Il periodo d’oro è stato tra il 2000 e il 2006 quando, grazie a 25 milioni provenienti da fondi europei, la Liguria ha potuto finanziare ricerche e interventi strutturali che hanno avuto effetti molto positivi sull’economia balneare di alcune cittadine turistiche.
Da Ponente a Levante hanno beneficiato dei ripascimenti “sostanziosi” e delle opere di tutela della costa le spiagge di Ponente di Bordighera, Ospedaletti centro (a Levante del nuovo porto), le spiagge di Ponente di Borghetto Santo Spirito, la spiaggia centrale di Loano, la spiaggia dei Piani di Celle Ligure (a Levante), la spiaggia di Varazze a Levante del torrente Teiro, la spiaggia di Scoglio Nave a Genova Vesima, la spiaggia centrale di Recco, quella di Ghiaia a Santa Margherita Ligure, quella di Sant’Anna a Sestri Levante e la spiaggia di Fegina a Monterosso, come rivela Carlo Cavallo, geologo della Regione Liguria.
Ma se soprattutto a Ponente la causa della mancata presenza delle spiagge è dovuta a una conformazione particolare del fondale marino, con canyon molto profondi che impediscono ai detriti portati dai torrenti di essere “lavorati” dalle correnti marine (inoltre le dighe sul Roya hanno contribuito a ridurre il sedimento), spesso sono le opere “umane” ad aver alterato l’equilibrio naturale provocando forti erosioni.
Il caso più eclatante fu nel Tigullio: «Nel 1977 – racconta Nicola Corradi, docente di Scienze geologiche all’Università di Genova e specializzato in geologia marina – si dovette intervenire per una ricostruzione urgente perché il mare era arrivato sino alla ferrovia. L’erosione della spiaggia causata da opere dell’uomo ha in Liguria un esempio “da manuale” per gli studenti di geologia, grazie alla costruzione dei porticcioli di Lavagna e Chiavari, che impedirono alle correnti di fare il lavoro che avevano sempre fatto: portare i sedimenti del torrente Entella sulla costa».
Le criticità, dopo tanti anni, sono rimaste a Chiavari nella spiaggia di Ponente e sono in buona compagnia, spiega Cavallo: «L’erosione è presente a Sanremo, nella spiaggia davanti alla vecchia stazione, nel centro di Santo Stefano al Mare centro, a Levante del porto turistico di Diano Marina, ad Alassio, ad Albenga lungo la scogliera verso Ceriale, nella spiaggia delle Fornaci di Savona (per approfondimenti vedere articolo correlato a fondo pagina, ndr) e nella spiaggia di Ameglia-Sarzana».
Oltre il 42% di spiagge italiane minacciate da opere a mare inutili e sbagliate, urbanizzazione dei litorali e prelievo d’inerti nei fiumi, queste le cause dell’erosione elencate dal rapporto “Lo Stato di salute dei litorali italiani” nel 2006. Nonostante siano passati quasi 10 anni, ancora oggi rappresenta l’ultimo e più esaustivo quadro nazionale sul tema.
È invece di quest’anno il rapporto di Legambiente “Spiagge indifese”, in cui viene evidenziato di come il 55% delle aree costiere italiane è stato trasformato dal cemento.
In ogni caso per Carlo Cavallo il calcolo dell’erosione dipende molto dal metodo e dagli anni presi in considerazione, perché quando prevalgono le mareggiate sulle alluvioni la spiaggia risulta “mangiata”. «Per esempio – racconta – gli ultimi 2-3 anni non abbiamo avuto grandi mareggiate. Se confrontiamo le spiagge di oggi con quelle di 50 anni fa , escludendo le criticità che ho citato, il problema erosione non sembrerebbe così attuale, solo le spiagge isolate che non ricevono alimentazione diretta dai torrenti sono regredite o non avanzate».
Per fare un ripascimento che renda in Liguria ci vogliono più o meno 100 metri cubi di materiale per metro di spiaggia, per far avanzare una spiaggia di 100 metri ne occorrono 10 mila, considerando un costo medio di 20 euro a metro cubo la cifra da spendere si aggira intorno ai 200 mila euro.
I ripascimenti stagionali sono approvati dal Comune di competenza, previo parere di compatibilità ambientale da parte di Arpal. I ripascimenti strutturali sono approvati dalla Regione.
L’ente di De Ferrari però non ha più fondi a disposizione, uno stabilimento balneare o un Comune che hanno necessità di contrastare l’erosione, devono “aprire la borsa”, ma spesso un intervento ridotto non è risolutivo, in tanti poi non osano investire sui ripascimenti per timore di veder vanificato il lavoro alla prima mareggiata: «C’è un mito da sfatare – aggiunge Cavallo – sicuramente il mare ridistribuisce il materiale, è chiaro che se la spiaggia è lunga 1 km e il ripascimento copre solo 200 metri, la resa sarà scarsa, impossibile fare interventi puntuali sperando che la sabbia rimanga lì. Il materiale magari viene portato sulla spiaggia sommersa a tre metri di profondità, che è comunque importante perché stabilizza il profilo di spiaggia e serve come lotta contro l’erosione, ma il gestore dello stabilimento balneare non ha benefici evidenti.
Le fonti di ripascimento sono due: la sabbia dall’alveo dei fiumi e quellla dalle cave: «Ora prevalgono le pulizie degli alvei – dice Cavallo – il materiale da cava oltre a costare di più, non rappresenta un processo naturale». Il periodo ideale per i ripascimenti sarebbe l’autunno-inverno in modo che il mare abbia modo di ridistribuire e pulire la sabbia.
Anche la tecnologia viene in aiuto di chi vuole contrastare l’erosione, ma è ancora troppo costosa per le spiagge ligure, che sono di piccole dimensioni: sui fondali marini ci sono cave che potrebbero essere utili in caso di ripascimenti nell’ambito dei milioni di metri cubi, una di queste è davanti ad Albenga, ma contiene circa 300 mila metri cubi di sabbia: «In Toscana, per esempio, per sistemare un intero comprensorio, i Comuni hanno deciso di prendere una draga in comunità che arriva dall’Olanda, abbattendo i costi – spiega Corradi – se consideriamo che l’intervento a Ventimiglia ha coinvolto 300 mila metri cubi di materiale, siamo lontani da queste cifre, un censimento delle cave sottomarine poi costerebbe un paio di milioni».
In ogni caso, grazie alle ultime normative, è vietato costruire opere parallele alla spiaggia attiva per contrastare l’erosione, niente più brutture che rovinano il panorama. Meglio i cosiddetti “pennelli”, visto che anche le scogliere sottomarine si sono mostrate inefficaci.