Nuova architettura del lavoro e riconquista del nostro tempo: sono i temi centrali del percorso associativo della Compagnia delle Opere Liguria per il 2024, intitolato “Una umana e quotidiana rivoluzione. La loro centralità emerge dalle testimonianze degli associati (CdO è anche una “learning community” dove gli imprenditori si scambiano le loro esperienze) e dai dati statistici. Il programma è stato illustrato ieri sera nella sede genovese di via Nino Ronco dal presidente nazionale della CdO Andrea Dellabianca, da Benedetto Lonato, presidente della CdO Liguria, da Marco Carosio, Alessio Abrami e Franco Guariniello del direttivo ligure, con un saluto dell’assessore allo Sviluppo economico del Comune di Genova Mario Mascia.
Secondo un’indagine Ril (Rilevazione Imprese Lavoro) svolta dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp) in Italia dal 2018 al 2022 la percentuale di imprese che domanda nuovo personale è raddoppiata, passando del 9,3% al 18,9%. Ma è difficile trovare il personale adatto. “Nel 2022 – si legge nella Treccani – i posti di lavoro programmati non sono stati coperti nella loro interezza. Addirittura, vi sono state più assunzioni del previsto di individui senza alcun titolo di studio, a fronte di molti reclutamenti in meno del personale con una formazione professionale o un titolo universitario. Il problema sembra dunque originare sia in una insufficiente qualifica dei candidati, sia, nel caso dei laureati, in una divergenza tra la scelta formativa di chi ha un livello di istruzione elevato e la richiesta delle imprese”.
E poi chi entra in azienda deve essere coinvolto in una alleanza per costruire insieme un nuovo modo di lavorare. Lonato ha ricordato che questa oggi è una della aree comprese nei rating ESG ma su cui la CdO è impegnata da sempre. Nel manifesto del percorso associativo 2024 viene riportata una riflessione di Marco Bentivogli (cfr. Bentivogli, “Licenziate i padroni”, Bur) che esprime l’orientamento dell’associazione: Bentivogli propone “Una grande alleanza con i nostri collaboratori per costruire “lavoro” intelligente, sostenibile, naturale e artificiale”. E spiega: “Oggi il (mondo) del lavoro affronta tre rivoluzioni in contemporanea: digitale, ambientale e demografica. Abbondano i profeti di sventura che vedono la partita già persa. In realtà è una sfida aperta e, se i fattori di innovazione sono ben giocati, si potrà dare più centralità alla persona. Ci sono due elementi decisivi su cui agire. Il primo è la formazione. Viviamo un’epoca di profondi e rapidi cambiamenti. Perciò istruzione di qualità e formazione continua devono diventare un diritto di ognuno. Finora ci siamo adattati a metodi di apprendimento uguali per tutti, invece vanno offerti percorsi formativi che si adattino a caratteristiche ed esigenze della persona. Il secondo è la relazione. Bisogna invece accompagnare le persone verso il cambiamento. Per riuscirci il lavoro deve diventare generatore di relazioni. Gli spazi aziendali, poi, vanno ripensati: non devono chiudere le persone in una scatola, ma spingerle alla condivisione perché oggi bisogna saper risolvere i problemi insieme. In un’azienda che si fa comunità entra la dimensione della cura: le persone sono accolte in tutte le declinazioni della loro vita, non solo come portatrici di competenze tecniche”.
Sulla nuova architettura del lavoro sono previsti due eventi, il 23 aprile e il 30 ottobre, oltre a un servizio di assessment, percorsi formativi a catalogo o personalizzati, e altre iniziative.
La riconquista del tempo (eventi il 5 marzo e il 26 settembre) è una necessità che, in sostanza, avvertiamo tutti. L’utilizzo dei mezzi elettronici, degli smartphone in particolare, ha esteso e frammentato il nostro tempo. Si lavora sempre più e sempre più in fretta. Con quali conseguenze? “Secondo la CdO “Dover sempre vivere in rincorsa fa decadere la qualità di ciò che facciamo. Siamo interessati tutti dalla ‘sindrome del giocoliere’, e cominciamo ad accorgerci che le conseguenze di questo interessano il significato e la consistenza ultima di ciò che facciamo e del valore che rappresenta il nostro lavoro e quello dei collaboratori. Occorre crescere, e cambiare, affinando il modo con cui interpretiamo e portiamo avanti le nostre responsabilità. Desideriamo provare a ‘strutturare’ l’intuizione che ‘fare bene in un tempo adeguato’ richiede competenze, metodo organizzativo, visione sostenibile. Si può riacquistare gusto per il ‘fare bene’, imparando una concezione e una gestione del tempo adeguata ai tempi e alle sfide attuali?”
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