Ritardi nella viabilità ordinaria, blocco della linea ferroviaria merci che rifornisce lo scalo di Sampierdarena: le misure attuate dagli enti e dalle aziende impegnati nell’emergenza di ponte Morandi stanno rispettando i tempi previsti ma intanto le conseguenze del disastro gravano pesantemente sul porto e su chi per il porto lavora e riguardano il sistema logistico nazionale.

A quasi un mese dalla tragedia, il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale Paolo Emilio Signorini, intervistato da Liguria Business Journal, riflette sulle ripercussioni economiche di quanto accaduto e fa il punto sullo stato attuale delle cose. «Purtroppo facciamo un po’ fatica a spiegare che il porto di Genova non serve soltanto la città ma l’industria del Nord e in sostanza il sistema logistico nazionale, l’economia italiana. Anche le ricadute dirette sulla fiscalità non sono da trascurare: il nostro porto nel 2017 è cresciuto del 15%, nei primi sei mesi del 2018 del 5%, mi aspetto che alla fine dell’anno non registreremo alcuna crescita, mentre nel 2019 potremo perdere tra il 5 e il 10%. Spero di no, ma le previsioni al momento dicono questo. E visto che il traffico portuale genovese genera introiti Iva sui 3,5 miliardi, il 10% in meno vorrebbe dire 350 milioni in meno per lo Stato».
La situazione attuale: «Ritardo nella viabilità ordinaria, blocco della linea ferroviaria merci per Sampierdarena e utilizzo della ferrovia merci via Borzoli-Ovada per Voltri, via che prima non era molto utilizzata per questioni di pendenze e sagome e ora lo è molto di più − dichiara Signorini − Stiamo aspettando che nel giro di un mese venga completato il ripristino della linea ferroviaria per Sampierdarena».
«Dai report che ho io – precisa il presidente dell’Autorità portuale – risultano alcune fasce della giornata in cui i ritardi per i tir diretti alle banchine sono contenuti nell’ordine di mezz’ora-quaranta minuti e quindi, in un certo senso, accettabili, e ci sono alcuni momenti di picco, non facilmente prevedibili, in cui si può arrivare a un’ora e mezza-due di ritardo».
Il sindaco Marco Bucci ha annunciato che la strada ricavata all’interno dell’area Ilva per il passaggio dei tir interessati dal traffico portuale sarà pronta prima dell’inaugurazione del Salone Nautico, giovedì 20 settembre. «Sì – conferma Signorini – fortunatamente la strada in gran parte esisteva già e questo ha semplificato i lavori. Dalla zona aeroporto si entra in area Ilva, si percorre la strada del compendio al confine nord dello stabilimento per arrivare vicino alla sponda destra del Polcevera e attraversare il torrente sul ponte detto del Papa, si entra nel demanio marittimo, sulla sponda sinistra del Polcevera, si costeggia il terminal Messina e si entra nel terminal Derna, dove pure esisteva già una strada. Gli interventi che stiamo facendo in zona aeroporto, Ilva, Polcevera e porto sono di allargamento, abbattimento di muri, collocazione di jersey, di pavimentazioni, ma la strada c’era già, a parte alcuni tratti. Quando i lavori saranno terminati avremo un corridoio merci, con una corsia per ogni senso di marcia, che offrirà due indubitabili vantaggi: separazione del flusso merci dal flusso della mobilità urbana e creazione di una grande area polmone per gli automezzi. Una lunga strada è anche un modo di ospitare camion, ancorché in coda. Senza questa area-polmone bisognerebbe trovare un altro spazio, altrimenti gli automezzi si ammasserebbero, teniamo presente che ogni giorno i camion in entrata e in uscita dal porto sono circa 4 mila».

In base all’ordinanza della Protezione civile il Comune attraverso Sviluppo Genova dà indicazioni a Pavimental (gruppo Atlantia) che esegue i lavori per la nuova strada a suo carico. L’ordinanza prevede che i lavori possano essere realizzati sia in area comunale sia in ambito portuale. In ambito portuale alcuni lavori vengono eseguiti dalle aziende concessionarie. Tutte le spese, in ogni caso, sono a carico di Autostrade-Atlantia.
«Per fare tutto questo siamo andati a interferire con soggetti imprenditoriali che avevano già realizzato investimenti con altri scopi. La strada che attraversa Derna, per esempio, costringe l’azienda a cambiare la sua organizzazione. Stiamo impattando molto pesantemente su centinaia di imprese e di iniziative economiche. La mia sensazione è che non ci sia ancora una consapevolezza diffusa di tutto questo. Pensiamo all’aeroporto. Abbiamo creato accanto all’aeroporto il punto più critico. L’aeroporto è al 60% dell’Autorità portuale, abbiamo fatto investimenti, stretto accordi con le compagnie che ora mi chiedono: i passeggeri quanto li fai esitare all’aeroporto»?
Questa strada si connette alla strada 30 Giugno che scende dalla val Polcevera. «Altra grandissima emergenza. In questo momento abbiamo una cesura in val Polcevera. Per la ferrovia speriamo che la situazione si risolva in un mese, la 30 Giugno è più o meno pronta, si tratta di avere l’ok per quanto riguarda la sicurezza. Il corridoio della 30 Giugno arriverà più o meno a incrociarsi nella sponda destra del Polcevera con la strada detta del Papa».
Il traffico è forse per la comunità portuale, con le sue migliaia di camion movimentati, il primo problema. Un problema che del resto riguarda anche la vita quotidiana di buona parte dei genovesi. In città sono state avviate diverse iniziative per snellire la viabilità: Comune e Regione stanno sperimentando telelavoro e smart working. A Voltri il Vte, d’accordo con i sindacati, incentiva l’uso dei mezzi pubblici offrendo ai propri dipendenti un servizio navetta tra la stazione ferroviaria di Voltri e il terminal. A chi arriva da zone al di là, rispetto a Voltri, del ponte crollato, la società paga il parcheggio a Brignole e a Principe nelle ore di ufficio e un servizio bus. Ma un contributo decisivo verrebbe, oltre che dalla strada Ilva, dalla possibilità di fare lavorare di notte i camion che lavorano con il porto. In questo caso è questione di costi. «Si tratta di una misura già tentata in passato. Noi come Autorità portuale possiamo autorizzare i terminal ad aprire di notte ma poi il terminal ha la facoltà di aprire o non aprire in orario notturno. È chiaro che stare aperti di notte costa di più. Il Vte ha fatto una stima sua, da cui risulta che il traffico notturno costerebbe alla società da due o tre milioni in più all’anno. Un costo che dovrebbero accollarsi i terminalisti e potrebbe essere almeno in parte tagliato se ci fossero misure compensative. Misure da prendere a livello nazionale, come quelle auspicate per gli armatori, abolizione della tassa di ancoraggio e rafforzamento del mare bonus, perché la caduta di un ponte al servizio del principale porto d’Italia produce effetti molto diversi, in termini economici naturalmente, rispetto alla caduta di un ponte in aree non strategiche».