Liguria tra le 6 regioni italiane oltre la soglia di guardia per i posti letto occupati negli ospedali da pazienti Covid: sono il 17%, aumentati di ben sei punti base in una sola settimana (8-14 dicembre rispetto alla settimana 1-7 dicembre). La media italiana è dell’11,9%. Si confermano oltre la soglia di saturazione anche le terapie intensive Covid (12,2%, quasi invariate rispetto al 12% della settimana precedente). I casi positivi per 100 mila abitanti sono 454, aumentati del 12,7% negli ultimi sette giorni. Sono i risultati dell’ultimo monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe – aumentano ancora i posti letto occupati da pazienti Covid: +17,9% in area medica e +11,2% in terapia intensiva rispetto alla settimana precedente».
Nonostante l’aumentata pressione sugli ospedali, a livello nazionale nelle ultime settimane si è progressivamente ridotta la percentuale dei pazienti ricoverati in area medica e in terapia intensiva sul totale degli attualmente positivi. In particolare, per l’area medica la media mobile a 7 giorni è scesa dal 3,47% del 7 novembre al 2,41% del 14 dicembre e per le terapie intensive dallo 0,47% del 21 ottobre allo 0,30% del 14 dicembre. «A fronte di un numero di tamponi sostanzialmente stabile – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – questo dato è verosimilmente da imputare all’incremento delle terze dosi, che riportano l’efficacia a valori più elevati».
«Sul fronte delle terapie intensive – puntualizza Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe – preoccupa tuttavia l’aumento degli ingressi giornalieri: la media mobile a 7 giorni sale a 70 ingressi/die rispetto ai 59 della settimana precedente».
Per quello che riguarda la situazione vaccinale, in Liguria la popolazione che ha ricevuto il ciclo completo è il 77,8%, mentre il 2,7% ha effettuato solo la prima dose di vaccino. Il tasso di copertura vaccinale delle terze dosi è del 59% in regione, poco distante dalla media nazionale (61,4%). Prime tre regioni italiane per copertura con terza dose sono Toscana, Provincia autonoma di Bolzano e Piemonte, con percentuali comprese tra il 70,2% e il 71,2%.
La necessità della dose booster, scrive Gimbe, è ben documentata dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, che dimostrano la riduzione dell’efficacia vaccinale dopo cinque mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario. In particolare, l’efficacia sulla diagnosi scende in media dal 74,3% per i vaccinati entro cinque mesi al 39,6% per i vaccinati da più di cinque mesi, per poi risalire al 76,7% dopo il richiamo. L’efficacia sulla malattia severa scende in media dal 92,6% per i vaccinati entro 5 mesi all’83,7% per i vaccinati da più di cinque mesi, per poi risalire al 93,3% dopo il richiamo.
Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo (più eventuale dose di richiamo), rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce l’incidenza di diagnosi (del 65,5-76,1%) e soprattutto di malattia grave (dell’82,9-93,3% per ricoveri ordinari; dell’89,9-97,1% per le terapie intensive) e decesso (del 78,9-96,7%).
«Il nostro Paese – conclude Cartabellotta – è entrato in una fase critica della pandemia per la convergenza di vari fattori: la stagione invernale, gli oltre 6 milioni di non vaccinati, il netto ritardo iniziale nella somministrazione delle terze dosi, le imminenti festività natalizie che aumenteranno contatti sociali e contagi e, soprattutto, la progressiva diffusione della variante omicron, che secondo l’Ecdc diventerà prevalente in Europa entro i primi due mesi del 2022. In questo contesto, le ultime misure del governo, che mirano a innalzare la protezione nei confronti del virus, non hanno modificato i criteri per assegnare i colori alle Regioni, definiti quando non erano noti il declino dell’efficacia vaccinale e la necessità delle terze dosi e non incombeva la minaccia di una variante così preoccupante. Criteri che lasciano alle Regioni la massima autonomia nell’aumentare la disponibilità di posti letto per ridurre i tassi di occupazione, con il rischio di congestionare silenziosamente gli ospedali e limitare l’accesso alle cure ai pazienti non Covid».