Una nave in tempesta, che non può contare sulla vicinanza di porti sicuri ma conosce la rotta della salvezza. Così Emanuele Ferraloro, 46 anni, imprenditore edile savonese, amministratore delegato della Ferraloro spa, eletto nei giorni scorsi presidente di Ance Liguria dall’assemblea degli associati, vede il comparto dell’edilizia.
Ferraloro parte dai dati dell‘Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni pubblicati a febbraio. “Per il settore delle costruzioni – si legge nel rapporto – già gravemente colpito da una crisi che dal 2008 non è mai pienamente finita (rispetto a 12 anni fa rimane ampio il gap da colmare: -35% i livelli produttivi dal 2008 al 2019), la pandemia ha bloccato i timidi segnali di ripresa”.
La stima formulata dall’Ance per il 2020 è di una significativa flessione degli investimenti in costruzioni del 10,1% in termini reali rispetto all’anno precedente, in linea con la previsione tendenziale formulata già ad aprile 2020. “L’indice Istat della produzione nelle costruzioni, corretto per gli effetti di calendario, evidenzia nei primi undici mesi dello scorso anno una diminuzione dell’8,9%. Tale andamento risente dei forti cali registrati nei mesi del lockdown (-35,5% di marzo e -68,9% di aprile), recuperati gradualmente con l’allentamento delle misure adottate per contenere la pandemia che ha indotto un rimbalzo della produzione a partire dai mesi estivi, non ancora sufficiente, tuttavia, a riportare in campo positivo i livelli settoriali. Parallelamente anche i conti economici trimestrali elaborati dall’Istat indicano, per gli investimenti in costruzioni (al lordo dei costi per il trasferimento della proprietà), nel terzo trimestre del 2020, un aumento del +4,8% nel confronto con il terzo trimestre del 2019. La forte crescita registrata nei mesi estivi non ha comunque compensato le perdite subite nei due trimestri precedenti: -27,1% nel secondo trimestre e -7,3% nel primo trimestre. Gli investimenti in costruzioni nei primi nove mesi del 2020 registrano una decisa contrazione del 9,8%. Anche i dati Istat relativi ai permessi di costruire riferiti all’edilizia residenziale e non, che possono considerarsi un indicatore della produzione futura, manifestano nel primo semestre 2020 una significativa flessione del 13,6% relativamente al numero di nuove abitazioni concesse e del 39,3% per i permessi riferiti all’edilizia non residenziale, interrompendo una dinamica positiva in atto dal 2015″.
«Dal 2008 al 2018 – aggiunge Ferraloro – il comparto ha perso 600 mila dipendenti su un 1,5 milioni, nel silenzio assoluto, quattro imprese su dieci hanno chiuso, e sono rimaste colpite proprio quelle di medie dimensioni, tra i 10 e i 49 dipendenti, che sono state il nerbo dell’edilizia italiana».
- Gli operatori fanno conto sugli effetti del superbonus, un’agevolazione prevista dal decreto Rilancio che eleva al 110% l’aliquota di detrazione delle spese sostenute dall’1 luglio 2020 al 31 dicembre 2021, per specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di interventi antisismici, di installazione di impianti fotovoltaici o delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici. Non hanno ragione quelli che considerano il provvedimento un toccasana?
«È uno strumento importantissimo, fantastico, ma di difficile applicazione e previsto per un periodo di tempo troppo breve, perché la domanda è così alta che, se non cambieranno le date dovremo dire dei no. Occorre una strategia temporale più ampia, che sia coerente con la tempistica reale degli interventi edilizi. Inoltre il cittadino paga i lavori attraverso il credito d’imposta che matura a proprio favore, cedendo quel benefit alla ditta che esegue i lavori o a un terzo. Ma molte imprese non hanno una struttura finanziaria tale da permettere queste operazioni. Il superbonus va snellito e migliorato, altrimenti rischia di apportare più danni che benefici. Consideriamo questo dato, che è nel rapporto dell’Osservatorio: gli investimenti in riqualificazione del patrimonio abitativo, giunti a rappresentare circa il 37% del valore degli investimenti in costruzioni, che in questi anni di crisi avevano sostenuto il mercato, registrano un primo segno negativo (-9,8%). Sul risultato incide – nota l’Osservatorio – oltre l’emergenza sanitaria, anche lo stato di attesa da parte di tutti gli operatori per l’effettivo decollo degli interventi legati al superbonus 110%».
