Secondo gli esperti, gli indicatori macroeconomici e finanziari pubblicati nelle ultime settimane suggeriscono che, prima di tutto, nel mese di marzo l’economia globale ha registrato un’accelerazione nel suo tasso di espansione e, in secondo luogo, il trend è stato guidato principalmente dalla crescita registrata, in media, dalle economie emergenti. Con la flessione del cambio dollaro-yuan e la stabilizzazione delle quotazioni del greggio (i due principali shock negativi alla base della correzione di mercato degli ultimi mesi), il Vix, metrica di avversione globale al rischio, ha continuato nelle ultime settimane a esibire una dinamica decrescente. Si continuano inoltre a osservare dei parallelismi tra la dinamica attuale delle principali variabili macroeconomiche e finanziarie Usa e quella registrata nel 2011, in occasione di un mero “rallentamento” all’interno di un ciclo macroeconomico di tipo espansivo, che non ha intaccato il sottostante bull market. In base a queste considerazioni, secondo gli esperti è opportuno mantenere un assetto di portafoglio complessivo impostato in modo costruttivo sulle classi di attivo di tipo rischioso.
Per gli Stati Uniti, le ultime indagini Ism hanno segnalato che il settore manifatturiero, coerentemente con le aspettative formulate le scorse settimane, è tornato in territorio espansivo. A questo si è aggiunta una “rinnovata” accelerazione dell’Ism composito non manifatturiero.
Per la Cina, l’ulteriore rimbalzo dell’Hang Seng, l’apprezzamento dello yuan nei confronti del dollaro, il rialzo al 2,3% del tasso di crescita annuo dei prezzi al consumo, la stabilizzazione dell’attività economica rilevata dalle ultime indagini Pmi, il supporto fornito dall’esecutivo alla attività economica di breve termine, e l’ulteriore allentamento nelle condizioni monetarie complessive (così come rilevato da diverse statistiche) hanno fornito, complessivamente, una ulteriore evidenza a favore di uno scenario di atterraggio morbido dell’attività economica, per il 2016.
I segnali di stabilizzazione osservati in Cina hanno contribuito a sostenere il trend di “recupero” degli attivi finanziari relativi alle economie emergenti iniziato circa il 20 gennaio. Da questa data si osserva una dinamica di apprezzamento, in media, delle valute emergenti, parallela a un indebolimento del dollaro sul mercato dei cambi, e anche una sovra-performance dell’azionario dei Paesi emergenti rispetto alle economia avanzate. Gli esperti ritengono che il trend appena richiamato abbia risentito in misura molto marcata delle recenti difficoltà congiunturali dell’area dell’euro (su cui continuano a pesare le difficoltà del settore bancario, nonché le pressioni deflattive “causate” dal rallentamento della domanda aggregata), e del Giappone (sui cui ha pesato negativamente la forza dello yen e i crescenti dubbi degli operatori sull’efficacia della cosiddetta “abenomics”).