La Banca centrale europea ritarderà di alcuni mesi l’attuazione delle sue nuove norme sugli npl dal momento che ha bisogno di tempo per elaborare il feedback del settore bancario. Lo ha annunciato Daniele Nouy, presidente del Consiglio di Vigilanza della Bce. Le nuove regole al vaglio impongono l’azzeramento del valore netto degli npl dopo sette anni se garantiti e dopo due se chirografari. «Penso – ha detto Nouy al quotidiano portoghese Público – che questo processo di analisi richiederà un mese o due e quindi serviranno ancora alcuni mesi. Non cambia molto se si parte il 1° gennaio, il 1° aprile o il 1° giugno e non vi è motivo di rinviare fino al 2019».
Le associazioni bancarie europee erano state invitate a fare pervenire alla Bce le loro osservazioni sulle nuove norme entro l’8 dicembre.
Secondo Radiocor, Abi nel suo documento ha riportato alcuni rilievi critici espressi dal mondo bancario italiano, tra i quali il rischio che le banche italiane a causa delle nuove regole dell’addendum possano limitare le ristrutturazioni dei finanziamenti e il successivo periodo di cura dei crediti.
Nel documento, secondo Radiocor, Abi evidenzia i punti critici nelle basi legali dell’addendum, nel coordinamento con la policy dell’Unione Europea, nei conflitti con le regole contabili internazionali e nelle conseguenze indesiderate: prima fra tutte l’aumento degli assorbimenti patrimoniali. In questi ultimi due mesi di dibattito l’industria bancaria ha ottenuto intanto un rinvio dei termini per l’entrata in vigore delle nuove indicazioni sulla svalutazione dei deteriorati che non sarà il prossimo primo gennaio ma in una data ancora da stabilire. Poi ci sono state le prese di posizione della Commissione Ue, del Parlamento Ue e del Consiglio Ue, tutti citati nel documento dell’Abi che afferma: “l’Addendum presenta elementi di contrasto sia di metodo sia di merito rispetto al quadro normativo europeo. La proposta esprime scelte di policy che generano forti preoccupazioni per i potenziali rilevanti riflessi sull’attività creditizia”.
Tra i punti critici, in dettaglio, il documento Abi segnala il contrasto con le regole contabili internazionali e in particolare con l’applicazione, da gennaio 2018, del principio Ifrs 9 che introdurrà le perdite attese nei modelli di valutazione dei crediti. Il paradosso è che per tenere conto delle prescrizioni dell’Addendum, con le svalutazioni lineari dei crediti, una banca rischia di non dare una veritiera rappresentazione in bilancio dei suoi crediti con tutte le conseguenze per le possibili contestazioni dei soci. Le linee guida della Bce sui deteriorati prevedono, secondo la bozza in consultazione fino a domani, una copertura a 100% per le esposizioni non garantite dopo due anni di anzianità e dopo 7 anni per quelle garantite. Il meccanismo prevede un automatismo nella svalutazione lineare nell’arco di sette anni. Un “suggerimento” che confligge anche con il codice civile italiano che indica, invece, l’indicazione del presunto valore di realizzo del credito. Il position paper dell’Abi ricorda la posizione del Consiglio Europeo espressa nel luglio scorso con l’incarico alla Commissione di Bruxelles per valutare eventuali le possibili modifiche normative alle direttive Crd4 e Crr proprio per evitare il rischio di futuri accumuli di deteriorati.
Riguardo al rapporto con le imprese il ragionamento delle banche italiane è che dall’Addendum uscirebbero danneggiate le pmi in quanto gli istituti di credito, schiacciati dal peso dei maggiori assorbimenti patrimoniali sarebbero molto più selettive nel concedere le ristrutturazioni dei finanziamenti e quello che nel gergo si definisce periodo di cura del credito con tutte le conseguenze immaginabili per il tessuto economico del Paese. Il documento dell’associazione di Palazzo Altieri segnala in un altro passaggio le conseguenze indesiderate sui livelli di capitale e sulle politiche di offerta di credito e le distorsioni sul mercato secondario dei deteriorati “proprio nel momento in cui la crescita economica sta riprendendo vigore in Italia e in Europa e dunque necessiterebbe non già di vincoli ma di un’ulteriore spinta da parte del settore bancario”.