In un quadro ancora piuttosto grigio in cui il commercio estero risulta limitato e sottodimensionato, e l’apertura internazionale è ancora appesantita dalla crisi economica, ci sono dei forti margini di sviluppo per la Liguria, dati soprattutto dalla decisa crescita degli investimenti esteri, da cui la nostra regione può partire per guardare all’internazionalizzazione con positività.
È la fotografia, in sintesi, dei rapporti della nostra regione con i Paesi esteri, presentata nel corso del convegno organizzato da Alce, Associazione ligure commercio estero, e dipartimento di Economia dell’Università di Genova, che hanno siglato un accordo per condividere esperienze e conoscenze tra mondo universitario e quello imprenditoriale. «Un accordo – commenta Riccardo Braggio, presidente di Alce – che non vuole essere una banale convenzione infruttuosa, ma un modo per mettere insieme le nostre potenzialità: se l’impresa è il motore dello sviluppo, l’università ne è il carburante. Confrontarsi con i mercati esteri preclude un consistente bagaglio culturale, che solo adeguate basi di formazione e conoscenza, supportate dall’esperienza, possono garantire».
Secondo i dati presentati dal dipartimento, esistono tre indicatori in grado di identificare la reale apertura di un territorio al mercato estero. Se per la Liguria il grado di penetrazione dell’importazione (cioè la capacità di soddisfare il fabbisogno interno), pari al 22,3%, e la propensione all’export, 17,6%, risultano in calo, è in forte crescita invece l’indicatore principale: il grado di apertura al commercio estero del tessuto manifatturiero, pari al 19,1%. Al 2010 il valore era fermo al 16%. «Si tratta dell’indicatore più importante, non solo perché indica l’apertura del manifatturiero ligure all’estero e quindi la minore dipendenza di questo settore dal mercato interno – spiega Clara Benevolo del dipartimento di Economia – ma soprattutto perché proprio in base a questo dato verranno definiti in Europa i prossimi Programmi operativi regionali». Se il dato regionale è in crescita, deve ancora raggiungere il valore medio nazionale, pari al 21,1%.
La dinamica degli investimenti esteri diretti è particolarmente vivace in Liguria. Con una crescita del 19,5% tra 2011 e 2013 sono 261 le imprese liguri che investono all’estero (11.342 quelle italiane). 631 le imprese straniere partecipate da realtà imprenditoriali liguri, con 14 mila addetti all’estero: il 40% hanno sede in Europa, il 20% in America, segno che gli investitori liguri preferiscono i Paesi più vicini a casa. Guardando nell’altra direzione, la Liguria risulta piuttosto attrattiva per gli investitori esteri: si contano 226 imprese liguri partecipate da realtà straniere, valore in crescita del 6%. È però significativo il forte calo (-17%) degli addetti impiegati in queste realtà: sono 10.400. Si tratta per la maggior parte di imprese attive nel commercio, manifatturiero, logistica e trasporti, nell’89% dei casi controllate da un socio estero con sede soprattutto in Europa o nel Nord America.
Ben il 21% delle imprese liguri ha come riferimento il mercato estero. Ma quanti sono gli esportatori liguri? «5.554, il 2,6% del totale in Italia, in crescita dell’1,4%», precisa Benevolo. Risulta in crescita anche il valore in euro delle esportazioni di ciascun operatore ligure (+16%), pari a 1 milione e 188 mila euro.
Nonostante il trend positivo delle esportazioni, l’import ligure, in termini di euro, registra valori maggiori di quelli dell’export: secondo i dati presentati dallo studio di Alce, nel 2014 la Liguria ha esportato per 7,076 miliardi di euro (l’1,8% del totale nazionale) e ha importato merci per 8,349 miliardi (il 2,5% del totale in Italia). L’andamento del 2014 sul 2013 evidenzia però una forte crescita dell’export (+10,2%) e una contrazione dell’import (-13,2%).
Minerali, in particolare petrolio (41%), ma anche metalli, coke e alimentari: queste le principali merci che entrano in Liguria dall’Europa (39%), Asia (24%), Africa (20%) e America (17%). Scendendo ancor di più nello specifico, sono la Spagna e l’Azerbaijan i primi Paesi da cui importiamo (per l’8% ciascuno): alimentari dal primo, petrolio dal secondo. Seguono Nigeria, Canada e Germania (tutte al 7%) e in sesta posizione gli Usa (6%).
Negli anni è mutata significativamente la geografia dei Paesi verso i quali la Liguria esporta, prevalentemente, macchinari e apparecchi, prodotti chimici, trasporti (soprattutto in ambito navale), e alimentari. In particolare, l’Europa si è ridotta fortemente negli ultimi 5 anni, mentre a crescere è l’Africa: se nel 2012 il vecchio continente rappresentava il 62% della quota delle esportazioni liguri, oggi è sceso al 43%. L’Africa pesa oggi per il 24%, mentre cinque anni fa contava solo per il 5%. Chiudono la cornice Asia e America, verso le quali le merci liguri viaggiano rispettivamente, per il 19% e il 10%. Non è un caso che proprio tre Paesi africani siano tra i primi cinque partner principali della Liguria: Algeria (9%), Tunisia ed Egitto (entrambi al 4%), insieme a Francia (10%) e Germania (8%).