Domani sarà Ferragosto, che facciamo a pranzo? Naturalmente l’interrogativo non si pone per chi si troverà in qualche località di villeggiatura e avrà da scegliere nella lista del ristorante o dell’albergo ma per chi è rimasto a casa sua, per necessità o libera (e spesso oculata) scelta, muovendosi il meno possibile, passando la maggior parte del tempo nella penombra, su una poltrona, concentrato nella lettura di Liguria Business Journal o di altri importanti prodotti editoriali, soprattutto dei classici della letteratura e della storia.
Questa rubrica è nata per ricordare ai liguri ricette della loro regione sconosciute fuori del borgo o della vallata in cui sono nate oppure diffuse in passato ma dimenticate nel corso del tempo. Non per rimpianto di un’epoca d’oro, che non è mai esistita, neppure in cucina, ma perché alcuni piatti meritano davvero di essere recuperati e poi perché è interessante sapere cosa consumavano a tavola i nostri avi. Recuperiamo pezzettini di “cultura materiale”, diciamo così, che potrebbero stimolare il lettore a cercare altri testi più vasti e approfonditi.
Purtroppo, se c’è stato un menù classico ligure per Ferragosto, noi non lo conosciamo. Possiamo provare a immaginare un menù ferragostano composto di piatti liguri che anche un secolo fa probabilmente sarebbe stato gradito.
I nostri antenati erano di appetito più robusto del nostro e saranno stati capacissimi di portare in tavola salumi e pasta asciutta nel pieno del Solleone, in molte famiglie ringraziando il Cielo di poterselo permettere. Ma noi optiamo per scelte più leggere, che del resto anche un tempo non tutti avranno disdegnato, e al posto dei salumi puntiamo su una ricca insalata genovese, come antipasto.
E qui si pone il dilemma: condiggion o capponadda? I due piatti non sono molto differenti, lasciamo a voi la scelta. Per il condiggion potete leggere qui e per la capponadda qui .
Come primo l’ideale ci sembra il classico minestrone di verdure, da consumare tiepido. Ma non il solito, ottimo, minestrone con il pesto. Ne scegliamo una versione un tempo diffusa e oggi poco conosciuta, che ha qualcosa di pungente adatta a contrastare il torpore della giornata.
Ingredienti per 4 etti di pasta (bricchetti o altra che preferite): 200 grammi di cavolo estivo, 200 grammi di melanzane, 200 grammi di zucchine, 200 grammi di fagiolini, 100 grammi di pomodoro, 300 grammi di fagioli borlotti freschi, 200 grammi di patate, tre acciughe salate (vedi qui ) un mazzetto di basilico, tre spicchi d’aglio, 60 grammi di pinoli, abbondante olio extravergine, sale, acqua.
Mettete a cuocere in acqua salata (non troppo salata, perché poi arriveranno le acciughe) il cavolo tagliato finemente e la patata o le patate, sbucciate ma intere. Dopo una trentina di minuti ritirate le patate, schiacciatele con una forchetta e rimettetele nella pentola. Serviranno a conferire densità al brodo e a diffondere profumi e sapori delle verdure. Quindi aggiungete le melanzane a dadini, le zucchine a rondelle piuttosto spesse, i fagiolini spezzettati, il pomodoro spellato e fatto a pezzi. Fate bollire finché i fagioli non saranno cotti (in genere occorrono trenta minuti) e poi aggiungete la pasta. Quando questa sarà arrivata a cottura (al dente) spegnete il fuoco e passate al condimento.
Pestate nel mortaio le acciughe salate, pulite e disiliscate, con il basilico, l’aglio, i pinoli. Stemperate il battuto con olio extravergine fino a farlo diventare una crema assai liquida e versatelo nella pentola. Ora lasciate che il minestrone diventi tiepido e poi consumatelo. Con quale vino? Non complichiamoci la vita, capponadda, condigion e minestrone avrebbero ciascuno il proprio abbinamento ideale ma possiamo semplificare bevendo con tutti Valpolcevera bianco o un altro bianco con caratteristiche simili.
Per il secondo, basta con le verdure. Un tempo in gran parte d’Italia, e forse anche in Liguria, a Ferragosto si consumava pollame arrosto. Tuttora in certe zone della Toscana il 15 agosto si mangiano papere arrostite. E l’Artusi, citando un detto della Scuola Salernitana divento proverbiale, raccomandava: «Quando Sol est in leone, bonum vinum cum popone et agrestum cum pipione», quando il sole è nel Leone, buono il vino col popone e l’agresto col piccione». L’agresto era succo di uva acerba che si potrebbe sostituire con il succo di limone ma il piccione è difficile da trovare, così come le “papere” (oche ancora giovani). Non ci resterebbe che il pollo arrosto, che per i nostri antenati era un piatto festivo, per noi roba da tutti i giorni. Per i pesci dovremmo scegliere delle specie che si possano cucinare il giorno prima: non ne mancano e anche in questa rubrica ne abbiamo trattato ma per Ferragosto e vigilia scegliamo qualcosa da preparare in pochi minuti e portare subito in tavola.
Potremmo puntare su un piatto velocissimo da cucinare – cinque-sei minuti di preparazione, due minuti di cottura), e leggero, il vitello all’uccelletto (vedi qui ) magari con l’aggiunta di qualche goccia di limone a fine cottura. (Il succo di limone è deleterio sui fritti, che ammoscia, e su certi pesci bolliti o cotti al vapore dal sapore delicato, che soverchia, ma su questa carne qualche goccia ci può stare). Con il vitello all’uccelletto potrebbe andare bene un Rossese di Dolceacqua giovane.
Ora passiamo a frutta e dolce. E qui il consiglio del fondatore della cucina pan-italiana (sia pure a forte prevalenza tosco-emiliana) torna utile. Vinum cum popone, non solo per terminare il pranzo (o la cena) ma per proseguire nel pomeriggio, meditabondi o in conversazione, sorseggiando e sbocconcellando. Per popone Artusi, secondo l’uso toscano, intendeva quello che noi chiamiamo melone. Il quale fa parte della famiglia delle Cucurbitacee, insieme al cetriolo, all’anguria (detta cocomero nel centro-sud), alle zucchine, alla zucca. Caratteristica comune a tutte le specie della famiglia è la ricchezza di vitamine e la grande quantità di acqua, che significa ridotto apporto di calorie, grande senso di sazietà, ottima azione idratante e depurativa (dovuta alla diuresi). Melone e anguria hanno anche effetti antiossidanti. E si accompagnano benissimo ai vini.
Che cosa scegliere, anguria o melone? E con quali vini?
Nessuno ci vieta di mettere in tavola sia il melone sia l’anguria. E per il vino? Con il melone in genere si preferisce la malvasia ma un Brachetto d’Acqui dolce e fermo potrebbe andare bene per entrambi. Si tratta di un vino semplice, poco alcolico, dai sentori di fragola, fragoline di bosco e rosa che si adattano a molti tipi di frutta dolce.
Placet experiri!