Due terzi della produzione ligure di vini è di qualità e il settore prosegue nella propria dinamica di crescita e che conferma, con risultati giudicati apprezzabili, il processo di riposizionamento su uno scacchiere mondiale in continua e rapida evoluzione.
Questa è la fotografia del mondo del vino italiano e di quello della Liguria resa dall’Industry Book 2019, lo studio che UniCredit conduce annualmente su tendenze, dinamiche competitive e prospettive di sviluppo e crescita del comparto vitivinicolo nazionale.
La Liguria ha chiuso il 2018 con quasi 80 mila ettolitri di produzione vinicola. Nella regione il 34% del totale è costituito da vini Dop.
Sul fronte della qualità i vini della Liguria sono in forte sviluppo: nel 2018 quasi 2 bottiglie su 3 (il 65% della produzione regionale) sono vini Dop o Igp, per un totale di quasi 52 mila ettolitri di prodotto, e il restante 35% da vini da tavola.
Il report ha poi evidenziato come, in linea con la crescente domanda di vini biologici, anche in Liguria sia proseguita l’espansione della coltivazione biologica della vite. Nella regione la superficie di vigne a coltivazione biologica ha superato i 40 ettari, in crescita del 13,9% dal 2016 al 2017, ultimo dato disponibile.
Fabrizio Simonini, manager del Nord Ovest di UniCredit, spiega: «La versione 2019 dell’Industry Book sul vino, conferma l’immagine della filiera vitivinicola della Liguria come un comparto d’eccellenza non solo per l’economia del Territorio, ma anche in ambito nazionale. UniCredit, con il suo network di banche leader nei propri 14 mercati strategici e una presenza consolidata in altri 18 Paesi in tutto il mondo, conferma il proprio impegno a sostegno del vino italiano nel mondo». Nel 2018 Unicredit ha quintuplicato le nuove erogazioni a favore del settore in Liguria.
Il report, partendo da dati “macro” su fenomeni inerenti i consumi e la produzione di vino su scala mondiale, individua, dati alla mano, numerose tendenze ed evidenze a livello nazionale e regionale e traccia un quadro prospettico su dinamiche cruciali come l’andamento dei flussi di export.
Il quadro nazionale
Fatturati: In Italia il settore del vino conta circa 2 mila imprese industriali e fattura oltre 11 miliardi di euro, l’8% circa del fatturato nazionale del settore Food&Beverage. Le cooperative (cantine sociali e consorzi) valgono circa il 40% del fatturato settoriale e il 60% della produzione in volume. L’intero comparto denota una propensione all’export elevata, con un valore di 6,2 miliardi di euro generato sui mercati esteri. (il 54% del fatturato totale, in aumento rispetto al 51% del 2017). Su questo versante picchi di eccellenza si registrano nei segmenti dei vini Dop/Igp e degli spumanti, con una propensione all’export che si attesta, rispettivamente, al 58% e al 63%.
Volumi di produzione: Nel 2018 la produzione di vino in Italia è stata molto abbondante; con una produzione globale di 50,4 mln di hl sono stati superari del 10,5% i livelli dell’anno precedente. L’Italia si conferma così, per il quarto anno consecutivo, il primo produttore mondiale di vino, con un contributo di circa il 17% dalla produzione mondiale. In particolare è aumentata la produzione di vino Dop (+21,7% anno su anno, di cui +23,4% rossi e +20,5% bianchi) mentre l’Igp ha registrato un aumento più contenuto (+2,5% anno su anno).
Vini Dop e Igp: Con 523 prodotti certificati, l’Italia detiene il primato mondiale dei vinici certificati Ig (Dop e Igp). 1 vino certificato su 3 in ambito europeo viene prodotto in Italia (Francia seconda con “soli” 435 vini), tanto da far sì che ben il 68% del vino prodotto in Italia nel 2018 sia Dop o Igp, con un “peso specifico” maggiore rispetto all’anno precedente (+3%).
Consumi: Nell’arco degli ultimi 15 anni i consumi globali di vino sono aumentati del 6,6% annuo, attestandosi, a fine 2017 a 243 mln di hl (fonte: Oiv). Continua il processo di redistribuzione dei consumi mondiali: la crescita della domanda è sostenuta principalmente dalle economie emergenti sudamericane e asiatiche, con la Cina che ha più che raddoppiato i suoi consumi. Gli Stati Uniti risultano a fine 2017 il primo mercato mondiale, con oltre 32 milioni di hl che pesano per il 24% dei consumi totali. L’Italia è in terza posizione per consumi, con oltre 22 milioni di hl, in crescita dello 0,9% rispetto all’anno precedente e rappresentanti il 9,3% della domanda mondiale.
