Gran parte del futuro dell’Africa dipende dall’economia blu. L’Unione africana ha in questi giorni definito l’economia connessa con il mare come “la nuova frontiera del rinascimento africano”, l’unica potenzialmente in grado di trasformare risorse praticamente inutilizzate e ignorate nel vero driver di produzione di ricchezza, occupazione e di netto miglioramento della qualità della vita. Risorse che non sono ancora oggetto di sfruttamento, come accade nella maggioranza dei paesi africani, da parte di grandi multinazionali e di potenze colonialiste e che sono in gran parte ignorate. È quanto afferma una nota del Centro Giusppe Bono.
Il Centro Giuseppe Bono, anche sullo stimolo derivante dalla imminente presentazione del Piano del Mare da parte dell’Italia e dall’avvio da parte del governo italiano di una politica pan-africana, ha raccolto in questi mesi dati provenienti da diverse fonti, ponendo le basi per un’analisi complessiva dell’Africa Blu; analisi che potrebbe anche trasformarsi in una piattaforma di collaborazione dell’Italia (antesignana in settori come la desalinizzazione, i traffici su navi ferries, il risanamento ambientale delle coste) con i principali paesi del continente africano. Blu Economy significa trasporti via mare, logistica, ma anche sfruttamento di risorse energetiche, turismo, pesca, risanamento ambientale. E al contrario di quanto accaduto nelle attività terrestri di un numero crescente di paesi africani, il mare e le sue attività, non sono ancora stati oggetto di quella che ormai viene considerata una “occupazione” globale da parte della Cina.
La nota riporta i dati recenti rapporti dell’Onu, della Banca Mondiale e dell’Agenzia Internazionale dell’Energia.
Secondo il rapporto dellOnu l’economia blu in Africa significa:
38 – numero di Stati costieri
90% – volume di importazioni ed esportazioni effettuate via mare
100 miliardi di dollari – valore aggiunto stimato generato dal turismo costiero entro il 2030
49 milioni – numero di posti di lavoro attualmente generati nei settori dell’economia blu
405 miliardi di dollari – valore previsto dell’economia blu africana entro il 2030
Ma come sempre accade quando si parla della Blu Economy, i dati sono sottostimati come lo sono a livello globale.
Secondo il rapporto pubblicato nel maggio scorso dalla Banca Mondiale, l’economia blu a livello planetario avrebbe un valore di oltre 1.500 miliardi di dollari all’anno a livello globale. Garantisce oltre 30 milioni di posti di lavoro, dato palesemente sottostimato visto che i soli lavoratori marittimi senza includere quelli “alberghieri” a bordo delle navi da crociera superano abbondantemente i 2,5 milioni nel mondo e che alcuni settori direttamente o indirettamente legati al mare non sono compresi nelle stime (il turismo costiero, l’indotto logistico, le attività delle marine militari e della Difesa in generale, le prospezioni industriali sui fondali marini) o, banalmente le attività di risanamento ambientale e quindi di abbattimento delle soglie di inquinamento in aree (il caso del West Africa) per decenni utilizzate come una vera e propria pattumiera industriale.
E nonostante queste dimenticanze – secondo le più recenti previsioni dell’Ocse – l’economia blu che spesso viene confinata in modo ideologico nel “recinto” della sostenibilità potrebbe raggiungere e superare i 3.000 miliardi di dollari entro il 2030.
Tornando all’Africa, oltre il 90% delle importazioni e delle esportazioni africane avviene via mare e alcune delle porte più strategiche per il commercio internazionale si trovano in Africa. Le zone marittime sotto la giurisdizione dell’Africa ammontano a circa 13 milioni di chilometri quadrati, compresi i mari territoriali e circa 6,5 milioni di chilometri quadrati di piattaforma continentale. Mauritius, con i suoi 1850 chilometri quadrati, è uno dei paesi più piccoli dell’Africa e del mondo. Tuttavia, con le sue acque territoriali, diventa un paese di 1,9 milioni di chilometri quadrati, grande quanto il Sudafrica.
Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, l’energia rinnovabile degli oceani ha, nell’ipotesi di uno sfruttamento intensivo, potenza sufficiente a fornire fino al 400% dell’attuale domanda energetica globale. Anche in quest’ottica l’economia blu può quindi svolgere un ruolo importante nella trasformazione strutturale dell’Africa ma – come sottolineava già dieci anni addietro un handbook sulla Blue economy africana a cura della London School of Economics e del Grantham Research Institute – è indispensabile “una migliore comprensione delle enormi opportunità che emergono investendo e reinvestendo negli spazi acquatici e marini dell’Africa per spostare l’ago della bilancia dalla raccolta illegale, dal degrado e dall’esaurimento a un paradigma di sviluppo blu sostenibile, al servizio dell’Africa di oggi e di domani. Se sfruttata appieno e ben gestita, l’economia blu africana può costituire la più importante fonte di ricchezza e catapultare le fortune del continente”.