Una filiera che in Liguria attiva complessivamente quasi 11 miliardi di euro di produzione, 4 miliardi e mezzo di valore aggiunto e 54 mila unità di lavoro. Stiamo parlando delle attività del Porto di Genova, oggetto dello studio condotto da Nomisma, Prometeia e Tema e presentato questa mattina a nell’affollata Sala delle Compere di Palazzo San Giorgio. Una ricerca che nasce per valutare l’impatto socio economico del porto non solo nell’area metropolitana (dove gli effetti complessivi raggiungono i 3,2 miliardi di valore aggiunto e 32 mila unità di lavoro) e in Liguria, ma anche sull’Italia, in particolare sulle regioni del Nord. Primo porto nazionale nel settore dei container con oltre 2 milioni di teu movimentati nel 2015, lo scalo genovese genera oltre 9 miliardi e mezzo di valore aggiunto in Italia e più di 122 mila unità di lavoro, quasi totalmente distribuite in Liguria (54 mila), Lombardia (22 mila), Piemonte (13 mila), Emilia Romagna (7.600), Toscana (5.600) e Veneto (5.100).
In termini relativi, la filiera portuale di Genova persa per il 10,8% del valore aggiunto della Liguria e per l’8,3% dell’occupazione. All’interno del Porto viene trattenuto il 60,9% dei suoi effetti complessivi, mentre il rimanente 39,1% è diffuso in altri settori: tra i principali, attività immobiliari, commercio all’ingrosso, alloggio e ristorazione, noleggio e leasing e servizi finanziari.
La ricerca ha calcolato anche una stima dell’impatto del programma di investimenti relativo al nuovo Piano regolatore portuale che, secondo le stime attuali, raggiunge i circa 2 miliardi di euro, così suddivisi: 1,7 miliardi di euro per le dighe, 220 milioni per i canali di Prà e le aree di Levante e 100 milioni per i maggioi riempimenti (Prà e aree a Levante). Parte degli effetti di questi investimenti vanno a influenzare positivamente anche altre regioni oltre la Liguria, dove gli effetti complessivi raggiungerebbero i 940 milioni di euro di valore aggiunto (2,2% del totale regionale) e le 18 mila unità di lavoro. Il 62% degli effetti complessivi rimarrebbe nel comparto edilizio. «Questo importante studio, che sarà parte integrante della Valutazione Ambientale del Piano regolatore − commenta il direttore Pianificazione e Sviluppo dell’Autorità Portuale Marco Sanguineri − dà la misura di un patrimonio costruito nel tempo che, per essere preservato e sviluppato, necessita di un impegno costante da parte di tutta la comunità. In questo senso è uno studio che richiama la responsabilità di tutti per lavorare per il futuro del porto».
Complessivamente, per l’Italia il programma di investimenti del nuovo Piano regolatore comporterebbe un aumento della produzione di 6,1 miliardi e dell’occupazione di 42 mila persone.