Gli Erzelli sono ancora una collina. Non ancora quel Parco Tecnologico di cui si attende sempre la nascita, anche se – a volte – ci si chiede se il concepimento sia davvero mai avvenuto.
Sono passati decenni dall’idea di fare di Genova la capitale italiana della ricerca e dell’alta tecnologia. Erano ancora i tempi nei quali poco più a Ponente, a Sestri, ancora regnavano Finmeccanica, Marconi, Fincantieri, con relativo indotto ad alto potenziale ingegneristico.
Da allora si sono formate intere organizzazioni di start up tecnologiche nate e cresciute in attesa di potersi sviluppare su quella collina. Doveva essere il connubio perfetto tra impresa del cervello e l’Università. Tra Ingegneria e ricerca e sperimentazione a chilometri zero e metri pochissimi. Ma l’Università non arriva mai. Gli Erzelli sono diventati una sorta di Fortezza Bastiani nel Deserto dei Tartari. Quando nacque il progetto si guardò a Genova, da tutta Europa, con ammirazione. Poi, in Italia e sul Continente, si provò ad imitare l’idea. Poi ad applicarla.
In questi vent’anni, Berlino non solo ha imparato la lezione, ma insegna a tutti come si crea un parco tecnologico. Un luogo dove succede che l’Università sia alternativamente il faro della ricerca per l’impresa o il terminale di verifica della ricerca dell’impresa stessa. Leggere di queste sinergie sulle riviste specializzate tedesche lascia stupefatti. Dice il professor Günter Stock, presidente della “Berlin Brandenburgischen Akademie der Wissenschaften”: «Berlino è sempre stata una città della scienza nel cuore dell’Europa, il cui potenziale economico è caratterizzato da importanti istituti e da grandi innovazioni scientifiche. Lo stretto legame tra scienza ed economia è una caratteristica peculiare della nostra città. La grande moltitudine di giovani fa di Berlino una delle metropoli culturali più attive e vivaci. L’ampia offerta culturale aumenta in maniera ideale il fascino della città. Le università e gli istituti di ricerca di fama internazionale offrono alle aziende le condizioni ottimali per lo sviluppo di idee innovative e per la realizzazione di prodotti commerciabili. A Berlino lo scambio attivo tra le università e le aziende orientate alla tecnologia è all’ordine del giorno».
Esattamente ciò che ci aspettava dagli Erzelli. Poi su al Nord sanno far andare le cose “oltre”. Infatti oggi Berlino dispone di 22 parchi tecnologici e incubatori aziendali.
Questi, grazie alla loro infrastruttura scientifica, rappresentano luoghi interessanti per le nuove aziende orientate alla tecnologia. Il parco scientifico e tecnologico di Berlin-Adlershof è uno dei parchi tecnologici più moderni della Germania. Il BiotechPark Campus Berlin-Buch si è sviluppato in un’importante sede per le aziende dell’industria biotecnologica e dell’ingegneria biomedica. Al centro di tutto, come sempre avviene in Germania, c’è il bene comune. Tedesco, ovviamente. Il rapporto ricerca – impresa fa bene a tutti, anche alle Università. La Germania ha 20 Università tra le prime duecento al mondo. L’Italia tre (Genova non c’è), tutte in fondo alla graduatoria. Il rapporto tra Università ed impresa fa sì che la scelta tedesca di rendere gratuita la frequenza venga ripagata dalle possibilità di lavoro che l’impresa offre immediatamente a chi si laurea o a chi è prossimo al “pezzo di carta”. E in Italia? Qui i parchi scientifici e tecnologici, per fare un esempio di settore scientifico (fonte Federchimica Assobiotec) «stanno svolgendo un ruolo sempre più importante nel processo di sviluppo delle biotecnologie, soprattutto in una fase molto delicata come quella del technology transfer, quando cioè i risultati della ricerca scientifica prendono la strada di una qualche applicabilità industriale».
La localizzazione presso un incubatore di impresa o all’interno di un parco scientifico è spesso l’unica opportunità di nascita e crescita per un’attività imprenditoriale nel settore biotech per una serie di motivi fra cui spiccano sicuramente la disponibilità di strumenti finanziari e la necessità di confrontarsi con un mercato globale. La rete dei parchi italiani svolge, dunque, un ruolo fondamentale nella creazione di innovazione e rappresenta un punto di riferimento importante per lo sviluppo delle industrie del comparto delle biotecnologie.T ornando ai parchi scientifici e tecnologici in generale, vale la pena ricordare che il Piemonte ne conta già quattro. Il Veneto tre, tra i quali lo Star Parco Scientifico di Verona: pensato per favorire la diffusione dell’innovazione nel territorio, agendo come anello di congiunzione tra le imprese locali, il mondo della ricerca e le fonti di finanziamento e il Vegapark di Venezia: network tra l’Università, i Centri di ricerca e il settore produttivo volto alla promozione e allo sviluppo di iniziative di ricerca scientifica «per facilitare il trasferimento di conoscenze a favore della crescita tecnologica e della competitività delle imprese». Il sindaco di Venezia qualche giorno fa, a una domanda sul futuro della città lagunare, ha risposto: «il futuro di Venezia sarà quello di una città dove il turismo sarà la base, ma soprattutto stiamo facendo in modo che la città sia sempre più punto di arrivo per studenti e ricercatori, attratti dalla nostra Università e dalle opportunità che questa sta offrendo già oggi».
Come sarà Genova, come sarà la Liguria tra cinque anni? Su cosa e su chi potranno contare le persone che vivono, studiano, lavorano in Città e sul territorio regionale? Se ci si fossero poste queste domande cinque anni fa nessuno avrebbe risposto che Ansaldo Energia e Ansaldo Sts avrebbero cambiato proprietà, che poco o nulla sarebbe successo per cambiare i destini di Ilva, che Erg sarebbe diventata una società della green economy. O che la collina degli Erzelli sarebbe rimasta un sogno per il mondo della alta tecnologia non solo nazionale.