Buone le triglie, e le migliori, quelle di scoglio, si trovano facilmente in pescheria da maggio a ottobre. È quindi venuto il momento di occuparcene. Questo pesce, considerato fin dall’antichità uno dei più prelibati, se di piccola taglia (fino e intorno ai dieci centimetri) va benissimo infarinato e fritto, dai 15 centimetri in su si può preparare su gratella, in umido con il pomodoro, in tegame con burro e rosmarino, al cartoccio, bollito.
Non si sbaglia mai. Basta tenere presente un principio-base: la triglia, in particolare quella di scoglio, ha polpa soda, profumata, dal sapore di mare intenso ma anche delicato, che non deve essere coperto ma messo in evidenza. Quindi, quale che sia la preparazione scelta, massima attenzione ai tempi di cottura e al dosaggio degli ingredienti.
Oggi andiamo a recuperare, nell’ampio canterano della nostra tradizione, una ricetta che ha il pregio di essere un po’ diversa dalle solite e comunque di lasciare la parte del protagonista a questo amabile pesce dal bellissimo colore rosso: triglie in umido al profumo di finocchio. Ricetta senza dubbio ligure ma anche livornese, diciamo alto-tirrenica.
Ingredienti:
otto triglie;
uno spicchio d’aglio;
prezzemolo;
una tazza di passata oppure un barattolo di polpa di pomodoro;
semi di finocchio;
sale;
olio extravergine d’oliva.
Triglie. Di scoglio o di fango? Quella di scoglio è generalmente considerata migliore (e costa anche di più, a volte il doppio dell’altra). Entrambe sono rosse e hanno due baffi che spuntano sotto la mascella inferiore, per distinguerle guardiamo alla testa, quella di scoglio l’ha più affusolata. Meglio però chiedere al pescivendolo. Se non ve ne fidate, cambiatelo. E in ogni caso anche quella di fango è profumata e saporita, non facciamo troppo i difficili.
Ora togliamo interiora e squame alle nostre triglie. Con un paio di forbici apriamo il ventre e con il dito rimuoviamo le interiora. Per squamarle, passiamo sui fianchi l’attrezzo apposito o anche un coltello, procedendo dalla coda verso la testa. Tutte queste operazioni vanno condotte con delicatezza perché la polpa di questo pesce si sfalda facilmente. Una risciacquata e si passa al sugo.
Mettiamo in un tegame dall’orlo basso abbondante olio, uno spicchio d’aglio schiacciato, due cucchiai di trito di prezzemolo e il pomodoro, passata o polpa. Pestiamo grossolanamente un cucchiaino abbondante di semi di finocchio e lo aggiungiamo al resto. Facciamo insaporire il sugo a fuoco basso e tegame coperto per una quindicina di minuti e mettiamo le triglie. Un po’ di sale e lasciamo cuocere dolcemente altri quindici-venti minuti. Se il sugo diventa troppo asciutto aggiungiamo un po’ di vino bianco.
Rivoltiamo il pesce a metà cottura, molto delicatamente e con l’aiuto di una paletta per non romperlo. E intanto controlliamo sapore e profumo, se il contributo del finocchio ci sembra insufficiente aggiungiamo un po’ di semini.
Con le nostre triglie al finocchietto potremmo bere Vermentino del Golfo del Tigullio.
Placet experiri!