«La libertà di espressione non può essere incondizionata». Così Dino Cofrancesco, professore emerito di Storia delle dottrine politiche dell’Università di Genova, liberale («nel cervello ho Benjamin Constant, nel cuore Filippo Turati») commenta le vignette sull’Islam di Charlie Hebdo, la rivista satirica francese colpita da un attentato terroristico islamista nel 2015. Nei giorni scorsi Charlie Hebdo ha pubblicato una vignetta che ha infiammato gli animi in cui il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan viene ritratto in mutande, con una lattina in mano e l’altra intenta a sollevare la tunica di una donna all’altezza del fondoschiena urlando “Ouuuh! Il Profeta”.
«Premetto – dichiara Cofrancesco a Liguria Business Journal, che sono estraneo al mondo dell’Islam e considero Erdogan un dittatore cinico, e sarei spietato nel perseguire gli attentatori, come sarei inflessibile in fatto di controlli e ingressi in Francia, ma credo che un conto sia la satira politica, un altro il dileggio gratuito e ingiustificato. Tra l’altro non capisco perché debba esserci piena libertà di offendere l’Islam, o il Cristianesimo, quando ci sono leggi che colpiscono anche vaghe espressioni di omofobia e antisemistismo ma comunque, in linea generale, credo che anche la libertà di espressione abbia i suoi limiti. L’offesa non deve essere consentita, possiamo discutere i limiti dell’offesa, però un confine ci deve essere. D’altra parte anche la libertà in sé ha i suoi limiti, non esiste la libertà di fare ciò che si vuole, non è consentito arrecare danni ad altri».
L’attualità ci presenta un altro caso in cui la libertà di espressione può produrre effetti socialmente dannosi. Si tratta del dibattito sulla pandemia da Covid-19 che da mesi ha invaso giornali e trasmissioni televisive.
A porre il problema è Giovanni Boniolo, professore ordinario dell’Università di Ferrara e filosofo della scienza. Secondo quanto riporta il giornale medico on line “Clic Medicina”, Boniolo, intervenuto al XIII Congresso nazionale della società scientifica di Health technology assessment, online dal 26 al 30 ottobre 2020, ha affermato: «Durante la pandemia abbiamo assistito all’applicazione di soluzioni semplicistiche a situazioni complesse. Il Comitato tecnico-scientifico è formato da esperti clinici e di salute pubblica ma la situazione è complessa e invade vari ambiti, sociologico, economico, comunicativo, etico e di psicologia sociale. Bisogna fare necessariamente ciò che è giusto ma valutarlo nella complessità degli aspetti. Libertà di espressione non significa parlare a vanvera. Sono a favore di una limitazione della libertà di espressione se ciò che viene espresso non è suffragato dalla correttezza. Vi deve essere una autorità che sanziona chi per vanità parla a vanvera. La comunicazione non è la banalizzazione di concetti scientifici. Chi parla a vanvera è un virus che fa male alla democrazia. Non puoi andare in tv e parlare di qualsiasi cosa. Ci deve essere un filtro. Chi propone situazioni semplicistiche deve essere o deriso o messo a tacere».
«Certo – dichiara Cofrancesco – chi parla a vanvera di questioni così delicate produce dei danni ma è molto difficile stabilire quando una parla a vanvera e quando no. Anche perché la medicina è una pratica basata su scienze, come la fisica, la chimica, la biologia e altre ma, per semplificare, come ha detto qualcuno, “è più arte che scienza”. Quando chi parla ha una qualifica, un titolo di studio appropriato, deve avere libertà totale di esprimere il proprio pensiero».
Il fatto è che, specialmente nei talk show, vediamo esibirsi personaggi che non solo non hanno le qualifiche appropriate per parlare di Covid ma in certi casi hanno solo il merito di essere noti e pittoreschi …
«Sì, c’è il problema che se uno è famoso viene consultato su tutto, è un malcostume che c’è da sempre ma non si può sanzionare per legge. Deve essere l’opinione pubblica a farlo».