«Sono principalmente due i motivi per cui l’invecchiamento della popolazione rallenta la crescita economica di un Paese. Il primo è piuttosto evidente: se il numero dei giovani non cresce allo stesso ritmo di quello degli over 65, si riduce la forza lavoro, perché ci sono meno persone che possono partecipare al mercato del lavoro. Il secondo motivo, meno evidente, ha a che fare con la crescita della produttività».
A spiegarlo è Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, intervenuto questa mattina alla seconda giornata del Silver economy forum di Genova, quest’anno interamente in versione digitale.
Secondo quanto illustra Cottarelli, esiste dunque un nesso tra la struttura demografica dell’Italia e la crescita della produttività. «Per produttività – precisa – si intende quanto viene prodotto in un determinato periodo di tempo, un giorno, una settimana o un anno. In base ad alcuni studi, si dimostra come nelle economie in cui vivono molti anziani la produttività cresce meno. A seconda delle varie stime econometriche, si può calcolare che tra il 20% e il 35% della caduta della crescita della produttività italiana possa essere dovuta all’invecchiamento della popolazione, cioè alla crescita della popolazione over 65 rispetto alle altre fasce di età. Questo può spiegare almeno in parte il fatto che la produttività in Italia sia rimasta intorno allo 0 o poco più negli ultimi vent’anni, contro una crescita media del 2,5%-3% negli anni Settanta».
Un sistema a capitalizzazione, cioè basato sul risparmio privato, potrebbe allentare la pressione che l’invecchiamento esercita sulla produttività, ma secondo Cottarelli non è un fenomeno certo: «Con l’aumento del tasso di risparmio, aumenterebbe il capitale a disposizione in futuro per i lavoratori. A ciò conseguirebbe un aumento della produttività. Non è comunque sicuro che un sistema a capitalizzazione determini un aumento dell’economia del Paese».
Tutto ciò ha ovviamente implicazioni sui conti pubblici: «Con la riduzione della forza lavoro si riducono anche le risorse nelle casse dello Stato. Ma d’altra parte, lo Stato deve avere le risorse per pagare le pensioni per un periodo più lungo, perché si vive di più». È la risposta alla domanda che si pongono tutti i lavoratori di oggi: perché io dovrò andare in pensione più tardi, mentre le generazioni precedenti sono andate in pensione a cinquant’anni? «Perché lo Stato deve pagare più pensioni rispetto a decine di anni fa – risponde Cottarelli – E che sia attraverso il debito, o attraverso le tasse, lo Stato deve trovare le risorse per farlo».
Una popolazione più longeva determina dunque il fatto che oggi pochi lavoratori, con le loro risorse, debbano provvedere al sostentamento di un grande numero di pensionati. Numero che cresce a un ritmo maggiore rispetto a quello dei lavoratori stessi. Anche per un altro motivo: «Le minori nascite – afferma Cottarelli – altra forza che, insieme all’invecchiamento, grava sull’economia del Paese. Oggi il tasso di fertilità è inferiore all’1,3».
In base a quanto spiega l’economista, esiste una serie di previsioni ottimistiche di lungo periodo: nei prossimi 20-30 anni, si prevede un aumento delle nascite, con un tasso di fertilità in risalita verso l’1,5; un’immigrazione regolare, con 150 mila nuovi immigrati all’anno in Italia; un aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e una crescita della produttività, che dovrebbe tornare vicina all’1%. Ma nonostante queste rosee aspettative, la curva della spesa pensionistica su pil continuerebbe a salire, con un conseguente peggioramento dei conti pubblici.
Eppure, il fatto che si viva più a lungo deve essere visto come una cosa positiva: «Vivere più a lungo, prima di tutto, vuol dire anche lavorare più a lungo. Certo, non si può pensare di fare le stesse cose a 60 anni così come a 20. Ci deve essere un’evoluzione lavorativa. Credo poi che la vita di un pensionato possa diventare più interessante se partecipa attivamente alla sua comunità: gli anziani non sono dei parassiti, come spesso erroneamente vengono visti oggi, ma hanno una parte importante nella società. Devono dare la loro esperienza, come i senatori ai tempi dei Romani. Oggi diciamo spesso che dobbiamo parlare ai giovani, ma dobbiamo parlare anche e soprattutto agli anziani e spiegare loro quanto possono dare alla società». Fenomeno inevitabile nella società contemporanea, la longevità ha un suo naturale aspetto positivo. Il rovescio della medaglia sono invece le minori nascite «che diventano un problema a livello di singolo Paese, come l’Italia, mentre sappiamo che a livello mondiale il problema è la sovrapopolazione, legato alle esigue risorse del pianeta», conclude Cottarelli.