Possono stare insieme in un racconto Platone, Martin Heidegger, le serie tv Usa, Werner Herzog, Francis Ford Foppola, Joseph Conrad, i fisici che hanno dato vita alla bomba atomica, i nazisti in giro per il mondo alla ricerca della potenza primordiale , un filosofo che ricorda un po’ il Lodovico Settembrini della Montagna Incantata e fa pensare anche al Pd, e tanti altri personaggi, in un gioco di rimandi, incastri, contaminazioni, esoterismo e avventura, riflessione e divertimento? Senza che il racconto esploda? Sì, è possibile, se l’autore sa intrecciare bene i fili dell’ordito, e se è – appassionatamente – studioso di filosofia, amante della fiction televisiva e dei B movie come dei classici della letteratura, comunicatore e militante politico. Il caso di Simone Regazzoni, nato a Genova nel 1975, professore a contratto di Estetica all’Università di Pavia, già comunicatore per Raffaella Paita alle regionali del 2015, esponente del Pd genovese (ala renzianissima, nonostante recenti delusioni), tra i fondatori della neonata area “Liberi e democratici”, ispirata al riformismo del segretario nazionale del partito.
Regazzoni ha scritto “Foresta di Tenebra”, pubblicato di recente, un romanzo che già nel titolo e nelle figure della copertina mostra i suoi riferimenti di fondo. E tratta di un segreto sepolto nelle tenebre della foresta amazzonica: i cattivi lo vogliono portare alla luce per distruggere il mondo, i buoni lo vogliono neutralizzare.
Il segreto del male originario – che gli uomini possono risvegliare – giace come potenza del nulla assoluto nella profondità cosmica ed è fonte di quella forza oscura in contatto con il divino promordiale che agisce dentro di noi. Una forza che va tenuta a bada e incanalata ma non si può eliminare ed è pericoloso disconoscere.
«Il rapporto con la forza e la violenza, pulsioni primordiali – dichiara Regazzoni a Liguria Business Journal – è una questione politica fondamentale. Non si può ignorare, pena un ritorno preoccupante del rimosso. Bisogna portarlo alla luce, il contrario di quello che fa la letteratura pseudoimpegnata, che non sopporto. La piccola pedagogia edificante è il male. In fatto di letteratura io mi sento l’anti-Veltroni».
Il rapporto con la violenza e con l’irrazionale è ovviamente rischioso e problematico, prima che per la letteratura, per la nostra vita quotidiana e per la dimensione politica. Il Regazzoni politico a suo tempo ha suscitato polemiche all’interno del suo partito quando ha invitato il fronte progressista a non vergognarsi di perseguire la sicurezza e il decoro urbano, sicurezza come premessa indispensabile per il godimento di quei diritti per i quali la sinistra si batte.
«Ci sono – precisa il politico/romanziere/filosofo – in circolazione bisogni primari di sicurezza, di identità che sarebbe pericoloso ignorare. Pericoloso e perdente. Negli Usa Trump ha vinto perché ha toccato dei nodi del reale. Non bisogna imitare le destre, i populisti, o come li vogliamo chiamare, bisogna avere il coraggio di guardare la realtà fino in fondo, senza per questo rinunciare alla ragione e alla morale, bisogna saper incanalare le forze oscure con misure adeguate – ieri lo si faceva con miti e riti, oggi esistono altre forme, tra cui lo sport – e dimostrare ai cittadini che le loro aspirazioni vengono comprese e possono essere soddisfatte nell’ambito del gioco democratico».
Il male ha un potere di fascinazione che il romanzo di Regazzoni mostra in vari modi, con tutta evidenza quando la protagonista Beatrix nel confronto dialettico tra Michael Bennet, il filosofo- eroe positivo, che ama, e il suo antagonista, che detesta, sembra più attirata da quest’ultimo. Un po’ come nella Montagna Incantata di Thomas Mann, Johan Castorp, di fronte ai duelli verbali tra Lodovico Settembrini e Leo Naphta, prova affetto per il ciarliero e progressista pensatore italiano ma sente il fascino delle argomentazioni dell’ebreo gesuita. Michael non ricorda anche un po’ il Pd, almeno per chi condivide le opinioni dello scrittore genovese? «Michael in questo confronto appare vulnerabile, debole. Ha forza morale ma ci mostra i limiti di una razionalità che non sa andare fino in fondo. È chiaro che la sua debolezza è quella di ogni forza progressista che non sa fare i conti con la complessità del reale».
Anche il lettore deve saper capire e valutare le diverse componenti del racconto e, come Beatrix, è esposto al potere di fascinazione di Werner. Perché l’autore si spiega attraverso i personaggi buoni e quelli cattivi. «La fiction ti permette di approfondire temi senza essere responsabile di tutto quello che dicono i tuoi personaggi. Ti lascia più libertà rispetto a un saggio. Ed è un gioco, che deve fare riflettere e divertire ».