La superpotenza del pianeta, gli Usa, non è in balìa di un irrimediabile declino e non sarà sorpassata, in un futuro prevedibile, dalla Cina. A rovesciare una prospettiva che da anni ci viene data per certa è il libro di Francesco Costa “Frontiera” (Mondadori).
“La crescita economica statunitense – si legge a pag. 41 – non ha perso lo slancio del rimbalzo successivo alla pandemia, com’è accaduto invece in Europa, e gli analisti di Bloomberg che da anni studiano dati su dati nel tentativo di prevedere il momento in cui il pil della Cina supererà quello degli Stati Uniti, a lungo una questione di quando e non di se, alla fine hanno annunciato … che il sorpasso non ci sarà. Nel frattempo, infatti, l’economia cinese si è ingolfata: la crescita del pil manca puntualmente le attese degli analisti, la gestione della pandemia è stata fallimentare, il mercato immobiliare si è rivelato una bolla, gli investimenti pubblici si sono fermati e la disoccupazione giovanile è cresciuta al punto che il governo ha smesso di diffonderne i dati mese per mese”.
(Per l’articolo di Bloomberg vedi qui)
Oggi negli Usa la forza lavoro si è ampliata come non era mai accaduto prima, la disoccupazione è al minimo fisiologico, si stanno riducendo le diseguaglianze, non ci sono mai state così tante donne con un lavoro, così tante persone con disabilità con un lavoro; il reddito mediano non è mai stato così alto, le persone afroamericane sotto la soglia di povertà mai così poche. Non sembra una congiuntura passeggera, perché, spiega Costa “è il risultato di un riorientamento della economia americana in questi ultimi anni. Tra il 2021 e il 2022 il governo di Washington ha immesso nell’economia statunitense oltre 400 miliardi di dollari. Per avere un termine di paragone, basti pensare che il fondo europeo per la ripresa – il Next Generation Eu da cui discende il nostro Pnrr pesa in tutto 750 miliardi di euro, cioè poco meno di 800 miliardi di dollari, e si rivolge a un territorio ben più popoloso di quello statunitense”.
Un riorientamento mirato a rendere il Paese non solo più prospero ma più indipendente dalla Cina. Centinaia di miliardi di dollari in sgravi fiscali hanno fatto raddoppiare in meno di due anni gli investimenti nelle costruzioni di nuovi stabilimenti manifatturieri, soprattutto nei settori dell’elettronica e dell’informatica. “Sta nascendo praticamente da zero un’industria statunitense delle batterie per auto, stimolata da incentivi senza precedenti (…) l’azienda Intel intende costruire dieci stabilimenti soltanto in Ohio, un posto più piccolo della Grecia, che promette così di diventare il maggior sito produttivo di chip del pianeta, mentre il colosso taiwanese Tsmc sta investendo miliardi di dollari (…) in un vasto e avanzatissimo stabilimento di microchip a Phoenix, in Arizona” (pag 39-40)”. Gli investimenti privati statunitensi nel settori cinesi più avanzati, come l’intelligenza artificiale e i microchip, vengono bloccati.
La leadership planetaria degli Usa sembra quindi destinata a durare. Una bella notizia, se si pensa che la leadership americana non verrebbe sostituita da una democrazia globale ma dalla leadership cinese. Ma il libro di Costa non contiene solo belle notizie. I cinque capitoli del libro non per nulla si intitolano “Abbondanza”, “Ingenuità”, “Identità”, “Violenza”, Frontiera”. Gli Stati Uniti d’America, spiega l’autore, stanno attraversando un momento affascinante e contraddittorio, poco compreso e per certi versi unico nella loro vicenda nazionale. C’è la ripresa economica e strategica e ci sono problemi che conosciamo, c’è un certo grado di violenza di diffusa, di scontento nonostante il benessere crescente, il prezzo delle case è altissimo, le imprese hanno bisogno di manodopera, che scarseggia, ed è difficile farla venire da fuori perché una parte dell’elettorato e quindi dei decisori politici è contraria all’immigrazione. E c’è la possibilità che Donald Trump riesca a farsi rieleggere. “Com’è possibile – si chiede l’autore – che queste cose accadano contemporaneamente, nello stesso posto? Cos’hanno in testa gli americani, al di là delle caricature che vanno forte sui media?”
Il racconto di Costa è un racconto frastagliato e mai lineare, come la realtà che descrive. L’autore è un giornalista: vicedirettore del giornale online “il Post”, esperto di politica statunitense e più volte inviato sul campo, dal 2015 cura il progetto “Da Costa a Costa”, composto da una newsletter e da un canale su YouTube. E in “Frontiera” adotta una tecnica giornalistica, procede per reportage su singoli fenomeni, isolandoli e allineandoli. Frammento dopo frammento, alla fine del libro ci accorgiamo di avere costruito con lui un caleidoscopio, fatto di tante figure che possono mutare in modo imprevedibile e variabile e di cui sta a noi cogliere il senso.