È stata una settimana densa di appuntamenti economici e politici, che si sono tradotti sul mercato in una conferma della positività degli indici azionari, mentre continua a permanere incertezza e volatilità sul comparto obbligazionario.
La riunione del Fomc ha confermato quanto atteso dagli operatori finanziari, un rialzo dei Federal Funds di un quarto di punto, che adesso si posizionano tra 0,75% e 1%. Yellen conferma la volontà di proseguire con un rialzo graduale dei tassi, in modo tale da tenere sotto controllo i target inflattivi (2%) e allo stesso tempo non creare turbolenze sui mercati finanziari. Un importante passaggio della conferenza stampa della governatrice, riporta come il positivo andamento di Wall Street abbia «agevolato» la scelta rialzista della Fed, tutto questo a comprovare ulteriormente il modus operandi adottato dalla Yellen. I “Dot Plot”, usciti dal Fomc del 15 marzo, consolidano le aspettative di due ulteriori rialzi di un quarto di punto previsti entro la fine 2017, che proietterebbero così i Federal Funds tra 1,25% e 1,50%.
In Europa si è assistito alle elezioni politiche nei Paesi Bassi e agli scampati timori relativi all’ascesa del partito antieuropeista e anti-islamico di Wilders. La vittoria è andata al partito liberal democratico del premier in carica, Rutte, che ha conquistato 31 seggi, mentre Wilders si è fermato a 19, in questa tornata si rileva l’ottimo risultato del partito dei verdi che conquista 14 seggi. Adesso partirà il giro delle consultazioni parlamentari necessarie per la creazione di una grande coalizione che possa garantire la governabilità del Paese. La mancata affermazione degli antieuropeisti ha spinto al rialzo le quotazioni dell’Euro nei confronti delle principali valute, mentre i bond governativi europei sono stati pressoché indifferenti ai risultati delle urne olandesi.
Ritorna la volatilità sul greggio, molteplici i fattori che ne hanno causato il calo delle quotazioni, il principale riguarda le complicazioni sorte nell’applicazione dell’accordo fra i principali Paesi produttori, siglato a fine 2016, dove veniva sancito e quantificato un sensibile taglio della produzione. Sembra che molti Paesi abbiano violato questa intesa, estraendo più barili di quelli concordati: la stessa Arabia Saudita, denunciando le inosservanze di alcuni partecipanti al cartello, ha confermato di aver aumentato la propria produzione, rimanendo pur sempre entro i limiti pattuiti. Questa incertezza, sommata all’incremento della produzione statunitense, dovuta alla crescente attività dei giacimenti di “shale oil”, ha determinato l’arretramento delle quotazioni del Wti fino a 47 dollari per barile.
Nella settimana in corso, saranno interessanti le reazioni dei mercati agli esiti del G20 tenutosi a Baden Baden nel corso del passato weekend. Il meeting, che riunisce i ministri delle finanze delle maggiori 20 economie mondiali, i governatori delle principali banche centrali e istituzioni come Fmi e Ocse, tratterà argomenti molto caldi, tra cui il protezionismo e il potenziale rischio di guerre valutarie.
Dal lato macroeconomico, negli Usa sono attese le risultanze del settore immobiliare del mese di febbraio e gli ordinativi di beni durevoli e di investimento all’industria.
In Eurolandia si aspetta il dato aggregato preliminare sul Pmi, previsto in linea con quello del mese precedente, insieme a questo verranno fornite anche le evidenze registrate in Francia e Germania.