paesi dell’Ue (con 289,3 milioni di euro). Rispetto al 2020 l’export del distretto è cresciuto del 16,2%, con la componente intra europea in flessione del -10,4%, mentre l’export diretto al di fuori della Ue è cresciuto del 21,7%: è dunque aumentato il peso della componente extra UE (che nel 2020 era infatti pari
all’83%), mentre è diminuito quello intra Ue (pari al 17% nel 2020).
Quanto ai principali Paesi di destinazione, riassunti dalla tabella 3.25 che riporta i primi 15 mercati di sbocco nel 2021, 11 sono extra Ue (di cui 9 al di fuori anche
dell’Europa) e solo 4 Ue, in coerenza con quanto detto sopra. Nel complesso i 15 Paesi assorbono ben il 92,5% dell’export dell’intero distretto (pari a 2 miliardi
di euro in valore assoluto), così suddiviso: 82,2% verso gli 11 Paesi extra Ue; 10,3% verso i 4 Paesi Ue. Ai vertici della classifica troviamo 4 Paesi extra Ue che,
nell’ordine, sono Stati Uniti, Isole Cayman, Isole Marshall e Regno Unito: verso questi soli 4 Paesi si dirige il 66,3% dell’intero export del distretto. Il peso di ciascuno di questi 4 Paesi nell’export complessivo del distretto è descritto anche dalla figura 3.17: per gli Stati Uniti (38,2%) e le Isole Cayman (14,6%) – che presi singolarmente pesano anche più dell’intera Ue-27 in termini di export – non vi sono grandissime variazioni rispetto all’anno precedente (quando il loro peso
nell’export del distretto era rispettivamente del 41,9% e dell’11,5%); discorso diverso per le Isole Marshall e il Regno Unito che invece hanno aumentato di molto la loro incidenza, passando le prime da una quota del 2,5% a una dell’8,0% e il secondo da una quota del 2,1% a una del 5,5%. Non a caso le Isole Marshall e il Regno Unito sono saliti al terzo e quarto posto della classifica
delle principali destinazioni dell’export distrettuale rispetto al settimo e ottavo che occupavano nel 2020.
Tra gli altri mercati di sbocco hanno acquisito maggiore importanza la Francia, la cui quota sull’export complessivo del distretto è salita dallo 0,8% al 3,8%; l’Australia, passata da un’incidenza percentuale dello 0,7% a una del 2,8%, e la Turchia, la cui incidenza è cresciuta dall’1,0% al 2,6%. Hanno invece perso rilievo Malta, il cui peso si è ridotto dal 10% al 4,2%; le Isole Vergini Britanniche,
passate da un’incidenza del 9,1% a una del 3,6%; anche Hong Kong ha perso qualcosa, riducendo il suo peso dal 4,3% al 3,6%. Queste le variazioni che hanno
interessato i mercati più rilevanti, ossia quelli aventi un valore di export superiore ai 50 milioni di euro. Tali dinamiche hanno in parte modificato la classifica delle principali destinazioni dell’export del polo produttivo
dell’Alto Mediterraneo, che nel 2021 appare così composta: al primo e secondo posto si confermano gli Stati Uniti (843,6 milioni di euro di export) e le Isole Cayman (322,5 milioni); come accennato più sopra, le Isole Marshall (175,9 milioni) e il Regno Unito (120,6 milioni) salgono entrambi di quattro posizioni,
divenendo terze e quarto rispettivamente; Malta (91,6 milioni) ne perde due, ritrovandosi quinta; la Francia (83,1 milioni) ne guadagna ben otto, divenendo sesta; Hong Kong (79,7 milioni) ne perde una, collocandosi al settimo posto; le Isole Vergini Britanniche (79,5 milioni) ne perdono quattro, scendendo all’ottavo posto; al nono posto fa il suo ingresso l’Australia (61,7 milioni); la Turchia (57,9 milioni) sale al decimo, guadagnando tre posizioni; Cipro (31,4 milioni) si inserisce all’undicesimo posto; la Svizzera (26 milioni) sale di tre posizioni,
occupando il dodicesimo posto; infine, il Belize (23,1 milioni), la Repubblica Popolare del Congo (23 milioni) e la Spagna (20,2 milioni), si inseriscono rispettivamente al tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo posto. Rispetto al 2020, dalla classifica dei principali Paesi di destinazione sono usciti l’Algeria, i Paesi Bassi, Gibilterra, la Croazia e la Grecia.
Quanto alle performance, fatta eccezione per Malta, Hong Kong e le Isole Vergini Britanniche (che flettono rispettivamente del -52,0%, -2,9% e -53,9%) per gli altri Paesi sono tutte ampiamente positive.