Scambi internazionali ed export Italia: Nel 2018 le vendite mondiali di vino hanno superato i 30 miliardi di euro, in crescita dello 0,8% rispetto all’anno precedente e a dispetto della contrazione dei volumi globali (-6,7% a/a). Sul fronte delle importazioni si registra un grado di concentrazione relativamente moderato con i primi 10 paesi importatori in grado di intercettare solo 67% degli scambi globali. Gli Stati Uniti si confermano primo mercato mondiale ma buone dinamiche di crescita si registrano per mercati “maturi” come Belgio (+2,7%), Germania (+1,9%) e Paesi Bassi (+1,3%). Viceversa i paesi esportatori sono molto concentrati, tanto che i primi 3 paesi Ue esportano il 60% dell’export mondiale.
In questo quadro l’Italia detiene una quota del 19,8% del totale export in valore, con 6,2 mld di euro di vendite sui mercati esteri. Dall’analisi emerge come nell’ultimo decennio le esportazioni italiane di vino abbiano puntato sempre più sulla qualità, come rivela la rapida crescita delle vendite in valore (+5,2% medio annuo nel periodo 2007/2018) rispetto ai volumi esportati, rimasti invece quasi invariati (+0,3% nello stesso periodo). Tale tendenza si è confermata anche nel 2018, con il valore dell’export in crescita del 3,3% sull’anno precedente nonostante il calo dei volumi (-7,8% a/a). Gli USA rimangono il primo mercato di sbocco, seguiti da Germania e Regno Unito. Questi 3 mercati insieme assorbono più della metà (53,6%) dell’export italiano globale. Tra i mercati di destinazione che crescono di più rispetto al 2017 si segnalano la Francia (+10,1%), la Svezia (+7,5%) e i Paesi Bassi (+5,6%).
Outlook e prospettive: Per il prossimo quinquennio l’Oiv stima un fatturato mondiale del settore vino in crescita dell’1,5% annuo, tale da superare nel 2023 i 350 miliardi di dollari. Anche per l’Italia l’outlook si conferma moderatamente positivo, grazie soprattutto alla domanda estera mentre per i consumi interni le stime rimangono più caute.
A trainare i fatturati sarà la spesa globale per il consumo di vino: il progressivo ampliamento del reddito disponibile e della classe media nei paesi emergenti, unito al maggiore orientamento verso i vini di qualità in Europa, porterà a un’accelerazione rispetto agli ultimi 5 anni, con un tasso medio di crescita per il periodo 2018-2023 del 3,8%.
Guardando ai singoli Paesi, secondo un’elaborazione UniCredit su dati Nomisma wine monitor, i mercati più interessanti per l’export di vino italiano nel 2020 saranno per i vini fermi: la Cina, dove sono previste volumi di vendite in aumento dell’11,9%, il Canada (+6,5%) e il Giappone (+4,2%); per gli spumanti: conferme per Canada, Usa e Cina, dove si dovrebbe registrare una crescita rispettivamente del 18,4%, del 14,6% e del 12,2%. Da segnalare le stime al ribasso per la Germania, partner commerciale storico in cui si dovrebbe assistere a una contrazione dei consumi, sia nel comparto dei vini fermi (-0,1%), che negli spumanti (-0,8%).
Performance economico-finanziaria: l’analisi UniCredit su un campione di 685 imprese produttrici di vino che hanno depositato il bilancio negli ultimi 5 anni conferma le buone performance del settore nel periodo 2013-2017, con una crescita del fatturato ad un tasso medio annuo del 3,9%. La classificazione delle imprese per fatturato segnala un andamento migliore delle imprese con fatturato superiore a 5 mln di euro rispetto a quelle con fatturato inferiore a tale soglia, confermando che in questo settore la dimensione conta favorendo un migliore posizionamento sul mercato, soprattutto grazie a reti di vendita più articolate e alla capacità di andare all’estero.
I margini del settore nel quinquennio sono aumentati a un tasso medio annuo del 5,8% riflettendo il progressivo posizionamento delle imprese su una tipologia qualitativa migliore. Anche qui si rileva la migliore performance delle imprese con fatturato superiore a 5 mln di euro, mentre le piccole riflettono una sensibilità maggiore all’andamento della domanda.