I lavoratori edili di Coopsette al centro della seduta del consiglio regionale della Liguria di oggi. Dopo l’incontro tra Fillea Cgil e rappresentanti dell’azienda con i capigruppo e la giunta regionale, il consiglio ha approvato all’unanimità un odg che impegna la Regione Liguria a coordinarsi con Regione Emilia Romagna per “verificare la possibilità di costruire percorsi virtuali per attenuare l’impatto occupazionale e sociale non escludendo la possibilità di individuare eventuali potenziali acquirenti con il mero interesse di evitare la cessazione ancorché parziale di Coopsette”. Il presidente Giovanni Toti dovrebbe incontrare la controparte emiliana Stefano Bonaccini la prossima settimana.
Oltre a un tentativo di mantenere i livelli occupazionali di Coopsette e di evitarne la chiusura, l’odg impegna anche la Regione a costituire un tavolo insieme alle organizzazioni sindacali di categoria sulla crisi del settore e a prevedere la possibilità di un fondo ad hoc per la copertura dei risparmi sociali dei soci lavoratori. Chiesta anche la convocazione del tavolo congiunto tra Regione , aziende e organizzazioni sindacali di categoria, già istituito, per affrontare la necessità di occupare le quote di maestranze liguri nelle commesse pubbliche, in corso e future, sul nostro territorio, con particolare attenzione ai lavoratori delle aziende in crisi.
Nel corso dell’incontro i rappresentanti sindacali hanno spiegato che dei 500 addetti della Coopsette 55 sono genovesi. Fra questi 45 sono soci-lavoratori che, analogamente a quanto fatto da altri già in pensione , hanno investito buona parte dei loro risparmi accantonati in una vita di lavoro (mediamente dai 30 ai 60 mila euro) nel capitale sociale dell’azienda, che oggi è in liquidazione coatta amministrativa. Per tutti, pensionati e soci-lavoratori, la prospettiva è quella di perdere i risparmi e di non trovare alcun ammortizzatore sociale. «Siamo disperati» hanno ribadito più volte nel corso dell’incontro. La richiesta dei sindacati, accolta da Toti e inserita nell’odg, è proprio quella di creare un fondo ad hoc per tutelare questi risparmi e che si imponga alle aziende che operano in Liguria di far lavorare manodopera locale, soprattutto quella altamente qualificata.
In particolare, i sindacalisti hanno ribadito che occorre tutelare la manodopera locale, anche nei grandi cantieri aperti a Genova (copertura del Bisagno e scolmatore del Fereggiano) che finora non hanno provocato alcuna assunzione. La denuncia dei sindacati è che, in qualche caso, gli addetti non residenti vengono sostituiti con altri che vivono in Liguria e operano già in altri cantieri, per rispettare l’accordo con le istituzioni in una rotazione a somma zero dal punto di vista occupazionale. Da quando è stato varato il tavolo di concertazione, secondo quanto hanno spiegato, sono state assunte solo 5 persone per il nodo ferroviario e 50 per il Terzo valico. Toti e Giovanni Battista Pastorino (consigliere di Rete a sinistra) hanno spiegato però che l’assunzione di maestranze locali può essere frutto di una moral suasion, di una pressione politica, non di un obbligo di legge perché le aziende sono privati che hanno vinto legittimamente delle gare di valenza europea e, vigenti le attuali norme, possono assumere chi vogliono.
Infine, la vicepresidente Sonia Viale ha affrontato la questione anche sul piano ideologico, spiegando che «il sistema delle cooperative, nato con le migliori intenzioni, successivamente si è snaturato e i lavoratori oggi stanno scontando errori di gestione del passato». E, sul rilancio dell’edilizia in Liguria, Viale aggiunge che «la risposta della giunta è il piano casa»