Chiedono “solo” la certezza di sapere se il Blueprint si farà e in che tempi. Altrimenti saranno costretti a prendere decisioni su cosa mantenere a Genova e cosa concentrare a Marsiglia e Piombino.
Ferdinando Garrè e Marco Bisagno, rispettivamente a.d. e presidente della holding Genova Industrie Navali, lanciano l’ultimatum alle autorità pubbliche genovesi, per capire come proseguire nel loro business.
«Qualunque cosa succeda, entro la fine dell’anno ci adatteremo, nel caso non ci sia un cronoprogramma chiaro e magari con delle penali – dice Garrè – su Genova resteranno le attività complementari, tipo la cantieristica per la nautica da diporto, su Marsiglia concentreremmo le riparazioni e le trasformazioni, mentre a Piombino sposteremmo le costruzioni e le demolizioni, che oggi sono viste più come decostruzione o ship recycling, sulla scia di quello che abbiamo fatto a Genova con la Concordia, di cui è stato riciclato l’85% del materiale».
La grande nautica oggi annovera yacht da 160-180-200 metri, il “piano B” potrebbe essere quello di creare altre sinergie in città per diventare un punto di riferimento internazionale di questo ambito.
Marsiglia, in cui Genova Industrie Navali è presente dal 2010, è stata letteralmente risollevata proprio grazie alle attività della holding genovese. A settembre verrà consegnato il bacino 10 da 485 metri, mentre a Piombino il progetto definitivo è già stato recepito dall’Autorità portuale
«Abbiamo sposato sia il Blueprint sia la privatizzazione dei bacini – aggiunge Bisagno – ma in città vediamo che non tutti sono d’accordo. Il problema è che io oggi presento gli spazi genovesi al cliente quasi con vergogna, qui abbiamo 53 mila metri quadrati, a Marsiglia 100 mila, a Piombino 120 mila. Siamo stufi di aspettare, occorrono precisi impegni da parte delle istituzioni, pur capendo che oggi è difficilissimo fare l’amministratore pubblico. Siamo l’unico cantiere privato che concorre liberamente sul mercato, il nostro messaggio è propositivo, che vogliamo dare è che ci interessa restare a Genova, ma facendo qualcosa che è possibile fare».
Sul fronte occupazionale i due imprenditori rassicurano: niente sviluppo, ma mantenimento dei livelli attuali, circa 400 persone, che però dovranno probabilmente cambiare azienda della holding o mutare le proprie competenze.
«Ci vogliono tre anni per costruire una nave – sottolinea Bisagno – siamo di fronte alla possibilità di avere altre commesse di livello elevato, ma dalle decisioni cittadine dipenderà l’orientamento dei nostri investimenti. Il tempo è scaduto. I bacini di carenaggio che abbiamo sono relativamente piccoli: il più grande di Genova è come il più piccolo di Marsiglia, non è un caso che questo sia il primo anno che nel porto di Genova non è entrata in bacino una nave da crociera di nuova generazione».
Non manca l’autocritica: «Abbiamo aspettato sin troppo, forse perché siamo innamorati di Genova», ammette Bisagno.
Un altro passaggio fondamentale per Genova Industrie Navali è la privatizzazione dei bacini, che Luigi Merlo aveva promesso di attuare prima di lasciare e invece sono ancora lettera morta: «Oggi i costi sono fuori dal mercato – evidenzia Garrè – aspettiamo questo bando di gara e vediamo i prezzi, sappiamo quanto ci sono costati a Marsiglia, mi aspetto un costo adeguato, altrimenti non parteciperemo».
Quello che emerge è che altrove gli interlocutori danno le risposte, anche negative, ma in tempi certi. È recentissima la scoperta che dei 300 milioni di fondi dal governo, l’Autorità portuale genovese è riuscita a spenderne solo una piccola parte, un sintomo dell’immobilismo cittadino a differenza della volontà di Piombino di andare incontro a chi investe. A Genova si sa solo che il Blueprint è stato approvato, ma i tempi di realizzazione sono ignoti: «Già da tempo ipotizzavamo come necessario l’ampliamento del nostro bacino 4 verso Levante tombando lo spazio dello Yacht club», dice Bisagno.
Proprio dallo Yacht club arriva una delle maggiori resistenze al progetto: già presentato il ricorso al Tar, una posizione francamente che mostra un rifiuto di un probabile cambiamento in meglio della location, che attualmente è chiusa sotto la sopraelevata e la cui posizione non rende facile l’uscita in mare.
Ora la palla passa ad Autorità portuale, Comune di Genova, Regione Liguria e ministero dello Sviluppo economico: dovranno dare una risposta, positiva o negativa non importa, perché l’incertezza è il peggior nemico.