Industria manifatturiera, trasporti, turismo, nel savonese stanno soffrendo per gli effetti del rincaro delle materie prime e delle conseguenze della guerra russo-ucraina, che fanno seguito alla crisi pandemica, e se il Governo non adotta con urgenza le misure necessarie è a rischio non solo il territorio savonese ma l’Italia. A lanciare l’allarme è Angelo Berlangieri, presidente dell’Unione industriali di Savona.
«Il sistema economico savonese – precisa Berlangieri – ha una grande capacità di resilienza, come dimostrano i dati di fine 2021, da cui risulta che il tessuto produttivo savonese ha viaggiato con la stessa velocità del resto d’Italia, non ha perso posizioni, anzi, avendo in pancia investimenti di natura strutturale, ha prodotto una crescita in termini di valore aggiunto e di occupazione non dovuta solo a un effetto di rimbalzo ma strutturale. Poi è cominciato l’anno, non bene, ovviamente, perché ci sono stati la crisi legata al rincaro delle materie prime e e dei prodotti energetici, poi questa maledetta guerra tra Russia e Ucraina che ha acuito la crisi e ha fatto sì che siamo in una fase di calo del livello produttivo».
La congiuntura negativa riguarda diversi comparti produttivi del territorio di Savona. «Siamo preoccupati per le nostre imprese molto energivore – spiega Berlangieri – come il polo vetrario perché rischiano di andare sotto alla marginalità e quindi, pur avendo ottime commesse, potrebbero essere costrette a sospendere la produzione, e per noi sarebbe un danno enorme, e siamo preoccupati per l‘autotrasporto perché il costo del gasolio è diventato insostenibile per ricavare marginalità. Una crisi che rispetto al resto d’Italia qui è aggravata dalla crisi infrastrutturale. Un fermo dell’autotrasporto pensate cosa potrebbe comportare per le industrie e per i consumatori. E siamo preoccupati anche sul fronte del turismo: il turismo internazionale per il terzo anno consecutivo sarà limitato ai paesi di prossimità come Francia Svizzera e Germania, a causa della crisi attuale non del covid, il turista di medio e lungo raggio che viaggia prevalentemente con l’aereo è spaventato in questa fase. Gli americani, per esempio, non vengono. Rimaniamo quindi confinati alle aree di prossimità.E si profila un calo dell’arrivo dei turisti italiani».
Un calo che, secondo il presidente dell’Unione industriali di Savona, è causato da un gap dell’Italia in campo energetico: «Gli italiani che hanno un’alta propensione a venire da noi ora si sono fermati per il caro benzina e l’aumento dell’inflazione, fenomeni che diminuiscono la capacità di spesa in tutti i consumi e quindi anche nel nostro settore. Noi stiamo facendo, come è nel dna di Confindustria, compresa quella savonese, azione di lobbing verso tutte le forze politiche per fare capire che questa è la crisi delle crisi. C’è stata quella covid ora c’è quella energetica che se non viene affrontata rischia di compromettere la fase di crescita del 2021. L’anno scorso abbiamo avuto una crescita del pil del 6,5, per quest’anno era prevista del 4% e la previsione ora è già della metà, se si va avanti in questa direzione, si blocca la produzione industriale e l’inflazione torna ad accelerare, il rischio che si cada in una fase di recessione c’è tutto».
Che cosa può fare il Governo per evitare questa eventualità catastrofica?
«Il Governo deve intervenire immediatamente sulla crisi energetica, ora paghiamo lo scotto di anni e anni in cui si pensava che bastasse comperare petrolio e gas fuori dell’Italia, e invece se non si ha un’autonomia i rischi sono notevoli, perché se qualcuno ti chiude i rubinetti o alza il prezzo ti trovi in grande difficoltà. Gli interventi si possono fare, si può aumentare rapidamente la produzione di gas naturale italiano che era stata bloccata negli anni precedenti, si può andare anche oltre il raddoppio previsto dall’ultimo decreto, non è un intervento risolutivo ma in parte aiuta, va rifatta tutta la politica dei rigassificatori del gas naturale liquefatto che potrebbe sostituire il gas naturale trasportato attraverso i gasdotti, va potenziata la Tap, vanno eliminate tutte le accise anacronistiche che gravano sul costo della benzina, e se l’extragettito che il Governo sta maturando con l’aumento del costo dei carburanti che solo in marzo ha fruttato un aumento dell’Iva di 200 milioni di euro, secondo il Centro studi di Confindustria, fosse ribaltato sul costo di vendita di benzina e gasolio avremmo una buona riduzione del costo attuale. È chiaro che siamo in una posizione difficile perché il debito accumulato per fare fronte alla crisi del covid esiste e qualcuno se lo deve caricare, si sperava di recuperarlo con l’aumento del prodotto interno lordo e del valore aggiunto e questo oggi non accade ma l’emergenza è emergenza e se non la si affronta il rischio è il default».