- Però i risultati di un’indagine condotta dall’Ance nel mese di novembre 2020 tra le imprese associate, confermano che il tessuto imprenditoriale operante nel settore ha delle aspettative molto elevate circa le potenzialità della misura. Ben il 40% delle imprese dichiara di avere già nel proprio portafoglio ordini interventi legati al superbonus, grazie ai quali si prevede, per il prossimo anno, un incremento di fatturato di circa il 10%».
«Sì, ma perché il superbonus sia un volano e decolli effettivamente bisogna semplificare la normativa e spostare le date».
- Un’altra importante opportunità per il futuro del settore delle costruzioni è legata alle ingenti risorse europee di Next Generation Ue. Tutto considerato l’Ance prevede, per l’anno in corso, un rimbalzo dell’8,6% degli investimenti in costruzioni, trainato principalmente dal comparto del recupero abitativo e da una graduale ripresa dell’attività sia nel comparto non residenziale privato sia in quello pubblico.
«Sarebbe importante, non solo per l’edilizia ma per l’economia del Paese in generale, perché un euro speso nel nostro comparto genera investimenti per quasi tre euro. Però l’impatto effettivo del programma dipenderà dalla capacità del governo di mettere in atto misure realmente in grado di accelerare la spesa delle risorse disponibili. E bisogna risolvere alcuni problemi. Intanto la scadenza della moratoria è vicina: dal 30 giugno 2021 le imprese dovranno ricominciare a restituire le rate dei finanziamenti sospesi e, a breve, anche i finanziamenti ricevuti a valere sul Fondo di garanzia pmi. Senza una ripresa reale delle attività produttive e una seria ricapitalizzazione le imprese rischiano di sovraindebitarsi. E c’è l’entrata in vigore della nuova definizione di default, operativa dall’1 gennaio 2021, che impone criteri più rigidi per le banche per il calcolo dei giorni di scaduto. Bisogna vedere come saranno queste norme».
- La pandemia, con l’estensione dello smart working e le restrizioni alla circolazione ha fatto riscoprire l’importanza della casa e delle politiche abitative. Del resto, molti progetti finanziati con le risorse europee riguarderanno le città. Tutto questo potrebbe costituire la base per un nuovo sviluppo dell’edilizia?
«Sì. È il mio sogno, la rigenerazione delle nostre città. Nel dopoguerra l’edilizia, insieme all’acciaio e alla chimica è stata alla base dello sviluppo industriale e del decollo economico del Paese. Ora un’edilizia adatta ai nostri tempi, con gli strumenti offerti dalla digitalizzazione e dagli altri strumenti oggi disponibili, un’edilizia che potremmo chiamare 4.0, potrebbe contribuire a una nuova ripartenza, economica e sociale».
- Pensa alla transizione ecologica?
«Sì, ma non solo. Costruendo sul già costruito, senza ulteriore occupazione di spazi, potremmo realizzare edifici che consumano meno energia e riducono l’inquinamento, più funzionali. Ma anche più belli. E questo non è secondario. Noi italiani abbiamo ricevuto dalla natura ed ereditato dal lavoro e dall’ingegno dei nostri antenati un Paese che nel mondo costituisce la rappresentazione concreta della bellezza. Parte del nostro patrimonio edilizio costruito nei primi trent’anni dopo la guerra è oggettivamente brutto. Si possono abbattere edifici e sul posto ricostruirne di nuovi, più funzionali e più belli. E con gli stessi criteri ripensare le periferie. Però, per avviare questo processo, occorrono norme e incentivi. E questo presuppone una politica all’altezza, pragmatica ma in un certo senso visionaria, con una visione ampia e di lungo periodo».