La mattina del 18 febbraio, a Genova, a Palazzo della Borsa, esponenti delle istituzioni e dell’economia italiani e russi discutevano dei rapporti economici tra Italia, e in particolare la Liguria, e la Russia. Si stava svolgendo il V seminario italo-russo, organizzato dall’Associazione Conoscere Eurasia, dalla Regione Liguria, dal Consolato Generale della Federazione Russa a Genova, dal Forum Economico di San Pietroburgo e dalla Fondazione Roscongress, in collaborazione con Intesa Sanpaolo e Banca Intesa Russia.
Da giorni si parlava del pericolo di una invasione dell’Ucraina da parte del suo potente vicino, ma a Genova la serenità con cui si svolgevano i lavori, il tono pacato degli interventi, da parte di persone appartenenti a Paesi che, secondo le voci ricorrenti, da un giorno all’altro avrebbero potuto trovarsi uno in guerra, l’altro sostenitore del suo nemico, e la stessa decisione, da parte degli organizzatori, di tenere il convegno, rendevano l’evento surreale. E, agli occhi dei più ottimisti (o ingenui), facevano sembrare la guerra improbabile.
All’alba del 24 febbraio Putin ha dato l’ordine di invadere l’Ucraina, verso le quattro del mattino (ora italiana) una pioggia di missili si è abbattuta sul territorio ucraino, truppe di terra sono entrate nel Paese, navi russe hanno attaccato i porti strategici di Mariupol e Odessa.
Quella mattina a Palazzo della Borsa Sergey Razov, ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Federazione Russa nella Repubblica Italiana, si era rifiutato di parlare di guerra anche soltanto come ipotesi. Aleksandr Avdeev, ambasciatore russo presso la Santa Sede, aveva sottolineato i buoni rapporti del suo Paese con la Chiesa, notoriamente contraria all’eventualità di un conflitto.
Le dichiarazioni dei diplomatici non ci stupiscono. Così vanno il mondo, gli Stati, le diplomazie. Quello che ancora oggi ci colpisce è l’intervento di Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia. Una requisitoria contro gli Usa, presentati come una sorta di impero del male, e una difesa appassionata della Russia, Paese che mai avrebbe aggredito altri Paesi, ma solo subito invasioni.
Citiamo dal sito del Secolo XIX: «Parole severe contro Nato e Usa arrivano da Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e tra i relatori del convegno. “La Russia non ha mai attaccato per prima, si è sempre difesa. La previsione di un’invasione russa dell’Ucraina è stata provocatoriamente annunciata da Nato e Usa. Che sia forse un pretesto per allargare la Nato?”. Gli appelli di Biden per un’alleanza delle democrazie “sono controproducenti”, “riecheggiano la retorica del mondo libero dei tempi della guerra fredda”. Le sanzioni commerciali sono “collegate alla pratica della disinformazione” e hanno “l’obiettivo evidente di frenare lo sviluppo economico e sociale di un Paese concorrente”».
E il giorno prima Il Sole 24 Ore Radiocor Plus riportava queste dichiarazioni del presidente di Banca Intesa, intervenuto a un convegno analogo a Milano: «Occorre evitare i falsi pretesti del passato. In merito alla crisi in Ucraina ricordo che la Russia in tutta la sua storia non ha mai attaccato per prima nessuno, si è invece sempre difesa. La previsione di una sua invasione provocatoriamente preannunciata dalla Nato e dagli Usa è forse un nuovo pretesto per l’allargamento della Nato a est, con sistemi d’arma, missili, truppe, basi navali e terrestri di 28 Paesi?».
Il giudizio sugli americani ci allontanerebbe dall’oggetto dell’articolo, che è la Russia. E la descrizione della Russia come Paese sempre vittima e mai aggressore è palesemente falsa. Per restare al secolo scorso, l’Unione sovietica nel 1939 dichiarò guerra alla Finlandia, giustificandosi con la necessità di poter controllare l’ingresso al golfo di Finlandia e garantire la sicurezza di Leningrado (e fu espulsa dalla Società delle Nazioni).
La firma del trattato di non aggressione tedesco-sovietico Molotov-Ribbentrop del 23-24 agosto 1939 fu lo strumento che permise a Hitler di invadere la Polonia e diede avvio alle stragi della seconda guerra mondiale, come risulta dal libro di Claudia Weber “Il Patto – Stalin, Hitler e la storia di un’alleanza mortale” (ed Einaudi). L’1° settembre 1939 la Wehrmacht invase la Polonia. L’Armata Rossa lo fece solo due settimane più tardi dei tedeschi, il 17 settembre 1939, e grazie a questo ingresso ritardato la propaganda sovietica riuscì a presentare l’Unione Sovietica come una potenza di pace e alternativa rispetto alle forze imperialiste aggressive. Ma «fin dall’inizio – precisa Weber – la repressione della resistenza polacca fu attuata con azioni militari e atti di violenza coordinati degli occupanti tedeschi e sovietici». In conseguenza del patto Molotov-Ribbentrop l’Unione sovietica nel 1940 invase le tre repubbliche baltiche.
Certo, si trattava di Unione Sovietica e non di Russia che però del colosso comunista era il cuore. Nell’invasione dell’Ungheria nel 1956 e della Cecoslovacchia nel 1968 ragioni ideologiche e interessi nazionali si mescolano, comunque ungheresi, cechi e slovacchi si sono sentiti invasi dai russi. E non lo dimenticano. Come non dimenticano la Polonia e le repubbliche baltiche che hanno paura dei russi anche se l’Urss non esiste più. Poi ci sono nel 2008 la guerra in Georgia, nel 2014 l’annessione della Crimea, nel 2015 l’inizio della guerra nel Donbass nella parte orientale dell’Ucraina da parte dei secessionisti sostenuti da Mosca.
Ci si può domandare se, dopo il crollo dell’Unione sovietica, in Europa e negli Usa si sia fatto il massimo per stabilire relazioni amichevoli con la Russia negli anni in cui era in maggiori difficoltà, e se le minoranze russe in Ucraina non meritino forme di tutela da concordare tra le parti. Ma di fronte alla guerra scatenata da Putin questi discorsi non hanno più senso e anzi rischiano di suonare come giustificazione di un atto criminale. Ci sono un aggredito e un aggressore e avere descritto quest’ultimo come una potenziale vittima, pochi giorni prima che desse il via all’invasione, non è un fatto irrilevante.
Antonio Fallico è presidente di Banca Intesa Russia, banca corporate, parte della divisione Imi Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (nel sito di Intesa Sanpaolo alla voce “Siti internet delle società controllate” troviamo Banca Intesa). Ci si domanda se Intesa Sanpaolo si riconosca nella sua interpretazione dei fatti di questi giorni.
(Foto di apertura: agenzia Dire)