«La morale è la debolezza del cervello» aveva scritto Arthur Rimbaud. Precisamente: «La morale est la faiblesse de la cervelle. Acquise sans aucune reflexion, elle s’imprime en nous à nos dépens. Elle est un danger si elle n’est attuénuée par la pensée raisonnable». (Une saison en enfer, 1873). Una riflessione che viene in mente a proposito della vicenda che a Genova ha portato il capogruppo del Pd in consiglio comunale, Alessandro Terrile, a rinunciare alla candidatura alle prossime amministrative.
Com’è noto, Terrile era stato nominato, con l’appoggio del presidente dell’Autorità portuale Paolo Emilio Signorini, amministratore delegato dell’Ente Bacini. Signorini è considerato di area centrodestra, vicino a Toti in particolare, e la nomina del consigliere del Pd ha suscitato malumori tra le forze della maggioranza che sostengono Bucci a Genova e Toti in Regione. Perché Signorini ha scelto Terrile? Ha voluto marcare la propria indipendenza rispetto alla sua area, o sta cercando alleati nel centrosinistra per allargare la base dei consensi ai propri progetti? Oppure, semplicemente, avendo conosciuto Terrile che, come avvocato, ha assistito alcune società del settore, lo ha apprezzato e ha deciso di metterlo a capo di una azienda importante per l’economia portuale? Non lo sappiamo. Ma sembra non lo sappiano neppure quelli che, nello stesso schieramento di Terrile, hanno criticato la sua nomina.
Europa Verde, Lista Sansa e Linea Condivisa, alleati del Pd nella campagna elettorale, in una nota comune hanno dichiarato che «i consiglieri comunali devono fare solo l’interesse della città. Tutta. Mentre un amministratore delegato – e di un’impresa così importante! – deve essere fedele alla sua azienda e curarne gli interessi». Si teme, in sostanza, una sorta di conflitto di interessi. E qui la morale non sembra si sia confrontata con la ragione come suggerisce Rimbaud. Perché il principio applicato a Terrile – che del resto in caso di incarico in giunta avrebbe potuto dimettersi da Ente Bacini – porterebbe a escludere da candidature in Comune qualsiasi professionista abbia a che fare con vicende che potrebbero diventare oggetto di interesse comunale. Avvocati, ma anche ingegneri, architetti… Per non parlare dei dipendenti di enti pubblici. Nel loro caso, per evitare ogni sospetto sarebbero necessarie le dimissioni. Non la sospensione, la messa in aspettativa, eccetera. Dimissioni, rinuncia a vita. E, a ben vedere, il sospetto di conflitto di interesse potrebbe riguardare non solo l’elettorato passivo ma anche quello attivo. Un dipendente comunale potrà votare serenamente un candidato sindaco o consigliere? E se nella sua scelta tenesse conto del trattamento che si aspetta dal candidato nei confronti della sua categoria? Lo stesso vale per un dipendente regionale o statale. E per esponenti di categorie professionali. Anche per i disoccupati, ovviamente. Alla fine, chissà chi potrebbe votare ed essere votato.
Il risultato della vicenda è che il consiglio comunale perde la candidatura di un professionista stimato e di un politico che ha dimostrato nei fatti di pensare all’interesse della città più che al suo o a quello del suo partito. Ricordiamo Terrile, nel novembre del 2016, scontrarsi con la Fiom – bacino elettorale tradizionalmente della sinistra ma ambito, con crescente successo, anche dalla Lega (vedi qui la vicenda della mostra sulla storia dell’Ilva che Lega e Fiom volevano a tutti i costi fosse realizzata, a spese del Comune) – sulla destinazione di una parte dell’area ex Ilva e sull’impiego dei fondi destinati alla riqualificazione dell’area.
Infine, una nota di umorismo, non sappiamo se volontario. È chiaro che Terrile, dopo giorni di polemiche, ha dovuto rinunciare alla candidatura di fronte alla prospettiva che la sua vicenda diventasse uno dei temi della campagna elettorale. Una nota di “Uniti per la Costituzione” dichiara: «Tanto di cappello ad Alessandro Terrile, che ha ritirato la sua candidatura» ma «Resta purtroppo il dubbio che il passo indietro di Terrile non sia del tutto spontaneo».